Attualità

Lo shopping dopo la crisi

Come facciamo la spesa oggi, dopo aver (quasi) metabolizzato gli effetti dei contraccolpi finanziari: molte cose sono cambiate e alcune sono rimaste uguali, vediamo quali.

di Michele Boroni

Chissà in questi anni quante volte abbiamo ascoltato o letto teorie, opinioni e interpretazioni su quello che genericamente chiamiamo crisi economica.

Gli ottimisti hanno riesumato la storia dell’ideogramma cinese che contiene le parole problema e opportunità (anche se non è proprio così). Quelli più incarogniti hanno invece inquadrato il periodo confrontandolo con la grande depressione del 1929, iconograficamente ben rappresentato da persone in doppio petto che si buttavano dalla finestra. I sociologi bravi hanno parlato invece di cambiamento paradigmatico, e tutti noi ad annuire compiaciuti, anche se non avevamo ben capito cosa questo significasse e comportasse.

A chiarirci un po’ più le idee, in particolare sugli effetti sui consumi, dopo cinque anni ci vengono in aiuto i dati dell’Osservatorio Indicod-Ecr sul comportamento d’acquisto degli italiani del settore Non Food e, di conseguenza, sulle possibili prospettive per il settore del retail. E’ infatti emerso che la cxxxi è stata completamente metabolizzata dalle persone, al punto che possiamo tranquillamente chiamarla “nuova normalità”: di conseguenza oggi le persone ridisegnano le proprie aspirazioni in termini di livelli di spesa, di strumenti per cercare, raccogliere e confrontare le informazione, nonché di nuovi luoghi dove vivere esperienze d’acquisto soddisfacenti.

Detto in altri termini: tutti noi abbiamo interiorizzato la cxxxi, in pratica, ci siamo abituati alla situazione e abbiamo rivisto i nostri riferimenti di spesa. Lo scenario fotografato dall’Osservatorio si sta così radicando al punto che gli studiosi della Gfk prevedono che, dopo tre anni dall’eventuale ripresa, solo un 19% di consumatori riprenderà ad effettuare acquisti come prima della crisi, mentre ben l’81% limiterà ancora i propri acquisti e consumi. Quindi le esperienze degli ultimi cinque o sei anni di incertezze e rinunce hanno lasciato un segno così profondo che abbiamo imparato a conviverci, disegnando, appunto, una “nuova normalità”.

Negli ultimi anni i volumi di spesa hanno subito una contrazione del 1,2% a valori correnti, mentre in termini reali – cioè senza considerare la variazione dei prezzi – il calo raggiunge il 2,5% (sempre meno accentuato del 2011 dove si superavano i 4 punti percentuali). Confrontando i dati tra spesa passata estratti dalla stessa ricerca realizzata nel 2011 (stessa domanda, stesso universo statistico e stessa tecnica di intervista) e la spesa futura (quella del 2014) si evidenzia come la percezione soggettiva dei livelli di spesa familiari sia meno dolorosa di quella emersa nel 2011. Perciò pare che la cxxxi sia stata metabolizzata, tuttavia il futuro meno fosco non va di certo verso una ripresa espansiva dei consumi.

La cosa interessante è che in questi anni, oltre alla contrazione, si sta verificando una metamorfosi nei comportamenti d’acquisto, dovuto sicuramente ai cambiamenti sociali ed economici (per il 54% degli intervistati) ma anche per la mutazione e sviluppo della tecnologia e degli strumenti digitali (per il 29,4%). Oggi le persone (come avevamo già evidenziato) cercano online le informazioni sui prodotti servizi prima dell’acquisto, attraverso il web e il canonico passaparola; confrontano i prezzi e le offerte tra varie fonti e si fanno consigliare da  altri consumatori. Tale comportamento rende meno efficace la promozione tradizionale (come brochure, spot Tv o info generiche); infine le persone condividono le proprie esperienze sui social network e sul web in tempo reale, sono più attenti, informati e mettono al centro interessi e valori.

Di fronte all’annosa questione che tutti i brand e le catene di retail si pongono quotidianamente, ovvero su chi vincerà nello shopping, se il negozio fisico o quello digitale, la ricerca risponde che è la domanda stessa ad essere sbagliata. Ragionare infatti in termini di “canali” è un puro tecnicismo per addetti ai lavori: oggi le persone quando vogliono comprare non fanno troppe distinzioni tra offline e online, ma scelgono la modalità più conveniente e soddisfacente da vari punti di vista. Non ha nemmeno più tanto senso parlare di multicanalità, perché ormai è tutto è sovrapposto tra ricerca idee, info e fase d’acquisto. Se è vero che per l’acquisto finale viene ancora privilegiato il punto vendita fisico, per il futuro saranno preferiti solo quelli in grado di migliorare la shopping experience in-store . Le soluzioni prospettate sono molte, dall’implementazione di nuovi servizi (click & collect, cioè acquisto online e ritiro in negozio), wi-fi gratuito nel negozio, oppure sfruttare lo smartphone con pubblicità, attività di couponing oppure sfruttando la nuova tecnologia dei pagamenti via mobile.

Perché nella nuova normalità, nonostante tutto, il piacere dello shopping continua a resistere.
 

Immagine: shopping selvaggio a Manhattan, novembre 2010 (Chris Hondros / Getty Images)