Attualità

Lo Sciacallo: bello ma vecchio

C'è un grandissimo Jake Gyllenhall a salvare in qualche modo Nightcrawler ma per il resto la storia non riesce a decollare e finisce per essere troppo vecchio stile – e non volontariamente.

di Federico Bernocchi

Per cominciare a parlare de Lo Sciacallo, dobbiamo fare un viaggio indietro nel tempo e sforzarci di ricordare, non senza una fitta di dolore, uno dei film forse più sbagliati che ci sia mai capitato di vedere. Ok, forse sono un po’ esagerato, ma se vi dico Freejack – In Fuga nel Futuro, a voi cosa viene in mente? Se la risposta è: “meno di zero!”, eccovi un riassunto. Si tratta di un film di fantascienza del 1992 che non è definitivamente caduto nell’oblio solo grazie alla partecipazione in veste di attore di Mick Jagger. Al suo fianco, oltre a Anthony Hopkins e al caratterista Jonathan Banks (Mike di Breaking Bad), una serie di nomi della Hollywood di quel periodo come Emilio Estevez e Rene Russo. Questa la storia: siamo nel 1991. Estevez è un pilota scavezzacollo. Durante una gara, sotto gli occhi della sua fidanzata, si schianta male contro un muro. Ma, sorpresa!, non è morto. È stato “rapito” da una squadra di cacciatori di taglie del futuro capitanati proprio da Jagger. Lo trasportano nella New York del 2009, un posto orribile e grigissimo, dove tutti indossano degli impermeabili di pelle orrendi. Ma il problema della New York del futuro non è solo la moda: il mondo è andato a rotoli e l’inquinamento ha definitivamente corrotto l’uomo. Il risultato è che non esiste più nessuno di sano. Ed è per questo motivo che esistono i cacciatori di taglie del futuro. Tornano indietro nel tempo, rapiscono qualcuno in salute, lo lobotomizzano e lo utilizzano come involucro per la mente di qualcuno di molto ricco, vecchio e, ça va sans dire, cattivo come Anthony Hopkins.

Il film è tratto dal romanzo Anomalia Aldilà di Robert Sheckley, nome noto per un tipo di fantascienza piuttosto surreale e satirica. Per dire: è proprio in questo romanzo che comprare la Suicide Booth, la cabina del telefono per chi si vuole suicidare, ripresa poi nel primo episodio di Futurama. Freejack – In Fuga nel Futuro ignorava l’aspetto paradossale del testo di partenza e spingeva in direzione di una fantascienza cyberpunk seria e avventurosa, mancando proprio per questo il bersaglio. Difficile capire di chi sia la colpa, ma sicuramente parte della responsabilità è da attribuire agli sceneggiatori: la coppia Steven Pressfield e Ronald Shusett. Chi sono? Quelli chiamati a fare il famoso “salto di qualità” dopo due lavori del calibro di King Kong 2 e Nico, esordio al cinema di Steven Seagal. A un certo punto qualcuno della produzione deve essersi reso contro dell’errore che si stava facendo e ha chiamato un giovane e promettente sceneggiatore a limitare i danni: Dan Gilroy.

Il cameraman arriva, riprende tutto quello che può e se ne va, come se nulla fosse. Louis intuisce che quello è un lavoro che può fare. Riesce a trovare una camera, un socio e si butta sul mercato.

Ma chi è Dan Gilroy? Parliamo del figlio della scrittrice e artista Ruth Dorothy Gaydo. Suo padre è invece il vincitore del Premio Pulitzer e del Tony Award per The Subject Was Roses del 1965, opera teatrale diventata poi un film intitolato La Signora Amava le Rose tra anni dopo, con Patricia Neal e Martin Sheen (vale la pena di ricordare, padre di Emilio Estevez). Suo fratello è Tony Gilroy, sceneggiatore e regista del film premio Oscar Michael Clayton. Non solo: la sua penna ha firmato film come Armageddon, L’Ultima Eclissi, L’Avvocato del Diavolo, tutta la saga di Jason Bourne, di cui ha anche diretto l’ultimo episodio, The Bourne Legacy, quello con Jeremy Renner al posto di Matt Damon. Suo fratello è John Gilroy. Montatiore di titoli come Narc, Warrior, Pacific Rim e molti altri ancora. Non è ancora finita con il campionato mondiale di name dropping. La protagonista di Freejack – In Fuga nel Futuro doveva inizialmente essere la allora lanciatissima Linda Fiorentino che però perse il posto a causa di “scheduling conflicts”. Venne dunque chiamata Rene Russo, moglie di indovinate chi? Sì, di Dan Gilroy. Ma è inutile fare i santarellini: la storia del cinema è piena di intricati alberi famigliari rintracciabili nei cast & credits dei film. Quello che stupisce forse maggiormente della carriera di Dan Gilroy è il fatto che abbia deciso di esordire dietro la macchina da presa dopo più di venti anni nell’ambiente.

Il suo primo film da regista si intitola Lo Sciacallo – Nightcrawler. Dopo essere stato presentato in anteprima a Toronto, ha girato in lungo in largo tutti i festival degli Stati Uniti, ha toccato il Festival Internazionale del Film di Roma ed infine è uscito in sala il 13 ottobre. La storia del film è questa: siamo a Los Angeles ai giorni nostri. Facciamo la conoscenza di Louis Bloom, interpretato magnificamente da Jake Gyllenhall, un ragazzo con qualche evidente problema comportamentale. Louis è un ladro, un piccolo furfante che fatica ad arrivare a fine mese: vive in una piccola casa vicino a Venice Beach e passa le sue giornate in macchina, in cerca di un’occasione. Una sera assiste ad un incidente stradale; qualche istante dopo giunge sul posto una troupe televisiva, capeggiata da Bill Paxton. Il cameraman arriva, riprende tutto quello che può e se ne va, come se nulla fosse. Louis intuisce che quello è un lavoro che può fare. Riesce a trovare una camera, un socio e si butta sul mercato. Dopo qualche tentativo andato a vuoto, riesce a riprendere qualcosa secondo lui di molto interessante e lo porta a una giornalista di una piccola emittente televisiva, interpretata da Rene Russo. I due instaureranno un felice rapporto di lavoro: Louis porta alla donna immagini sempre più cruente, facendo in questo modo salire gli ascolti. Ma fino a dove ci si può spingere? C’è un limite?

Rimane una grandissima prova attoriale di Jake Gyllenhall. Non solo ha ancora una volta messo a prova il suo fisico, dimagrendo in modo più che evidente, ma è stato in grado di creare un personaggio al tempo stesso repellente e affascinante.

Lo Sciacallo è un film vecchio. Mi sarebbe piaciuto scrivere “è un film volutamente vecchio stile”, ma in realtà ho paura che sia solo un film vecchio. Si parla, nel 2014 – quando ormai anche l’ultimo degli spettatori televisivi o cinematografici ha visto più cose orribili che i primi due anni di esistenza di rotten.com – di «moralità dell’immagine». Le domande che il film gira allo spettatore sono quesiti datati 1994, anno di uscita di Natural Born Killers. Fino a dove è giusto spingersi nella continua ricerca di un’immagine che riesca a sconvolgere lo spettatore. L’uomo dietro alla macchina da presa è meglio di quello dietro la pistola? Qual è la sua responsabilità? E chi manda in onda queste immagini dorme bene la notte? Ve l’ho detto: Lo Sciacallo è un film vecchio. Non un brutto film – è girato bene ma un prodotto che sembra arrivare da un’altra epoca o che pare realizzato da persone che negli ultimi dieci anni non hanno partecipato alla discussione. Quale discussione? A nessuna discussione, ve lo posso assicurare. Perché mentre scrivo queste righe sul sito del quotidiano più venduto del Paese potete trovare le foto di alcune ragazze seminude che si strofinano un crocefisso tra le gambe, un jet che si schianta per strada, il video di una decapitazione, l’abnorme sedere di una ragazza che vuole spaccare l’internet. Veramente vogliamo parlare due per ore se sia giusto o meno far vedere un incidente stradale in televisione?

Rimane una grandissima prova attoriale di Jake Gyllenhall. L’attore dopo la doppia parte di Enemy, di cui vi abbiamo parlato tempo addietro proprio qui, s’è buttato a capofitto in questa nuova avventura. Non solo ha ancora una volta messo a prova il suo fisico, dimagrendo in modo più che evidente, ma è stato in grado di portare sullo schermo un personaggio al tempo stesso repellente e affascinante. Bello come pochi, anche se imbruttito per motivi di sceneggiatura da pesanti occhiaie, vestiti splendidamente fuori moda e un capello leggermente unto, riesce a risultare per tutta la durata del film ambiguo e difficilmente inquadrabile. Certo, è sicuramente un personaggio negativo, visto che Gilroy non ha grossa confidenza con le sfumature, ma proprio grazie alla sua interpretazione ai limiti dell’autismo riesce ad essere l’unica incognita e variabile in un film altrimenti fin troppo piatto e prevedibile.

 

 

Immagine: Jake Gyllenhall, protagonista de Lo Sciacallo