Hype ↓
12:05 domenica 28 dicembre 2025
Migliaia di spie nordcoreane hanno tentato di farsi assumere da Amazon usando falsi profili LinkedIn 1800 candidature molto sospette che Amazon ha respinto. L'obiettivo era farsi pagare da un'azienda americana per finanziare il regime nordcoreano.
È morto Vince Zampella, l’uomo che con Call of Duty ha contribuito a fare dei videogiochi un’industria multimiliardaria Figura chiave del videogioco moderno, ha reso gli sparatutto mainstream, fondando un franchise da 400 milioni di copie vendute e 15 miliardi di incassi.
A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Si intitola A Chair in the Air e racconta episodi di violenza realmente accaduti nella casa dei Reiner quando Nick era un bambino.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.

Quello che piace al popolo

Le reazioni all'evento musicale più rilevante della nazione hanno rimarcato una spaccatura che sembra ormai irreversibile.

11 Febbraio 2019

Quest’anno agli Oscar ci sarebbe dovuta essere la nuova categoria “Miglior film popolare”, poi bloccata (tra gli altri pure da Spielberg, non esattamente un regista di nicchia) per il solito motivo: come si fa a stabilire cosa è popolare e cosa no? E poi come facciamo: saranno le solite poche migliaia di giurati a decretare il best movie “del pubblico”? Non dovrebbe deciderlo il pubblico stesso? Insomma, un bordello. In estrema sintesi: in cambio della mancata statuetta pop, l’Academy ha assegnato centordici candidature (tra cui quella per il miglior film) a Black Panther, che un tempo agli Oscar non ci sarebbe arrivato mai. Ed è, per mille motivi, giustissimo che ci arrivi oggi, anche se la ragione principale è appunto un’altra: nel neopopulismo pure dei media, se non l’avessero nominato qualcuno avrebbe fatto saltare in aria il Dolby Theatre.

Tutto questo non c’entra ma c’entra con il Sanremo appena concluso, anzi c’entra moltissimo, considerato che “televoto vs élite” è la notizia del giorno (su Repubblica alle pagine 2 e 3, prima della recessione), e considerato che i vicepremier del governo Conte ne stanno facendo accesissima materia di dibattito politico (anche per distrarre dalla recessione). Altra sintesi estrema. Da un lato c’è il secondo classificato Ultimo, sostenuto dal governo in carica in quanto più televotato: con grande sprezzo della mitomania, s’è persino rifiutato di posare per la tradizionale copertina di Tv Sorrisi e Canzoni dedicata al podio del Festival. Dall’altro Mahmood, il preferito di noi fighetti lobbyghèi serenedandini, autore di un gran pezzo (Soldi) che però non conta come argomento di discussione. Anche chi lo endorsa ne fa materia ugualmente politica, in direzione contraria: il ragazzo italo-egiziano di Gratosoglio è il simbolo dell’Italia meticcia e anti-salviniana, l’icona inattesa della rinnovata speranza Dem, il testimone di un Paese che non abbiamo più vergogna di esportare. Ci andrà lui all’Eurovision, e tutti tiriamo un sospiro di sollievo anche estetico: potevano finirci le scarpe scamosciate grigie del Volo.

Poi c’è la terza via, la più scivolosa, la più pelosa. A sostenere il poco televotato Mahmood fate un favore a quegli altri, scrivono oggi alcuni, gli servite l’indignazione sul piatto. È un triplo salto mortale che porta, forse involontariamente, a un unico scenario possibile: noi della bolla che ascoltiamo la nostra buona musica con un calice di vino biodinamico in mano, e la maggioranza che continuerà a sentire le sue canzoni di merda mangiando pasta scotta. Tanto non cambia nulla in ogni caso. È la tentazione che prende molti, in questo preciso momento storico in Italia: ognuno per la propria strada, non potremo incontrarci mai.

La spaccatura è irreversibile, e non poteva che essere l’evento più rilevante della nazione a rimarcarla. Naturalmente via social: gli annunci di Stato ormai si fanno altrove? Salvini si schiera con Ultimo su Twitter, Di Maio lo raggiunge qualche ora dopo, e poi Elisa Isoardi in cerca di riposizionamento forse più sentimentale che intellettuale (Mahmood è «la dimostrazione che l’incontro di culture differenti genera bellezza», hashtag: #top #culture), e Laura Boldrini che condivide il tweet di Isoardi, e Ultimo medesimo che sbrocca nelle storie di Instagram gridando al popolo (a chi se no) ci prenderemo gli stadi, alla faccia dei poteri forti che ci hanno ostacolato. Altro che gilet gialli.

Nel mezzo ci finiscono parole a caso in cui tutti cascano, sovranisti ed élite, governativi e non: «va ascoltata la volontà popolare», «il vincitore è un ragazzo italiano al cento per cento», «il pubblico pagante è stato tradito», «ha trionfato la musica di oggi». Nessuno riporta un dato: alle spalle di questa vittoria c’è un regolamento (complicatissimo, ma tant’è) che hanno sottoscritto tutti i cantanti in gara, dal primo all’Ultimo (scusate). Regolamento in cui il televoto pesava per più del cinquanta per cento, ma chi se ne importa: sarà sempre più facile e utile urlare che deve essere il popolo a decidere. Tutto. Sempre. Il popolo che, in questo caso, ha addirittura speso i suoi soldi per veder poi trionfare il preferito di Beppe Sala: scandalo! (L’altro dettaglio di cui non si tiene conto è che, se ci fosse solo il televoto, si tornerebbe al vecchio problema: le case discografiche si potrebbero direttamente comprare la vittoria. Ma chiudo subito la parentesi, il discorso è troppo lungo.) È finito il Festival di Sanremo e ci siamo ritrovati nella vera trasmissione che è il Paese: un’infinita puntata delle Iene. Il cast è il solito: il popolo e la kasta, i tanti e i pochi, le masse e i radical chic (sic). Da questo storytelling, si dice così, probabilmente non usciremo mai. E non abbiamo neanche uno Spielberg qualsiasi a salvarci.

Articoli Suggeriti
Social Media Manager

Leggi anche ↓
Social Media Manager

Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

La Nasa è riuscita a registrare il rumore emesso da un buco nero

Un algoritmo per salvare il mondo

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.