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La vicenda dietro il “Salvator Mundi” riguarderebbe anche Trump

Il Times di Londra riprende una notizia diffusa dal blog Narativ secondo cui la cifra di 450 milioni di dollari pagata in un’asta del 2017 per l’acquisto del dipinto “Salvator Mundi”, attribuito a Leonardo da Vinci, sarebbe stata gonfiata per includere sottotraccia il compenso a una società israeliana attiva nel settore dei social media, che avrebbe preso parte alla campagna di disinformazione online volta a influenzare le elezioni presidenziali Usa di due anni fa. Com’è noto, il quadro era stato comprato a un’asta di Christie’s da un intermediatore per conto di un acquirente che, mesi dopo, si è scoperto essere lo sceicco degli Emirati Arabi Uniti Mohammed Bin Zayed. Il blog, guidato dal produttore e giornalista Zev Shalev, svela altri dettagli della vicenda: il pagamento al precedente proprietario del “Salvator Mundi”, il tycoon russo Dmitry Rybolovlev, sarebbe avvenuto attraverso una banca di Cipro di cui lo stesso Rybolovlev detiene quote azionarie, nella sostanza un’operazione di riciclaggio di denaro.

L’articolo traccia una rete di collegamenti che, dal miliardario proprietario del colosso energetico Uralkali, arriva al Russiagate: pur senza fornire prove in merito, sostiene infatti che «il procuratore speciale Robert Mueller sta indagando sia l’acquirente sia il venditore del capolavoro nell’ambito della sua indagine sui legami tra il presidente Trump e la Russia». Rybolovlev era già finito sotto la lente dei media l’anno scorso, quando Der Spiegel rivelò come Mueller stesse effettuando verifiche sulla villa del magnate in Florida, che nel 2008 l’aveva acquistata per circa 41 milioni di dollari proprio da Donald Trump. Durante il rush finale della corsa alle presidenziali nel 2016, il jet privato del tycoon russo atterrò due volte negli aeroporti delle città dove l’attuale inquilino della Casa Bianca teneva i suoi comizi. Forse però, suggerisce il giornale inglese, Rybolovlev voleva semplicemente «parlare di un quadro».