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Hbo ha svelato le prime immagini di Euphoria 3 ma della trama di questa nuova stagione non si capisce ancora niente Ben 13 secondi di video che anticipano la terza stagione, in arrivo nel mese di aprile, in cui si vedono tutti i protagonisti e le protagoniste.
Nel 2026 OpenAI lancerà una modalità di ChatGPT per fare sexting Sarà una funzione opzionale e disattivata di default, che rimuoverà i limiti attualmente imposti al chatbot sui prompt con contenuti sessuali.
Una ricerca ha dimostrato che la crescita economica non è più legata all’aumento delle emissioni di CO₂ E, di conseguenza, che la transizione energetica non è un freno all'aumento del Pil, neanche nei Paesi più industrializzati.
Reddit ha fatto causa al governo australiano per aver vietato i social ai minori di 16 anni La piattaforma è convinta che la legge anti soci isoli i minorenni e limiti la loro voce politica nella società, fornendo benefici minimi.
La casa di Babbo Natale in Finlandia quest’anno è piena di turisti ma anche di soldati Nato L’escalation al confine russo ha trasformato la meta turistica natalizia della Lapponia in un sito sensibile per l’Alleanza Atlantica.
Il governo americano vuole che i turisti rivelino i loro ultimi 5 anni di attività sui social per ottenere il visto Vale anche per i turisti europei che dovranno consegnare la cronologia dei loro account su tutte le piattaforme social utilizzate.
Ora su Letterboxd i film si possono anche noleggiare e sono già disponibili molte chicche introvabili altrove I titoli disponibili saranno divisi in due categorie: classici del passato ormai introvabili e film recenti presentati ai festival ma non ancora distribuiti su altre piattaforme.
Da quando è stata introdotta la verifica dell’età, nel Regno Unito il traffico dei siti porno è calato ma è anche raddoppiato l’utilizzo di VPN Forse è una coincidenza, ma il boom nell'utilizzo di VPN è iniziato subito dopo l'entrata in vigore della verifica dell'età per accedere ai siti porno.

Risate apocalittiche

Edgar Wright, l'autore de La fine del mondo, da domani al cinema, specializzato nell'intreccio fantascientifico inserito in trame quotidiane.

25 Settembre 2013

Nel Regno Unito, il senso dell’umorismo è una faccenda pericolosissima.

Edgar Wright di questa realtà è piuttosto consapevole. Avendo esordito in tv come regista per due esperti della comicità “Non Esattamente Sottile” (Matt Lucas e David Williams, quelli di Little Britain), fa parte di quel 90 percento di registi britannici esorditi in tv e germogliati al cinema, ed è stato in grado di non compromettere la propria credibilità e il proprio gusto grazie ad alcune collaborazioni durature come quella appena citata.

Edgar Wright non si sforza di essere uno che piace e diverte: ci è nato, così, e la sua fortuna è che il suo pubblico di riferimento stava giusto aspettando un Messia che si manifestasse a forza di vinili dei Dire Straits lanciati agli zombi (succede davvero, in Shaun of the Dead).

Dal suo debutto nel mainstream, il regista ha realizzato quattro lungometraggi, tre dei quali sono stati rinominati “la Trilogia dei Tre Gusti del Cornetto”, per dare delle gomitatine alla salma di Kieślowski, ed è proprio questa la formula che ha sempre impiegato con successo: prendere generi già fin troppo esplorati e rielaborarli in chiave innanzitutto comica (il Cornetto, insomma) e, molto più fondamentalmente, personale.

Shaun of the Dead (o L’alba dei morti dementi che dir si voglia) era una dedica d’amore ai film zombie anni ’70, Hot Fuzz faceva il verso a The Wicker Man e, già dal titolo, a una specifica branca di film d’azione (ben svegliato, Arma letale), La fine del mondo è un omaggio plateale a L’invasione degli ultracorpi, e di questo parliamo più tardi.

In pratica, i film di Edgar Wright sarebbero delle parodie poco più che buffe, non fosse per il fatto che sono resi inconfondibili da due fattori: lo stile narrativo e la Storia di Grande Amicizia Sottesa.

La fine del mondo non è un’eccezione nella filmografia di Wright, anzi: più il suo stile si affina e si incunicola nella maniera, più rischia di soffocare i film.

La storia è semplice: Gary King (Simon Pegg) è un antisociale alcolizzato che un tempo, al liceo, aveva degli amici. A vent’anni di distanza, insiste per portare a termine un progetto che aveva lasciato inconcluso: il giro dei pub – di dodici pub nel suo paese di nascita – nello spazio di una notte. Gli amici, pur riluttanti e ormai cresciuti, accettano. Uno di loro (Nick Frost) con più esitazione degli altri. Peccato che gli abitanti della cittadina siano tutti stati sostituiti da robot alieni.

Eccolo, il distillato Wright: l’intreccio fantascientifico inserito nelle trame quotidiane, i pub in franchising che sono l’uno la copia dell’altro – così a naso, Wright sembrerebbe avercela con Wetherspoon’s, la più facoltosa catena di pub in Gran Bretagna, nonché un generatore automatico di locali identici, che ti accoglie con un sorriso cordiale e un menù fisso privo sorprese. (Non l’aveste capito da voi, sono i robot).
Eppure, se il punto di forza degli altri film (Scott Pilgrim compreso) era lo sviluppo dei rapporti tra i personaggi in un contesto surreale, qui le relazioni sono affrettate e un po’ troppo comode. Sono le sequenze d’azione centrali a funzionare, quanto a ritmo e comicità – il resto del film rispecchia molto fedelmente un crescendo alcolico da manuale, ma non rende giustizia a personaggi che, di per sé, avrebbero ottime storie.

Pochi mesi fa è uscito nei cinema Facciamola finita, un film di Evan Goldberg e Seth Rogen. Le premesse di base sono molto simili: alcuni comici della cerchia di Judd Apatow si trovano a casa di James Franco (tutti gli attori interpretano sé stessi) per una festa, e fuori c’è il Giudizio Universale. Nel senso letterale del termine. Solo dopo sette ottavi di film i protagonisti capiranno che una buona azione potrebbe farli ascendere al Paradiso.
Ecco, Facciamola finita lavora in senso diametralmente opposto rispetto a La fine del mondo. Le sequenze d’azione sono ridicole in senso negativo, e il film è – purtroppo – abbastanza dimenticabile, ma le performance degli attori sono inattaccabili e la comicità, anche quando è violentemente autoreferenziale ne è preservata.

Wright, in un certo senso, ha difeso il suo stile e non i suoi attori, montando tutto in frazioncine maniacali: negli scambi tra personaggi non è la conversazione a farci ridere, ma il montaggio, e anche quest’ultimo funziona solo in parte. Resta poco spazio per la buddy comedy o per l’ottima intuizione centrale del film, quella di un uomo che nella vita ha commesso un po’ troppi errori.

Immagine:  Edgar Wright, Simon Pegg, e actor Nick Frost alla premiere de La fine del mondo a Los Angeles (Kevin Winter / Getty Images)

Dal numero 16 di Studio

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