Hype ↓
04:51 sabato 8 novembre 2025
Un imprenditore ha speso un milione di dollari per promuovere una collana AI a New York e tutte le sue pubblicità sono state vandalizzate Avi Schiffman voleva far conoscere il suo prodotto ai newyorchesi. Che gli hanno fatto sapere di non essere interessati all'amicizia con l'AI.
Stranger Things sta per finire ma ricomincerà subito, visto che Netflix ha già pronto lo spin-off animato S’intitola Tales From ’85 ed espande la storia ufficiale tra la seconda e la terza stagione, riprendendone i personaggi in versione animata.
Gli azionisti di Tesla hanno entusiasticamente approvato un pagamento da un bilione di dollari a Elon Musk  Se Musk raggiungerà gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, diventerà il primo trillionaire della storia incassando questo compenso da mille miliardi.
Nel primo trailer de La Grazia di Paolo Sorrentino si capisce perché Toni Servillo con questa interpretazione ha vinto la Coppa Volpi a Venezia Arriverà nella sale cinematografiche italiane il 15 gennaio 2026, dopo aver raccolto il plauso della critica alla Mostra del cinema di Venezia.
Nel nuovo album di Rosalia c’è una canzone in italiano dedicata a San Francesco e Santa Chiara Si intitola "Mio Cristo Piange Diamanti", che lei definisce «la sua versione di un'aria», cantata in un perfetto italiano.
Si è scoperto che uno degli arrestati per il furto al Louvre è un microinfluencer specializzato in acrobazie sulla moto e consigli per mettere su muscoli Abdoulaye N, nome d'arte Doudou Cross Bitume, aveva un bel po' di follower, diversi precedenti penali e in curriculum anche un lavoro nella sicurezza del Centre Pompidou.
La Presidente del Messico Claudia Sheinbaum è stata molestata da un uomo in piazza, in pieno giorno e durante un evento pubblico Mentre parlava con delle cittadine a Città del Messico, Sheinbaum è stata aggredita da un uomo che ha provato a baciarla e le ha palpato il seno.
Una foto di Hideo Kojima e Zerocalcare al Lucca Comics ha scatenato una polemica internazionale tra Italia, Turchia e Giappone L'immagine, pubblicata e poi cancellata dai social di Kojima, ha fatto arrabbiare prima gli utenti turchi, poi quelli italiani, per motivi abbastanza assurdi.

Quel che ci resta di Peter Kaplan

È morto il leggendario ex direttore del New York Observer. Alcune cose che sono state scritte su di lui e perché il suo modo di fare i giornali resta una lezione senza tempo

03 Dicembre 2013

“Credeva che anche le pubblicazioni più piccole potessero essere grandi se in grado di coltivarsi una voce e una comunità”. È solo una delle frasi che sono state attribuite negli ultimi giorni a Peter Kaplan, morto sabato all’età di 59 anni. E probabilmente non la più importante o la più toccante; sicuramente, dato un occhio veloce alla sua carriera, una di quelle cui teneva professionalmente di più.

Kaplan, molti di voi lo sanno e altri l’avranno facilmente intuito, faceva il giornalista e incarnava meglio di chiunque altro – o perlomeno lo incarnava in modo unico, peculiare e particolarmente elegante – un modo di fare e concepire i giornali che piace molto a certi tipi di giornalisti e a un numero ristretto di lettori, quelli cosiddetti forti; quel modo di fare e concepire i giornali definito, probabilmente a ragione, eccessivamente autoreferenziale (ma non noioso né bacchettone, anzi: Kaplan ideò la rubrica Sex and the City, per dire). Innamorato dei punti di vista, refrattario all’applicazione forzata di strategie per arrivare a “tutti”, preferiva concentrarsi su quel che sapeva fare: commissionare storie originali e ben titolate, scovare nuovi talenti, crescerli, trovar loro un posto all’interno di quel coro difficilissimo da intonare che spesso sono i giornali; e poi trovarsi un pubblico con l’orecchio fino che sapesse apprezzare. Altre cose scritte molto su Kaplan in questi giorni: gli piacevano i giornali di carta, adorava i cliché estetici del cronista vecchio stampo, piaceva alla New York che piace (e come pochi altri ha saputo interpretarla), non ha mai guidato una delle ammiraglie dell’informazione americana, ultimamente stava lavorando a M, il tentativo di resuscitare una rivista glossy maschile di un’altra epoca e trovargli un ruolo nella contemporaneità. Insomma, un direttore nostalgico e d’élite per un pubblico nostalgico e d’élite? Era un po’ quello che si diceva cinicamente del suo New York Observer, settimanale che ha diretto dal 1994 al 2009: “si, bellissimo, ma in quanti lo leggono?”
Eppure la dipartita di Kaplan lascia moltissimi orfani, una schiera impressionante di talenti cresciuti con lui e che oggi ricoprono posti di primo piano nei media americani: “togli Kaplan dal panorama mediatico degli ultimi vent’anni e non avrai più The Awl, gran parte di Gawker e una bella fetta di Politico”, scriveva l’anno scorso Nathan Heller su un bel ritratto a lui dedicato dal New Republic. Insomma, buona parte di quelle success story contemporanee in cui l’editoria si specchia felice col sollievo di chi ha ritrovato il proprio futuro.

Forse allora la domanda giusta a proposito del suo New York Observer, non era tanto “bello, ma in quanti lo leggono” quanto piuttosto “chi lo legge?”, proprio nel senso di chi: nome, cognome, professione, influenza, passioni. Perché magari non ce ne siamo accorti, ma dopo la lunghissima sbornia del “tutto per tutti”, allargare, abbassare, farsi capire, acchiappare “la gente”, i teorici del marketing editoriale, con in mano un pugno di banner, stanno tornando a parlare di verticalità, fidelizzazione, lettori forti, nicchie. E in fondo, forse, bastava farsi un giro per strada, come i vecchi cronisti dei film che piacevano a Kaplan, per arrivarci: se vuoi fare una cosa per “tutti” (e quando si dice “tutti” si intende “tutti tutti”, non un po’ di persone spacciate goffamente per “tutti”) non fai un giornale. Se fai un giornale lo fai credibile per chi vuole leggerlo, escludendo inevitabilmente qualcun altro.
Sta a vedere che aveva ragione Kaplan, nostalgico per vezzo, amante del futuro, riferimento senza tempo.

Articoli Suggeriti
Social Media Manager

Leggi anche ↓
Social Media Manager

Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

La Nasa è riuscita a registrare il rumore emesso da un buco nero

Un algoritmo per salvare il mondo

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.