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È uscito il primo trailer di Marty Supreme, il film sul ping pong con cui Timothée Chalamet punta a vincere l’Oscar Il film di Josh Safdie è stato accolto con entusiasmo dalla critica e il suo protagonista è già lanciatissimo verso la statuetta per il Miglior attore. 
Da oggi scatta il blocco ai siti porno per i minorenni, solo che al momento non è bloccato niente Dal 12 novembre i portali per adulti devono controllare l'età degli utenti con un sistema esterno e anonimo, che però non è ancora operativo.
È morto Homayoun Ershadi, leggendario attore iraniano che Abbas Kiarostami scoprì a un semaforo Il suo ruolo ne Il sapore della ciliegia lanciò una carriera iniziata per caso: nonostante il successo, non si è mai sentito un vero attore.
Papa Leone XIV ha rivelato i suoi quattro film preferiti e tra questi non ci sono né ConclaveThe Young Pope E neanche Habemus Papam e I due Papi né nessun altro film che parli di Papi.
Hbo ha annunciato che V per Vendetta tornerà, stavolta come serie tv Del progetto al momento si sa pochissimo, ma è già stato confermato James Gunn nel ruolo di produttore esecutivo.
Le aziende di Big Tech stanno investendo nella creazione di neonati “di design”, cioè geneticamente modificati I miliardari della Silicon Valley hanno deciso che quello di cui l'umanità ha bisogno è una formula per creare “neonati potenziati”.
Secondo il presidente della COP30 i Paesi ricchi dovrebbero tutti prendere lezioni di ambientalismo dalla Cina André Corrêa do Lago ha detto che la Cina, uno dei tre maggiori inquinatori al mondo, è l'esempio che il resto del mondo dovrebbe seguire.
Prima di essere scarcerato, Sarkozy si è vantato su Instagram di tutte le lettere che stava ricevendo in carcere Un reel sull'Instagram dell'ex Presidente mostra le tante lettere, regali e cartoline inviategli dai sostenitori. Lui ha promesso che risponderà a tutti.

Qual è il Great Refugee Novel?

03 Aprile 2017

Esiste un Great Refugee Novel? E come mai esistono così pochi romanzi sull’esperienza di rifugiati, visto che così tanti grandi scrittori sono stati esuli e/o fuggiaschi? Il saggista americano Ted Gioia si è posto la questione su The Millions, giungendo alla conclusione che il romanzo definitivo sull’esperienza dell’esilio è Pnin di Vladimir Nabokov. «Quanti capolavori della letteratura del Ventesimo secolo sono stati scritti da rifugiati? Se pensiamo ai premi Nobel che erano esuli, una lista che include Thomas Mann, Elias Canetti, Aleksandr Solzhenitsyn, Isaac Bashevis Singer, Czesław Miłosz, e Joseph Brodsky, viene da concludere che il tema dell’esilio permea il canone della letteratura modernista. Però non è così. Molti scrittori continuano ad abitare, nella loro immaginazione, i loro Paesi d’origine anche molto dopo averli lasciati. Thomas Mann, purtroppo, non ha mai scritto alcun romanzo che parla di tedeschi in esilio a Malibu. Solzhenitsyn ha continuato a dedicare le proprie energie a scrivere di Russia anche dopo avere vissuto 18 anni nel Vermont. Un modello per questi scrittori è James Joyce, che ha lasciato Dublino nel 1904 ma ha continuato ad esserne ossessionato per tutta la vita».

Se si vuole rintracciare opere letterarie che affrontano il tema dell’esilio, scrive Gioia, probabilmente le prime cose che verrebbero in menPnin Nabokovte sono testi antichi ed epici: l‘Odissea, che «racconta l’esilio del suo eroe da Itaca», l’Eneide, «con le sue storie di rifugiati troiani»; il libro della Genesi, che inizia con la cacciata dall’Eden; e Paradiso perduto di John Milton, che inizia con la cacciata di Satana dal paradiso. «Però non si tratta di romanzi, e nessuna di queste opere affronta l’esperienza moderna dell’esilio». Tra i romanzi del Ventesimo secolo che invece se ne occupano e meritano di essere letti, il giornalista menziona Austerlitz di W.G. Sebald (edito in Italia da Adelphi) e Il circolo della fortuna e della felicità di Amy Tan (tradotto in italiano da Rizzoli).

Però, prosegue l’autore, l’opera che meglio incarna l’ideale di “Great Refugee Novel”, insomma il romanzo definitivo sull’esperienza dell’esilio, è Pnin di Vladimir Nabokov (pubblicato in Italia in varie edizioni e traduzioni, inclusa una relativamente recente di Adelphi). Il romanzo, uscito nel 1957, due anni dopo Lolita, è stato scritto in inglese durante il periodo americano dello scrittore, un esule di lungo corso che dovette lasciare la Russia nel 1917 a causa della rivoluzione e che poi fu costretto a lasciare anche la Germania per gli Usa a causa dell’avvento di Hitler. «Queste esperienze influenzano il tono, un misto di amarezza e nostalgia per un mondo scomparso, permeano le pagine di Pnin», scrive Gioia. «Il protagonista, Timofey Pavlovich Pnin, è una figura comica nel  campus del Waindell College. Il suo modo di fare continentale all’antica e il suo forte accento russo lo rendono ridicolo. La sua apparenza, i suoi gesti e la generale mancanza di consapevolezza dell’America lo espongono ai pettegolezzi e allo scherno».

Pnin «avrebbe molto da offrire alla comunità universitaria», ma la sua erudizione continentale non viene apprezzata, prosegue Gioia, notando che il libro abbandona gradualmente il tono comico per assumerne uno più tragico, e che probabilmente Nabokov ha utilizzato la propria esperienza autobiografica come fonte d’ispirazione. Così la parabola del protagonista incarna quella di ogni rifugiato: «Più capiamo di Pnim, più ci rendiamo conto che il tessuto stesso della sua esistenza è stato spazzato via dai capricci della storia».

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