Attualità

Non solo cartellonistica

Un grande classico pubblicitario che sta conoscendo nuova vita: non più manifesti incollati ma esperienze personali e dinamiche che dai muri delle città arrivano al nostro telefono.

di Michele Boroni

Le prime cose che ho imparato a leggere all’età di tre anni sono stati i cartelloni pubblicitari sulla via Emilia che guardavo ogni domenica dalla macchina quando andavo in campagna dai nonni. Anni dopo, le volte che capitavo a Milano, non rimanevo affascinato tanto dalla magniloquenza del Castello Sforzesco o del Duomo bensì, proprio davanti alla chiesa più importante dell’arcidiocesi milanese, dall’insegna luminosa della Kores, dove una stilizzata e operosa signorina muoveva le mani sui tasti di una macchina da scrivere. E non voglio tediarvi sulla sindrome di Stendhal che ebbi quando capitai per la prima volta a Piccadilly Circus o a Times Square di sera (ho già una certa età e non so, sinceramente, se oggi riuscirei a reggere di fronte alle insegne di Ginza o Akiba a Tokyo). Insomma, tutto questo cappellino per dire che ho un rapporto particolarmente intenso e intimo con la cosiddetta pubblicità esterna: ho sempre pensato che sia per le dimensioni sia per la caratteristica di poter sfruttare la capacità comunicativa del contesto e del luogo, le pubblicità esterne avessero una spinta in più rispetto agli altri mezzi di comunicazione (tv, stampa, radio, etc…).

Oggi l’out-of-home (o l’outdoor, comunque la vogliamo chiamare) continua ad essere considerato dalle aziende e da chi si occupa di comunicazione un mezzo tradizionale, ma è un dato di fatto che, giorno dopo giorno, anche questo medium si stia arricchendo di elementi legati ai new media, grazie alla digitalizzazione e alle possibilità di interazione con gli apparecchi mobili e ai social. Quindi da strumento della comunicazione monodirezionale, l’outdoor sta gradualmente diventando un vero medium interattivo grazie al quale le persone riescono ad emozionarsi, ad avere maggiori informazioni, acquistare, e trasformarsi in un vero e proprio “servizio urbano”.

Se si prendono i dati degli investimenti pubblicitari nei principali paesi occidentali (e sopratutto orientali) si può notare come quelli destinati all’outdoor siano notevolmente cresciuti: in Italia la crescita è ancora debole anche a causa di alcuni problemi strutturali, tra cui l’affollamento di impianti e strutture, l’abusivismo diffuso, e i soliti impicci burocratici. Ma sui siti e nei festival che si occupano di advertising si notano sempre più progetti innovativi basati sull’outdoor ibridato con altri media digitali che amplificano ed espandono la portata del messaggio. Forse l’esempio più noto e paradigmatico è quello di British Airways e della campagna The Magic of Flying. Brevemente: a Piccadilly Circus è stato installato un grande monitor capace di attivarsi al passaggio dei voli British, mostrando l’immagine di un bambino che indica l’aereo nel cielo, nel punto esatto in cui si trova e che, successivamente, comunica dati relativi al volo e alle offerte della società. Come si può vedere dal video (che ha superato il milione di visualizzazione e un global reach di 350 milioni) l’output è molto semplice, intuitivo ed emozionale, ma dietro c’è una complessità tecnologica invisibile e gigantesca che va dalle antenne posizionate in luoghi strategici alla connessione alla rete aerea fino al nefoipsometro, ovvero quello strumento che misura l’altezza degli strati nuvolosi e che, quindi, decide se è il caso di mostrare il filmato del bambino o no. Questa campagna di British Airways (peraltro premiatissima all’ultimo Festival della Creatività di Cannes) è una di quelle che attraverso l’utilizzo di tecnologie avanzate e non invadenti permette di trasformare le città in un mass-media dove i brand possono sperimentare nuove relazioni e nuove sorprese.

Durante il recente Italians Festival organizzato a Milano da ADCI e Assocom, i due principali player del settore, IGPDecaux e Clear Channel Outdoor, hanno mostrato una serie di casi – dall'”Homage to Rome” creata per Vodafone alla storica campagna “Be Stupid” per Diesel – dove la creatività diventa situazionale, riconoscibile e coinvolgente capace di creare un’immediata condivisione, peraltro personalizzabile e declinabile attraverso i social.

Le cosiddette smart cities diventano così il territorio ideale per cartelloni pubblicitari che abbiano anche un uso pratico o un alto contenuto di servizio. Come accadde nel progetto di qualche anno fa chiamato Ibm People for a Smarter City, creato dall’azienda informatica americana insieme a Ogilvy France e che lavorando insieme ai sindaci e amministrazioni, permise di sviluppare progetti “visionari” e anche nuovi formati pubblicitari, come pensiline, sedute pubbliche e saliscendi, che favorissero la condivisione e sollecitassero il bene comune.

C’è poi tutta un’altra area da implementare e che sfrutta tutti quelle dimensioni e spazi che i sociologi definiscono interstiziali – tipici dei periodi di attesa, di passaggio o dei trasporti – che sono sempre di più e sfruttati da tutti noi attraverso dispositivi mobili. Ecco che questi diventano nuovi momenti di socialità e relazione ancora tutti da interpretare e utilizzare e le città cosiddette convergenti possono creare nuovi servizi e nuovi contenuti.

Ma di questo ne parliamo un’altra volta.
 

Immagine: l’installazione pubblicitaria “The Magic of Flying” della British Airway, a Londra