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14:00 giovedì 16 ottobre 2025
Dopo 65 anni di pubblicazione, Il Vernacoliere chiude ma non esclude il ritorno Lo ha annunciato su Facebook il fondatore e direttore Mario Cardinali, che ha detto di essere «un po' stanchino» e spiegato la situazione di crisi del giornale.
Nel cinema non si è mai vista una campagna promozionale come quella di Bugonia Tra siti cospirazionisti e cartelloni vandalizzati, il marketing per il lancio del nuovo film di Yorgos Lanthimos è uno dei più azzeccati degli ultimi anni.
Londra è la città europea che sta battendo ogni record in fatto di telefoni rubati Solo nel 2024 ne sono stati rubati più di 80 mila, la maggior parte dei quali rivenduti poi sul mercato nero internazionale.
È morto Drew Struzan, l’illustratore che ha disegnato le locandine di moltissimi successi di Hollywood Star Wars, Indiana Jones, Ritorno al futuro, E.T, Blade Runner, I Goonies, La cosa: la locandina che vi viene in mente pensando a questi film l'ha disegnata lui.
I lettori di Jia Tolentino non hanno preso bene la sua collaborazione con Airbnb Sia gli ammiratori che i detrattori sono rimasti molto delusi dalla sua decisione di lavorare con un'azienda come Airbnb.
Nella nuova campagna Moncler c’è la reunion di Al Pacino e Robert De Niro Si chiama Warmer Together e vuole celebrare «le emozioni e il calore dello stare insieme».
È morto D’Angelo, l’artista che ha prima rivoluzionato e poi abbandonato la musica soul Aveva 51 anni ed era malato di cancro. Lascia in eredità tre album diventati culto e una storia personale caratterizzata dal difficile rapporto col successo.
Dei 10 film più visti al cinema in Italia nell’ultima settimana, metà sono vecchi titoli tornati in sala Nell'ottobre del 2025, tra i film più visti in Italia ce n'è uno del 1971, uno del 1997, uno del 2001 e uno del 2009.

Rilassarsi guardando lo streetwear su Instagram

Da Copenaghen a Berlino, nell'ultimo anno sono nati tantissimi profili dedicati ai cittadini fotografati per le strade. Perfetti per prendere ispirazione, ma anche per lo scrolling passivo.

05 Settembre 2021

Non è ancora chiaro se il sancarlino milanese rappresenti l’alter ego del pariolino, ma è certo che per quanto le due città si impegnino, con Milano più attenta alle tendenze e Roma conservatrice del boccolo cresimale, entrambe finiscono per perdere nella competizione con Copenaghen e Berlino su Instagram, dove circa da febbraio sono nati profili dedicati all’abbigliamento urbano dei cittadini fotografati in giro per le strade. Quante cose può raccontare di noi una tote-bag? Quante ancora il mocassino Sebago con calzino, ma più che altro quanto ci faranno sentire inferiori i profili @copenhageners_in_copenhagen e @berlinersinberlin? (C’è una sola risposta a tutte queste domande ed è ovviamente: tanto). Sembra che il primo tra tutti sia stato @parisiensinparis, 372 mila follower, zero seguiti, non troppo elegante, non troppo elaborato, non troppo costruito, francese appunto. Quasi interamente femminile, ci si trova la deificazione della zeppa di corda, delle camicette e dell’abito Vichy, di tutte quelle cose d’ispirazione Louise Follain che fa sembrare le parigine perfette perché in realtà non vorrebbero esserlo, tanto inimitabili solo perché noi, che smaniamo dalla voglia di imitarle – sì, ma che noia – le abbiamo rese tali.

E poi finalmente Berlino, dove lo streetwear non è dissimile dall’architettura della città: incoerente, austero, avantgarde e arcaico allo stesso tempo, in particolare quando i cittadini vengono fotografati nel quartiere Mitte (che è in centro, e che è un quartiere per turisti e ricchi, ma che con la pandemia rischia di ritornare autentico) dove, più che nell’equivalente londinese di Soho, vestirsi bene significa vestirsi bene. Anche i berlinesi di Berlino, come recita il nome del profilo, sono fotografati quasi sempre di spalle, corrono via o passeggiano con uno stile che è quello delle divise formali sabotate da accessori, pantaloni da completo e blazer indossati con le Nike, total black, color block (gli anfibi con suola rinforzata nella versione Chelsea sono per i berlinesi quello che le Balenciaga Speed sono per la Brianza). Un’intersezione di musica, arte, architettura e vita notturna, come lo aveva definito David Fisher, il fondatore di Highsnobiety raggiunto da Women’s Wear Daily nel 2019. «Ciò che rende lo stile dei berlinesi così affascinante è che non esiste uno stile specifico, e sembra molto più reale rispetto a quello del resto del mondo».

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E quindi vediamo il resto del mondo. Se per quanto riguarda Londra su @londonersinlondon_ (oltre 62 mila follower e un solo seguito, qualcuno
ci riveli perché sia proprio @milanesiamilano) ci si trova quanto ci si aspetta, e non è che sia proprio la East London degli anni Novanta, per New York sarebbe meglio dimenticarsi di @newyorkersinthecity e seguire invece il profilo del fotografo Johnny Cirillo, @watchingnewyork, progetto dedicato sempre all’abbigliamento dei cittadini in cui la moda sembra persino migliore, sarà che li immortala a Williamsburg. Tra i più riusciti, anche dal punto di vista fotografico, c’è @copenhageners_in_copenhagen, apoteosi dello stile hygge, che non ha una vera traduzione ma è piuttosto la ricerca di comfort declinata nell’abbigliamento, il caldo abbraccio dell’Ikea, tra pullover, t-shirt Fruit of the Loom, berretti e cappotti, tutti rigorosamente blu, neri, grigi, tutti oversize.

E intanto, di profili simili, ne stanno nascendo altri, come @seoulistinseoul, @hongkongers.in.hk, @belgraders_in_belgrade, @madrileniansinmadrid, @tokyoite.intokyo, alcuni meno curati (@valencians_invalencia), altri più interessanti (@amsterdammers.in.amsterdam) che sono finestre su luoghi forse ascrivibili all’esigenza di volerli visitare quando non potevamo farlo. O magari perché non sono altro che un surrogato di Pinterest formato Instagram, una versione riveduta e corretta dello street style finto fuori dalle sfilate, una cosa che non manca a nessuno, una piccola oasi di pace – sarebbe piaciuta a Bill Cunningham – data dall’osservare come si vestono gli altri e dall’immaginare, soprattutto per noi che siamo bravi ma non abbastanza (ed è molto peggio di quando si è semplicemente scarsi, vuol dire essere quasi), quando e come potremmo copiarli.

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