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Perché si parla tanto della principessa Sissi

Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, meglio conosciuta come "Sissi" grazie alla popolare trilogia di film con Romy Schneider, è la protagonista di una mini-serie Netflix e un film in arrivo a dicembre.

di Studio

Il 29 settembre ha debuttato su Netflix The Empress, mini-serie diretta da Katrin Gebbe e Florian Cossen che racconta le vicende della giovane Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach, nata duchessa di Baviera, meglio conosciuta come “Sissi” grazie alla popolare trilogia di film usciti negli anni Cinquanta con protagonista Romy Schneider. In realtà, Elisabetta si firmava “Sisi”, con una sola “s”, ma non è questa l’unica differenza tra la nuova serie e il ritratto dell’ultima imperatrice del regno austroungarico che ne fecero i film di Ernst Marischka. Durante lo scorso Festival di Cannes, inoltre, è stato presentato Corsage (in Italia uscirà il 7 dicembre), film diretto da Marie Kreutzer che si ispira a My Heart Is Made of Stone: The Dark Side of the Empress Elisabeth, libro scritto da Michaela Lindinger, curatrice del Wien Museum ed esperta dell’imperatrice. Mentre The Empress si concentra sugli anni della gioventù, Corsage offre un ritratto più intimo della Sisi adulta, nei suoi quarant’anni, quando la sua reclusione e volontaria esclusione dalla vita di corte avevano raggiunto l’apice.

«Viveva davvero come una reclusa», ha raccontato Lindinger al New York Times, «La gente non la vedeva e lei non voleva essere vista». Sia la nuova serie che il film ci restituiscono un’immagine alternativa a quella gioiosa e spensierata scolpita nell’immaginario collettivo grazie ai film di Marischka: quello che sappiamo di Sisi, infatti, ci deriva dalle sue oscure poesie, da alcuni suoi carteggi privati e dai racconti scritti su di lei dalle persone che più le stettero vicino in vita, a cominciare dall’insegnante di greco. Al posto della ragazzina innocente cresciuta nella nobiltà di campagna improvvisamente catapultata a Vienna, ritroviamo una donna introversa e insofferente alla vita di corte, dedita ai suoi interessi intellettuali (come lo studio del greco, appunto, o la passione per la poesia), amante della solitudine e della natura. Katharina Eyssen, show runner e autrice di The Empress, ha consultato diverse biografie in fase di scrittura della serie per Netflix e in tutte ha ritrovato il ritratto di una donna «difficile, fragile, quasi bipolare, malinconica». Una versione da cui Eyssen non si è lasciata convincere del tutto: «Ci deve essere stata anche una forza creativa e appassionata, altrimenti non sarebbe sopravvissuta così a lungo».

Di Sisi sappiamo alcune cose che hanno contribuito a crearne il mito: dalla fissazione per la linea (mantenne un bacino di cinquanta centimetri per tutta la vita) a quella per l’attività sportiva, in particolare l’equitazione; dalla passione per i viaggi che potevano liberarla dalla corte alle dipendenze, soprattutto dalla cocaina e dall’alcol; dai rituali di bellezza (a cominciare dai lunghissimi capelli, che lavava una volta al mese ed era per questo considerata eccentrica, vista la scarsissima igiene personale dell’epoca) fino alla leggendaria riservatezza (non si fece più ritrarre dopo i trent’anni: esistono infatti pochissimi suoi ritratti da adulta).

Dopo il suicidio dell’amato figlio Rodolfo (destino che, tra l’altro, la accomuna a Schneider), che si sparò nel 1889, cadde definitivamente nella depressione, di cui pure aveva sofferto per tutta la vita, fino al 10 settembre 1898, giorno in cui fu uccisa a Ginevra, in Svizzera, dall’anarchico italiano Luigi Lucheni. The Empress e Corsage provano a raccontarcela da un nuovo punto di vista, sperando non cadano nel tranello di Blonde: non più quello dell’imperatrice per caso, ma quello di una donna molto avanti rispetto ai tempi in cui visse, legata al marito Francesco Giuseppe da un amore lungo e difficile, ma che nella vita seppe esplorare cose che alle donne, imperatrici comprese, erano vietate.