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Prada va a Shanghai

La collezione per la Primavera Estate 2020 inaugura la stagione maschile e celebra il ponte tra la megalopoli cinese e Milano.

07 Giugno 2019

Il Minsheng Wharf, uno dei silos più grandi dell’Asia con le sue 80.000 tonnellate di capacità, è una sorta di “monumento accidentale”, come si legge nelle note stampa, ed è anche il luogo che ha ospitato ieri la sfilata per la Primavera Estate 2020 di Prada, che chiude la stagione lunga delle resort e dà il via ufficialmente a quella maschile. Testimonianza urbana del passato industriale di Shanghai e, in qualche modo, anche della sua attitudine contemporanea, l’ex magazzino per grano e cereali è stato rivestito per l’occasione da un’installazione luminosa concepita da AMO, l’agenzia gemella dello Studio OMA di Rem Koolhaas che ha battezzato la Fondazione Prada e che dal 2017 realizza i set delle sfilate del marchio. Mentre si intensificano gli sforzi della Camera della moda per solidificare e ampliare i rapporti commerciali tra la Cina e l’Italia, come ha raccontato Carlo Capasa in un’intervista su Jing Daily, Miuccia Prada arriva a Shanghai portandosi dietro tutto il suo bagaglio culturale, europeissimo, e trova casa proprio laddove la comunanza di idee e prospettive tra la megalopoli cinese e la sua Milano è più evidente. Un gemellaggio, quello tra le due città, che quest’anno compie i suoi primi quarant’anni e che la sfilata suggella.

La collezione è Prada in pillole, anche velata da un cauto ottimismo sospeso a metà tra l’ironia delle giacche color pastello e quella dei simboli low-fi stampati su t-shirt e camicie: musicassette, videocamere, oggetti tecnologici che hanno fatto, irrimediabilmente, il loro tempo e che oggi rivivono come feticci su Instagram e dintorni. Anche il logo è remixato in chiave retro-futuristica, e funziona benissimo come gif nelle stories, uno di quei tool sul cui uso ospiti e spettatori della platea internazionale non risparmiano di certo. Prada arriva a Shanghai e sa che i consumatori cinesi stanno cambiando, sempre più velocemente, e si è preparata per tempo: come segnala Steff Yotka su Vogue Us, la città da almeno due giorni è invasa da cartelloni pubblicitari del marchio mentre la decisione di far rivivere Linea Rossa sembra essere la scelta migliore per attrarre un pubblico cresciuto a pane e streetwear e, allo stesso tempo, affamato di vintage più o meno recente. E cosa è più instagrammabile del nylon di Prada? Il parterre degli ospiti era, come da prassi, particolarmente ricercato e pieno di celebrity cinesi e internazionali, che hanno attivato l’interesse per l’evento su piattaforme come Weibo e WeChat: gli attori Deng Enxi, Jiang Du, Guan Xiaotong, Lee Hong-Chi fra gli altri, il cantante Cai Xukun, abbreviato Kun, ventenne superstar e protagonista della nuova campagna del marchio; gli artisti Chen Tianzhuo, Yang Fudong, Zhou Tiehai, il regista Jia Zhangke, infine gli architetti Rossana Hu, Lyndon Neri e Zhuang Ziy. D’altra parte, mobilitazioni di questo tipo – e l’affaire Dolce & Gabbana lo dimostra – sono di particolare rilevanza se oggi si intende avere successo sul mercato cinese.

In passerella ha debuttato anche il modello Nathan Westling (a destra), che solo quattro mesi ha fatto coming out ufficiale come trans in una lunga intervista su i-D Magazine. È una scelta di casting interessante, tanto più che dall’8 al 16 giugno a Shanghai si festeggia la settimana del Pride e la comunità Lgbtq+ cinese inizia, con moltissima cautela, a essere più visibile. Sam Gaskin e Zoe Suen si sono chiesti su Business of Fashion se e quanto la Cina sia pronta al marketing arcobaleno e la titubanza con cui i marchi occidentali affrontano l’argomento la dice lunga sulle impervie che questo mercato può rappresentare. Quando il mese scorso Taiwan ha legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, il governo cinese ci ha tenuto a ribadire che la famiglia, nella Cina continentale, rimane quello tra uomo e donna mentre sono ancora pochi, notano Gaskin e Suen, i personaggi pubblici apertamente gay. Ma Millennials e Gen Z cinesi hanno un modo tutto loro di combinare le politiche identitarie del loro Paese con gli slanci capitalistici della loro, ineguagliabile, capacità di spesa. E hanno già scoperto quante cose possono significare gli abiti di Miuccia Prada.

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