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La politica italiana su Instagram
Fino a qualche anno fa il social delle immagini aveva un ruolo marginale nelle strategie di comunicazione dei politici, oggi diventa sempre più importante.
I selfie dei fan col ministro Matteo Salvini a Pontida nel luglio di quest'anno ( Miguel Medina/AFP/Getty Images)
Un selfie al mare con la moglie, la catenina al collo, l’abbronzatura, il cappellino. Potrebbe essere una delle tante foto postate su Instagram nel periodo agostano ma non si tratta di un utente qualunque, bensì di Danilo Toninelli, ministro dei Trasporti pentastellato, che condivide la foto nel pieno di due crisi in corso, di cui una che lo riguarda direttamente. Nel copy del post ha anche messo le mani avanti: sono in vacanza ma “con l’occhio sempre vigile” e con l’agenda politica “sempre in testa”, sotto forma di cappellino degli “eroi della Guardia Costiera” (hashtaggata nel post). Una leggerezza, o mancanza di buonsenso, visto che aveva appena rimandato al 27 agosto l’appuntamento in Parlamento per riferire del disastro sul ponte Morandi, come richiesto dalle opposizioni. Che da parte loro, “vista la scenografia della foto su Instagram”, hanno chiesto le sue dimissioni. Parole che ci forniscono la cifra di quanto sia diventato centrale questo social network nell’ambito della comunicazione politica italiana.
Fino a qualche anno fa, Instagram veniva utilizzato in maniera piuttosto marginale all’interno delle strategie di comunicazione social dei politici italiani, più un’appendice di Facebook e Twitter che un vero e proprio strumento di propaganda. Era ancora un social network piuttosto immune all’assalto della realtà, pieno di racconti di vite senza imperfezioni, narrate attraverso i filtri e le immagini iper-saturate. Inoltre, la struttura stessa di Instagram non era stata pensata per favorire lo scambio di opinioni e idee, ed è così ancora oggi. Si condividono immagini in cambio di like e l’approccio è soprattutto voyeristico. Nei post non è possibile inserire link cliccabili e non si possono rilanciare (se non mediante app esterne) contenuti altrui. La forza di Instagram però è sempre stata quella di riuscire a creare nuovi mondi e personaggi grazie a uno storytelling che si sviluppa immagine dopo immagine. In questo senso, è il social network che più si avvicina al modello televisivo. Non a caso, da meno di un mese è comparsa la nuova feature “Instagram TV”, dove agli account più importanti è permesso di postare video lunghi fino a un’ora. Instagram ad oggi si fonda su tre livelli: i post, la copertina patinata del contenuto che viene successivamente approfondito nelle stories, i mini-video molto simili alle strisce quotidiane dei reality, la Tv e le dirette che approfondiscono ulteriormente il livello di narrazione per immagini. Gli utenti crescono con costanza: in Italia Instagram conta 16 milioni di iscritti e a usarlo sono soprattutto i Millennial e la Generazione Z: gli elettori giovani, quelli che devono plasmare una loro coscienza politica e quindi ancora da convincere. Non guardano la tv, non si lasciano stordire dagli infiniti flame su Facebook e twitter. Preferiscono sfogliare delle immagini.
Nel 2015, i pochi politici italiani che avevano capito le potenzialità di Instagram erano Silvio Berlusconi, che nel giro di qualche mese dall’apertura del profilo era arrivato a 29.000 follower, Matteo Renzi (26.000 follower) e Giorgia Meloni, che di follower ne aveva 5.000 ma è stata la prima a coltivare la community ricevendo in cambio la mole più consistente di engagement (fonte: Blogmeter). A settembre 2017, le cose sono completamente cambiate: primo posto per Luigi di Maio (88.600 follower), secondo posto a Matteo Renzi (88.400), terzo posto ad Alessandro di Battista (75.000 follower). Fuori podio iniziava la sua rimonta Matteo Salvini con 71.400 utenti. Poi ci sono state le elezioni del 2018, uno spartiacque per la comunicazione politica e il modo di fare campagna elettorale. All’improvviso a tutti è stato chiaro che la quantità dei cambiamenti indotti dai social media hanno reso anormali e invotabili politici vecchio stampo, e normalissimi e votabilissimi, uomini come Matteo Salvini che, a oggi, è il politico italiano più seguito su Instagram con 520.000 follower (che a fine luglio erano ancora 390.000, una crescita altissima). Al secondo posto, Luigi di Maio (385.000) e in coda: Alessandro di Battista (173.000), Silvio Berlusconi (142.000), Matteo Renzi (135.000). Il politico votabile di oggi non è più un signore vestito in maniera formale, che frequenta sedi di partito, arringa la folla nei comizi, brilla nel dibattito televisivo. Il politico votabile di oggi è molto più simile a una webstar che ad Amintore Fanfani; più che fare politica, racconta la sua linea politica agli utenti foto dopo foto, usando gli stessi linguaggi delle community.
Si spiega così il successo del profilo Instagram di Salvini, che ha un piano editoriale strutturato su delle rubriche ben definite, interrotte solamente durante gli eventi di Genova: la lunga fila di selfie col pollicione alzato, le foto in camicia bianca con le maniche arrotolate (versione estiva: a petto nudo, smaccatamente dannunziano), l’immancabile rubrica dedicata al cibo (presente nei piani editoriali di qualsiasi influencer): bruschette e peperoni ripieni, cotoletta e patatine fritte, pizzoccheri, pizza ai funghi, torte alla frutta, la minestra della mensa dei poveri. Cibi semplici, che dicono: “Mangio quello che mangiate voi, sono proprio come voi”. E poi, la rubrica dedicata agli hater (le scritte sui muri contro Salvini, la stampa nemica). Più l’attaccano, più è contento. Più lo citano per parlarne male, più lui trasforma ogni minaccia in opportunità. Salvini dà ai suoi hater esattamente quello che si aspettano, più che dare ai follower quello che vogliono. La stessa strategia usata da quelli che oggi sono gli influencer più in vista: se vuoi diventare influente online devi avere più hater che fan. Da notare che segue un account solo, quello di Elisa Isoardi. Rispetto a Facebook e Twitter, su Instagram il team social di Salvini posta con meno frequenza, scegliendo soltanto i momenti più iconici.
Il profilo di Alessandro Di Battista invece è un diario giornaliero del viaggio on the road che ha intrapreso in America con la compagna e il figlio piccolo. Innanzitutto, è improntato sui due argomenti che maggiormente fanno fatturare gli influencer: il travel e il parenting blogging. Apparentemente non c’è traccia di comunicazione politica, in pratica è tutta comunicazione politica-emotiva espressa nell’epica da social media della famiglia felice e negli hashtag #noipapà e #familyontheroad. E ovviamente ritorna il “siamo proprio come voi”, quando Di Battista salendo sull’aereo porta a spalla il passeggino come un padre italiano qualunque (qualcuno noterà che il biglietto visibile in un’altra foto è quello della classe Magnifica). Lo stesso ha fatto Giorgia Meloni che a un certo momento della sua vita politica ha dismesso per sempre le vesti di giovane donna militante di borgata, per abbracciare un look studiato apposta per Instagram: il boccolo biondo perenne, le due collane Tiffany, i filtri che levigano la pelle, assottigliano la mascella, ingentiliscono la sporgenza degli occhi. Un’immagine frivola con la quale però veicola messaggi anti-migranti, appelli a chiudere i porti e lanci d’invettive contro i radical chic con l’attico a New York.
Se volessimo già scegliere la foto-simbolo di questa Terza Repubblica, sarebbe quella di Roberto Fico che scende dall’autobus Atac, fermata Montecitorio, sintesi dell’estetica del Movimento 5 Stelle: il sorriso del cittadino onesto che ha pagato il biglietto, l’esibizione della provenienza dal basso, il paese reale dietro che cerca d’essere inquadrato. Insomma, l’istituzione che diventa popolo. La seconda foto-simbolo, splendido esempio dell’anti-estetica del bello, ha come soggetto Elisa Isoardi che stira con particolare concentrazione, in un tinello dalle tonalità marroni molto simile a quelli che fanno da sfondo a certi servizi di Chi L’ha Visto? a casa dello scomparso. L’unico elemento glamour è il ferro da stiro top di gamma, che sceglie da solo la temperatura in base al tessuto. Sono foto lo-fi che si basano sulla comunicazione emotiva e vogliono trasmettere un solo messaggio: “Siamo proprio come voi”. Un messaggio anti-casta ben chiaro che ironicamente ha come soggetti rispettivamente il Presidente della Camera dei Deputati e una presentatrice Rai.
La destra non ha avuto troppe remore estetiche e ha subito accettato il nuovo corso della politica-pop, facendo sua la lezione del berlusconismo. La sinistra invece ha sottovalutato la capacità della destra (soprattutto di quella estrema) di fare rete. Anche se qualcuna da quelle parti aveva intuito le potenzialità del mezzo prima di tutti, il portavoce di Renzi (e poi di Gentiloni) Filippo Sensi (nomfup), che ispirato dall’account di Obama, postava immagini piene di grazia ed eleganza, esteticamente alto, ma raggiungibile a tutti del dietro le quinte della politica (vertici, manifestazioni, palazzi). Oggi su Instagram il centro-sinistra si fa notare soprattutto per la sua irrilevanza, se non totale assenza. Il profilo di Maurizio Martina è attualmente seguito da poco più 6.000 follower ed è un susseguirsi di foto impersonali, più da cartella preparata dall’ufficio stampa che per un profilo social. Ci sono le solite foto all’assemblea nazionale e le foto con “la base” (le signore emiliane, i partigiani). Vengono anche postati degli assurdi flyer pieni di testo e la sensazione è che lo curi qualcuno che ha poco tempo per occuparsene davvero. Inutile cercare Veltroni, Rutelli e D’Alema: non ci sono. Certo, un profilo IG di quest’ultimo che posta foto di tramonti visti dalla prua della sua barca, sarebbe il sogno perverso di ogni hater di radical-chic col Rolex. Discorso completamente diverso per Matteo Renzi, l’unico politico a sinistra che ha abbracciato e usato senza problemi il linguaggio del pop e dello spettacolo. Il suo Instagram ha un piano editoriale diversificato ed entra spesso nel merito delle polemiche del giorno che infiammano il paese reale. Ad esempio ha rilanciato la foto di Ivan Zaytsev che ha vaccinato la figlia e che si è attirato così le ire degli anti-vax, o la foto-simbolo dei bambini fermi alle frontiere messicane. Senza disdegnare selfie, momenti in famiglia e di relax.
C’è comunque una piccola parte di utenti che sospira pensando ai vecchi tempi (che magari non hanno mai vissuto). Ad esempio, i 90mila nostalgici che hanno messo Mi Piace a questa pagina Facebook dedicata alla Prima Repubblica. La pagina ha come foto profilo l’On. Giulio Andreotti sorpreso in un raro momento frivolo: ha una macchina fotografica vintage in mano e, addirittura, sorride. Dai commenti si deduce che a mettere Mi piace è un elettorato trasversale che, a prescindere dallo schieramento politico, guarda con nostalgia a quel rigore estetico in bianco e nero, alla compostezza e al senso di solidità anche in contesti salottieri. Il foulard annodato al collo di Nilde Iotti, gli occhiali di Forlani, il cappotto di Aldo Moro, facciamocene una ragione, non torneranno più, spazzati via dalla Seconda Repubblica, la cui estetica ha anticipato, a destra, i Gianluca Vacchi e le influencer minorenni partenopee dallo zigomo appuntito e, a sinistra, l’hipsterismo eco-chic e culturalmente impegnato che ha come foto simbolo un Adelphi la cui copertina si abbina agli altri elementi della composizione, di solito un cappuccino e un vaso di vetro con i fiori freschi. Purtroppo, Fausto Bertinotti non è su Instagram ma ogni tanto viene hashtaggato da qualcuno che lo incontra per strada e gli chiede un selfie: ha sempre il portaocchiali appeso al collo e il toscanello spento tra le dita. Ma forse è qui la chiave per una vera risposta alle felpe e ai torsi nudi, ai brindisi con lo spumante nei calici di plastica.