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22:06 lunedì 14 luglio 2025
L’annuncio dell’arrivo a Venezia di Emily in Paris lo ha dato Luca Zaia Il Presidente della Regione Veneto ha bruciato Netflix sul tempo con un post su Instagram, confermando che “Emily in Venice” verrà girato ad agosto in Laguna.
Ancora una volta, l’attore Stellan Skarsgård ha voluto ricordare il fatto che Ingmar Bergman era un ammiratore di Hitler «È l’unica persona che conosco ad aver pianto quando è morto Hitler», ha detto. Non è la prima volta che Skarsgård racconta questo lato del regista.
Superman non ha salvato solo la Terra ma anche Warner Bros. La performance al botteghino dell'Uomo d'acciaio è stata migliore delle aspettative, salvando lo studio dalla crisi nera del 2024. 
Cosa si dice del nuovo sequel di Trainspotting, Men in Love Pare sia molto lungo, abbastanza nostalgico e con dei passaggi notevoli in cui Irvine Welsh si dimostra ancora in forma.
I Talebani hanno fatto un assurdo video promozionale per invitare i turisti americani a fare le vacanze in Afghanistan Il video con la sua surreale ironia su ostaggi rapiti e kalashnikov, mira a proporre il paese come meta di un “turismo avventuroso”.
Justin Bieber ha pubblicato un nuovo album senza dire niente a nessuno Si intitola Swag e arriva, a sorpresa, quattro anni dopo il suo ultimo disco, anni segnati da scandali e momenti difficili.
Damon Albarn ha ammesso che la guerra del Britpop alla fine l’hanno vinta gli Oasis Il frontman dei Blur concede la vittoria agli storici rivali ai fratelli Gallagher nell’estate della loro reunion.
La nuova stagione di Scrubs si farà e ci sarà anche la reunion del cast originale Se ne parlava da tempo ma ora è ufficiale: nuova stagione in produzione, con il ritorno del trio di protagonisti.

Peter Thiel, il cattivo della Silicon Valley

È uno dei maggiori sostenitori di Trump, ha fondato PayPal e fatto chiudere Gawker: come un iperlibertario diventa nemico del progresso.

di Studio
27 Gennaio 2017

Peter Thiel, tra le altre cose che si possono dire sul suo conto, non è certamente un uomo come gli altri. La sua azienda di venture capital, Founders Fund, ha un manifesto sul suo sito che fino a poco tempo fa iniziava con le parole: «We wanted flying cars, instead we got 140 characters». In altre parole, siamo sicuri che il futuro sia soltanto Twitter? Perché non è sempre stato così: nella sua lunga carriera di investitore e fondatore di aziende di successo – Thiel è nato a Francoforte nel 1967 – ha ricordato spesso che fino agli anni Sessanta “futuro” significava altri mondi da colonizzare, città sottomarine, case completamente robotizzate, come nei Jetson. Oggi, invece, c’è la colonizzazione di Marte immaginata da Elon Musk, e poco altro.

Un bellissimo ritratto uscito nel 2011 sul New Yorker, a firma di George Packer, aiuta a comprendere meglio non solo il personaggio in sé, ma anche il suo controverso ruolo politico da fervente sostenitore di Donald Trump. La militanza pro-Trump del miliardario e primo investitore di Facebook ha scioccato l’America: tra i primi suggerimenti delle ricerche su Google col suo nome, si trova stabilmente «Why Peter Thiel supports Donald Trump?». E la vicinanza fra i due non è solo simbolica: a dicembre Thiel ha organizzato il summit fra The Donald e i grand commis della Silicon Valley, e la tv l’ha ripreso mentre il neo presidente gli teneva la mano con fare, si sarebbe detto, affettuoso. Alla convention repubblicana nella sua Cleveland ha tenuto un discorso per Trump, che ha risposto dicendo «saremo amici per sempre» e l’ha nominato consigliere scientifico del suo team.

Trump Holds Summit With Technology Industry Leaders

Se altrove si è preoccupati dalle prime avvisaglie di quattro anni di presidenza scriteriata e deleteria, Thiel, invece, parlando col New York Times in un bar di Manhattan si è detto impensierito dall’esatto contrario, ovvero «che faccia troppo poco». Il miliardario è un radicale anticonformista nelle definizioni pure dei due termini: ha raccolto più di molti altri i frutti dorati della Silicon Valley, ma non ha mai nascosto di considerare quest’epoca come concettualmente limitata, e – per conseguenza – tecnologicamente insoddisfacente. Sì, dunque, per usare le sue stesse parole «anche se ci sono aspetti di Trump che sono retrogradi e sembrano volerci ricondurre al passato, credo che molte persone vogliano tornare a un passato futuristico: Star Trek, I Jetson». I Jetson: ecco spiegato perché anche un iperlibertario gay della valle più liberal-progressista del mondo può schierarsi con chi vuole «Make America Great Again».

A cinquant’anni ancora da compiere, Peter Thiel è stato tantissime cose: a Stanford era uno studente di filosofia che ha aperto un giornale per «sfidare le ortodossie prevalenti all’interno del campus»; quindici anni fa ha deciso con l’amico Elon Musk di quotare in borsa la loro azienda, Paypal, ottenendone cinquantacinque milioni di dollari; due anni dopo ha puntato sull’idea di un ex studente di Harvard, Mark Zuckerberg, con cinquecentomila dollari che oggi valgono più del Pil di molti Paesi.

Non ha mai fatto mancare motivi per parlare di lui, anche prima di Trump: in un essay del 2009 ha portato il suo nichilismo politico fino alla messa in dubbio del senso di far votare le donne (d’altronde la politica è insensata di per sé, no?), e negli ultimi mesi le cronache hanno fornito dettagli sul suo coinvolgimento nella vicenda della chiusura di Gawker: Thiel ha speso almeno dieci milioni di dollari per aiutare il wrestler Hulk Hogan, di cui il sito aveva pubblicato parte di un sex tape, a far fallire con una causa la testata di Nick Denton, pare soprattutto per questioni di rivalsa personale (il miliardario era spesso nel mirino dei canali più critici della Silicon Valley di Gawker, primo fra tutti il blog di Sam Biddle, Valleywag).

Republican National Convention: Day Four

Al New York Times, Thiel ha dichiarato con piglio serioso che «ci sono risonanze tra Hulk Hogan che batte Gawker e Donald Trump che batte l’establishment di questo Paese». È pur sempre l’uomo dietro Seasteads, il progetto tecno-futurista finale che si propone di costruire città-Stato galleggianti sugli oceani in grado di sfuggire utopicamente a tasse e burocrazie, e una persona attivamente impegnata nel superamento del vecchio problema della morte, attraverso finanziamenti di esperimenti sulla parabiosi e un manipolo di altre attività collaterali (senza contare che si è personalmente iscritto a un programma di criogenia).

Donald Trump deve sembrargli anche piuttosto banale. Il suo nemico ha un altro nome, e anche, per quanto controintuitivo possa sembrare, altre idee politiche: «Il problema sono sempre le élite: sempre portate all’ottimismo», diceva già nel 2011 lui, che invece del pessimismo ha fatto una bandiera e una chiave di volta della sua filosofia. La tecnologia che ci ha portato sulla Luna ora è nei dieci centimetri dei nostri iPhone, ma ci accontentiamo di usarla per giocare ad Angry Birds o condividere gif di gattini. Come ha giustamente notato il New York, Peter Thiel è ormai «pronto per diventare un cattivo nazionale», un Martin Shkreli del tech, ma c’è il rischio che stupisca e confonda tutti un’ultima volta, dimostrando di aver ragione.

Nelle immagini: in testata Peter Thiel al Fortune Brainstorm Tech di Aspen (Kevin Moloney/Fortune); nel testo il tech summit alla Trump Tower con Trump e Mike Pence (Drew Angerer/Getty Images) e Thiel alla convention repubblicana (Chip Somodevilla/Getty Images)
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