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La persona dell’anno del Financial Times è George Soros

La persona dell’anno secondo il Financial Times è il finanziere George Soros. La testata sottolinea come, sebbene i candidati al “titolo” vengano valutati per i risultati conseguiti, stavolta siano stati altrettanto importati i valori democratici e liberali abbracciati dal magnate di origine ungherese. Soros sostiene i media, le democrazie e i diritti umani dagli anni ’70. Da tempo è al centro di innumerevoli teorie complottiste, eppure negli ultimi anni gli attacchi nei suoi confronti hanno ottenuto maggior risalto nel dibattito pubblico: basti pensare alle accuse di Donald Trump sui non meglio precisati finanziamenti alla carovana di migranti dell’America Latina; oppure alla campagna del premier dell’Ungheria Viktor Orbán, che ritiene Soros l’ideatore di una cospirazione per invadere di migranti l’Europa; nel Regno Unito, poi, l’88enne uomo d’affari è denigrato per la contrarietà alla Brexit, culminata nei fondi all’associazione che promuove un secondo referendum.

Spesso criticato per le contraddizioni all’apparenza inconciliabili (da un lato la fortuna guadagnata nelle speculazioni di borsa, dall’altro la filantropia), secondo il giornale inglese l’operato di Soros è stato influenzato soprattutto dall’esperienza della persecuzione razziale nell’Ungheria del secondo conflitto mondiale: fu infatti costretto alla semi-clandestinità per evitare la deportazione. Quando poi il Paese finì sotto il controllo sovietico, fuggì a Londra, dove studiando alla London School of Economics sposò le idee sulla prosperità delle democrazie del professore-filosofo Karl Popper.

Arrivato a Wall Street negli anni ’50, creò il fondo d’investimento Quantum, affermandosi come uno dei più abili speculatori finanziari. È nota in particolare l’operazione del 1992 con cui costrinse la Bank of England a svalutare la sterlina, ricavandone centinaia di milioni di dollari. L’impegno nella filantropia, iniziato nel 1984 con la fondazione della Open Society, si intensificò dopo la caduta del muro di Berlino, quando il tycoon statunitense sostenne varie cause, dal pagamento degli stipendi agli scienziati dell’ex-Urss al finanziamento delle biblioteche europee. Alla soglia dei novant’anni, Soros continua ad appoggiare le iniziative che lo convincono maggiormente, come il contrasto alla legge israeliana che sancisce il diritto all’autodeterminazione per i soli cittadini ebrei, il finanziamento del Partito Democratico statunitense o, ancora, l’implementazione di alcune strutture cruciali per l’Unione Europea: di recente ha infatti donato alla Open Society 18 miliardi del suo patrimonio personale.