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C’è un dibattito politico e culturale intorno agli orecchini “grandi”

20 Marzo 2017

Gli hoop earring, cioè gli orecchini grandi a cerchio, sono tornati di moda: li hanno inclusi nelle loro collezioni nomi della moda come Marc Jacobs, Fendi e Michael Kors, li stanno sfoggiando sempre più spesso celebrità come Rihanna e Kendall Jenner, mentre testate come Elle li hanno enumerati tra gli accessori “must have” della stagione. La popolarità di questo tipo di orecchini, tuttavia, ha sollevato anche un dibattito di natura politica e razziale: alcuni, specie nelle comunità latine e afroamericane degli Stati Uniti, dicono che è una forma di appropriazione culturale. In altre parole, i brand della moda e la società mainstream, dunque bianca, si starebbero ingiustamente appropriando di un tipo di gioiello che “appartiene” alla cultura di colore.

Il dibattito, già in corso da mesi sui social media e nei campus universitari, è stato recentemente galvanizzato da un episodio. Al Pitzer College, un piccolo college liberale nella contea di Los Angeles, è comparso un vistoso graffito che invitava le studentesse bianche a smettere di indossare gli orecchini grandi a cerchio: la scritta gialla “White girls, take off your hoops” in lettere cubitali troneggiava su un muro dipinto di nero. La vicenda ha ottenuto risonanza su vari media americani, spingendo qualche commentatore a porsi delle domande: gli hoop earring “appartengono” alle donne di colore? E, se una donna bianca se li mette, questo costituisce una mancanza di rispetto nei loro confronti?

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Un articolo che riassume bene la vicenda, e le questioni da essa sollevate, è apparso su i-D: «Gli orecchini a cerchio sono un accessorio popolare da decenni, passando per Cher negli anni Sessanta a Madonna negli Ottanta, ma hanno una storia molto radicata nelle comunità di colore. La valenza storica degli hoop earring è venuta alla luce quando tre studentesse latine hanno mandato un messaggio alle loro compagne al Pitzer College. Alegria Martinez, una delle studentesse responsabili del graffito, ha anche scritto un’email in cui diceva di non poterne più di vedere ragazze bianche che si appropriavano di uno stile che «appartiene alla gente nera e di colore».

L’articolo di i-D inserisce questa storia in un contesto in cui «i designer, le celebrità e i rivenditori sono spesso accusati di prendere degli stili, provenienti da gruppi marginalizzati che considerano “cool”, senza alcuna considerazione per il contesto». La vicenda però si inserisce anche in un dibattito più ampio sull’appropriazione culturale che si sta svolgendo nei campus nordamericani: nel 2016, per esempio, c’era stata una controversia in un altro campus californiano, dove uno studente afroamericano si era lamentato dei suoi compagni bianchi coi dread, mentre nel 2015 un’università canadese aveva sospeso un corso di yoga in quanto forma di appropriazione di una pratica indiana. Quello di “appropriazione culturale” è un concetto molto carico di implicazioni politiche, e che rimanda a discorsi sull’imperialismo e lo sfruttamento delle minoranze. Tuttavia è anche stato molto criticato da alcuni antropologi, secondo cui le pratiche culturali si diffondono, nel tempo e nello spazio, proprio perché vengono prese “in prestito” in contesti che non sono quelli originali.

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