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Anche stavolta il premio di Designer of the Year l’ha vinto Jonathan Anderson È la terza volta consecutiva, stavolta ha battuto Glenn Martens, Miuccia Prada, Rick Owens, Martin Rose e Willy Chavarria.
L’Oms ha detto che i farmaci come Ozempic dovrebbero essere disponibili per tutti e non solo per chi può permetterseli Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in futuro bisognerà garantire l'accesso a questi farmaci a chiunque ne abbia bisogno.
Aphex Twin ha caricato a sorpresa su SoundCloud due nuovi brani ispirati a una vacanza in Sicilia Le tracce sono comparse a sorpresa e sarebbero state ispirate da una vacanza italiana del musicista, intristito dalla pioggia autunnale.
Il sindaco di Pesaro si è dovuto scusare perché ha coperto di ghiaccio la statua di Pavarotti per far spazio a una pista di pattinaggio Ma ha pure detto che Pavarotti resterà "congelato" fino a dopo l'Epifania: spostare la statua o rimuovere la pista sarebbe troppo costoso.
Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore che si era travestito da sua madre per riscuoterne la pensione Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.

Ogni cosa è design

Un’altra faccia del Salone al The Mall di Porta Nuova, dove tutto è disegnato, anche quello che non ti immagini.

14 Aprile 2016

«Tutto è stato disegnato, ogni cosa che abbiamo, vediamo, tocchiamo». Così, in una recente intervista per Studio ha parlato Marva Griffin, anima storica del Salone del Mobile e ideatrice del Salone Satellite, il “talent” per giovani designer. Tutto insomma è design, e sembra essere questa pure la direttiva di Space & Interiors, sottotitolo «le finiture protagoniste di una grande mostra evento». Tutto è stato disegnato, anche i pavimenti, le porte, maniglie, i serramenti, le carte da parati, tutto quello che c’è in casa che non sia il mobile in senso stretto, e questo spin-off del Salone ufficiale è un numero zero fatto appunto per metterlo in mostra. Pure lo spazio è sufficientemente nuovo, il The Mall di Porta Nuova che già ospitò la famosa “cena democratica” di raccolta fondi per Matteo Renzi e da cui è passata varia umanità tra moda, media e business che si fanno in città. «Questo posto non è stato scelto a caso, con la sua architettura è al centro della nuova Milano e della percezione che ne abbiamo tutti, italiani e stranieri arrivati qui in questi giorni», mi dice Giovanni Grassi, direttore generale di MADEexpo, la biennale di edilizia e architettura che organizza l’evento.

È, questa, un’altra faccia del Salone, un Salone fuori dal Salone anche se non completamente Fuorisalone (si perdoni il giochetto di parole). Alla Fiera di Rho, dove espongono i Grandi, Space & Interiors è direttamente collegato (servizio navetta ogni quarto d’ora dalle 15.30 in poi), con il Fuorisalone è in comunicazione stretta perché sta aperto fino al 16 aprile e ogni giorno fino alle 21.30, intercettando così quel tipo di pubblico che è in giro per la città a cercare l’installazione arty o l’archistar del futuro nascosto in un cortile di Zona Tortona o anche solo – più presumibilmente – un bicchiere di prosecco gratis in una delle Cinque Vie.

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The Mall è stretto e lungo ed è diventato un’unica strada con una cinquantina di espositori, porte, finestre, parquet, tutti in ordine, contro la dispersione che avverte chi passa da Salone e Fuorisalone, dove tutto è variamente moltiplicato. «L’idea era proprio quella di una sola via o più propriamente un passage alla parigina, su cui affacciano le diverse botteghe», dicono Ico Migliore e Mara Servetto, il duo che ha curato l’allestimento, loro sì archistar. «Ma non dev’essere una fiera, un mercato: questo è un luogo completamente nuovo, un ponte tra design e prodotto, che va comunicato meglio al pubblico. La gente che viene al Salone e al Fuorisalone è molto cambiata, è decisamente più consapevole e informata, ha un gusto che sa indirizzare con precisione. Anche i tempi sono dunque abbastanza maturi per dire loro che no, queste non sono solo porte o serramenti: sono pezzi equivalenti a tutto quello che si vede in Fiera».

Il quesito è inevitabile: il marmo di un tavolino per così dire firmato vale più di quello che scegliamo per i pavimenti di casa (previo il poterselo permettere, certo)? Il divano celebrato da riviste specializzate o semplici instagramer merita la scena più di una porta blindata? «È sempre una questione di gerarchia e soprattutto di gerarchizzazione delle cose, che spesso si rivela un grosso limite», commentano Migliore+Servetto (questa la loro firma). «È un errore di chi fa progettazione affermare che ci siano cose più importanti, pezzi più nobili e meritevoli di attenzione rispetto ad altri. Non vogliamo fare i professori ma, come diceva Christopher Alexander, la progettazione è un insieme di scelte organizzate, che riguardano anche il più piccolo dei dettagli. Il bello del design, oggi, è proprio questo: tenere tutto insieme, far convivere quello che storicamente è considerato “alto” con ciò che solo apparentemente è di minore importanza».

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Ogni sera, alle 18.30, c’è pure un “archicocktail”, così è stato ribattezzato, un momento dove bere birra ascoltando i racconti dei designer (i primi sono stati proprio Migliore e Servetto). In mezzo al passage si alzano torri in cui sono riprodotti piccoli plastici di case famose, il sogno – però di lusso – di un qualsiasi Bruno Vespa. Ci sono camere d’albergo anni Cinquanta progettate da Giò Ponti e cucine studiate da Carlo Mollino, villini belgi e foyer milanesi, tutti reinterpretati con i materiali delle aziende che espongono a Space & Interiors. «È una rilettura contemporanea di ciò che consideriamo classico, per spiegare che non c’è più una via univoca al design», dice Giovanni Grassi. «Questo evento vuole mostrare il lavoro delle aziende al pubblico, che di sicuro potrà recepire spunti nuovi, ma anche parlare con le aziende stesse: se si dà loro una maggiore visibilità e non le si tiene relegate solo nell’ambito di ciò che è “tecnico”, allora saranno anche spronate a fare meglio».

Tutto è disegnato, e soprattutto tutto è raccontabile. «Viviamo in epoca di storytelling, purtroppo oggi è inevitabile voler narrare una storia, anche quando si fa un semplice allestimento architettonico», scherzano Ico Migliore e Mara Servetto. «Ma noi ne facciamo più una questione di identità: qual è l’anima del design, oggi? E cosa deve fare un progettista per catturarla? Hai visto: abbiamo cominciato coi serramenti, e siamo finiti addirittura a parlare di spiritualità».

Foto: courtesy Salone del Mobile.
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