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La campagna pubblicitaria di Sydney Sweeney per American Eagle è sempre più un caso politico Dopo le polemiche sullo slogan scelto per accompagnare le foto a difendere l’attrice è intervenuta anche la Casa Bianca.
È morto Robert Wilson, il regista che inventò l’opera teatrale totale Con spettacoli come Einstein on the Beach portò musica, videoinstallazioni e l’interdisciplinarietà a teatro, modernizzandone il linguaggio.
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A Newton, in Massachusetts, i residenti stanno protestando perché è stata rimossa la bandiera italiana dipinta su una strada La linea tricolore era un simbolo storico: la sindaca ha difeso la scelta parlando di esigenze di sicurezza stradale.

Negli oceani il rumore prodotto dagli uomini si sta facendo insopportabile

05 Febbraio 2021

Quando si parla di inquinamento degli oceani, si pensa immediatamente al problema della plastica, e più in generale ai rifiuti abbandonati, e agli sversamenti, ma c’è un altro tipo di inquinamento di cui dovremmo discutere. Si tratta di quello acustico, perché oltre a riversare in mare una quantità spropositata di spazzatura, gli esseri umani fanno un sacco di rumore. Lo rivela un nuovo studio, il primo esaustivo in materia, sulla prevalenza e l’intensità dell’impatto del rumore oceanico antropogenico, pubblicato sulla rivista Science. «Il passaggio delle grandi navi, i rilievi sismici, i cannoni ad aria compressa, i battipalo [una macchina per infiggere i pali nel terreno, ndr], la pesca con la dinamite, le piattaforme petrolifere, i motoscafi e persino il surf hanno reso l’oceano un luogo insopportabilmente rumoroso per la vita marina», scrive il New York Times commentando la ricerca, che è nata dalla collaborazione tra 25 autori di tutto il mondo attivi in vari campi dell’acustica marina, ed è la più grande sintesi di prove sugli effetti dell’inquinamento acustico oceanico.

Il rumore antropogenico spesso soffoca i paesaggi sonori naturali, sottoponendo la vita marina a uno stress immenso. Nel caso dei piccoli di pesce pagliaccio, ad esempio, il rumore può persino condannarli a vagare per i mari senza direzione, incapaci di trovare la strada di casa. Ed è solo uno dei tanti effetti negativi dei rumori da noi prodotti sugli ecosistemi marini: nell’oceano, i segnali visivi scompaiono presto e i segnali chimici si dissolvono dopo centinaia di metri, mentre il suono può viaggiare per migliaia di miglia e «collegare gli animali attraverso i bacini oceanici e nell’oscurità». Per questo motivo, molte specie marine si sono adattate in modo impeccabile per rilevare e comunicare con il suono: le balene cantano, i delfini si chiamano con dei “nomi”, le foche emettono un suono specifico simile a un trillo. L’oceano non è naturalmente silenzioso, anzi, sottolineano i ricercatori: il problema è che i rumori prodotti dagli uomini hanno iniziato a sovrastare quelli naturali, ai quali gli animali sono abituati e che sanno come interpretare, generando confusione e, di fatto, contribuendo a mettere a repentaglio la vita di molte specie.

Tuttavia, risolvere questo problema potrebbe rivelarsi più semplice di molti altri con cui oggi combattiamo e lo scopo dello studio è proprio sensibilizzar sulla questione. Esistono infatti già molte soluzioni all’inquinamento acustico di origine antropica, anche abbastanza semplici. «Rallenta, sposta la corsia di navigazione, evita le aree sensibili, cambia le eliche», ha spiegato uno dei ricercatori al Nyt. Molte navi fanno affidamento su eliche che causano una grande quantità di cavitazione: minuscole bolle si formano attorno alla pala dell’elica e producono un orribile rumore stridente. Ma esistono metodi alternativi e altri sono in lavorazione, per cui l’urgenza è regolamentare il traffico marino e settare degli standard al di sotto dei quali non possiamo più permetterci di scendere.

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