Attualità

“Dragostea din tei”, dieci anni fa

La storia del più grande successo della musica pop romena, che domani compie dieci anni ed è iniziato proprio qui in Italia. Il nostro passato recente fatto di tamarri, squilli e pessimi video musicali.

di Pietro Minto

Quando il primo agosto 2003 gli O-Zone pubblicarono il singolo “Dragostea din tei” in Romania, Dan Bălan era già una star del pop romeno. L’artista, nato in Moldavia nel 1979, aveva suonato negli Inferialis, una band doom metal, ma nel 1999, seguendo il fenomeno delle boy band, si era convertito al pop fondando con Petru Jelihovschi la boy band O-Zone. Il loro esordio “Dar, unde eşti” (1999) è il primo e ultimo album del gruppo con questa formazione, perché Jelihovschi capisce presto di non voler percorrere una carriera nel mondo della musica ed esce dal gruppo. Bălan, all’epoca ventenne, rimane così solo, costretto a provare la via delle audizioni per creare i “nuovi” O-Zone, che diverranno un trio grazie all’aggiunta di Radu Sîrbu e Arsenie Todiraş. Narra la leggenda – e Wikipedia – che a garantire a quest’ultimo, conosciuto anche con l’enigmatico appellativo di “Arsenium”, l’entrata nella band sia stata una meravigliosa interpretazione di “Love Me Tender”, capace di convincere l’altrimenti dubbioso Bălan del suo talento.

Era il 1999. Il mondo era già pronto a fare l’amore tra le piante di tiglio: era solo questione di tempo. Prima del successo internazionale, infatti, si passa per “Number One”, esordio degli O-Zone nella nuova formazione, un album trainato dal singolo “Despre tine” (“Su di te”), che nel febbraio del 2002 raggiunge la prima posizione nella classifica dei dischi più venduti in Romania, rimanendoci per tre settimane. Il video mette insieme alcuni dei topoi che ricorreranno in quello di “Dragostea din tei”, come il machismo tecnologico (che li porta qui a viaggiare nel tempo, altrove a cantare sull’ala di un aereo), le scene di ballo fuori contesto che sembrano pescate a caso da un altro video, l’uso raffazzonato di effetti speciali lo-fi. È tutto molto luminoso e non manca il guizzo autoironico nella comparsata di un tale “Brad Pitt” a fare la “guest star”. “Despre tine” è un successo che rimane chiuso nell’angusto panorama musicale rumeno, una farfalla che ha sbattuto le ali ma non abbastanza forte da provocare il proverbiale uragano nel resto del mondo.
 

 

Il posto sotto le piante di tiglio

L’uragano arriva l’anno successivo, nel 2003. E qui arriviamo ai primi problemi storiografici. Domani, 19 aprile 2014, sarà il decimo anniversario della pubblicazione worldwide di “Dragostea din tei”, la hit degli O-Zone. E allora perché interrompersi al 2003, un anno prima? Diciamo solo che è colpa nostra. La storia del più grande successo musicale rumeno della Storia infatti subisce uno shock quando incontra l’Italia, il primo Paese al di fuori della Romania in cui “Dragostea din tei” raggiunge la cima della classifica, nel febbraio del 2003. A rubare il cuore dei discutibili teenager nostrani è infatti la versione di “Dragostea din tei” del duo italo-romeno Haiducii (“I fuorilegge”) che, fiutando le potenzialità del brano, ne realizzano una versione smaccatamente dance, più scarna, spogliata dai pochi orpelli musicali che contraddistinguono quella degli O-Zone, sacrificata nell’altare del tunz-tunz. Al posto dei botta e risposta a tre voci del trio, gli Haiducii propongono un’unica voce femminile che ben sfrutta i molti hook del pezzo, rendendoli cori da stadio. Ed è subito tormentone, ed è subito Tagadà: “maia i maia u / numa numa ie”.
 

 
Una cover per cui gli Haiducii non hanno nemmeno chiesto il permesso a Bălan e soci (una pratica che all’epoca era ancora legale): una beffa che a distanza di anni ancora brucia nel cuore di Arsenie Todiraş (che la definirà «un tradimento»). Il remix crea comunque curiosità attorno al prodotto originale, procurando agli O-Zone un contratto di un anno con l’etichetta discografica italiana Time Records, che guida il brano verso la diffusione europea sotto l’egida della Polydor Records. Arriviamo così al 19 aprile 2004, giorno in cui “Dragostea din tei” viene distribuito globalmente, portando il verbo dello “numa numa ie” nel resto del mondo. In Europa il brano toccherà la vette della classifica in Austria, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Olanda, Norvegia e Svizzera, fermandosi “solo” al terzo posto nel Regno Unito e in Svezia. Ad accompagnare il tormentone, uno spettacolare video in cui i nostri surfano su un aereo (ad elica) in volo vestiti come gli East 17 alla loro comunione, per poi passare in studio di registrazione, dove si abbracciano molto mentre cantano il brano. Poi tornano sull’aereo. Uno di loro è vestito tutto di giallo.
 

 
Come il fenomeno “Gangnam Style” ci ha insegnato, la conquista dell’occidente da parte di una canzone cantata in una lingua atipica nel pop contemporaneo – il coreano, il rumeno – è un fatto rarissimo, che dona alle hit un sapore particolare: la possibilità di canticchiarle male, senza avere la più pallida idea di cosa si stia dicendo. Grazie alle radici romanze in comune, il pubblico neolatino ha potuto pronunciare il testo con dovizia immaginando un universo mistico in cui la frase “numa numa ie” ha un senso chiaro (nessuno ha mai tirato in ballo il Kbg, una delusione). Il mistero del testo della canzone è rimasto nel tempo e va sfatato: la prima strofa, per esempio, contiene una presentazione che racconta uno spaccato di vita adolescenziale nei primi anni Duemila: gli “squilli”.

«Ehi, ciao / Pronto, ciao, sono io, un fuorilegge / E ti prego, amore mio, ricevi la felicità / Pronto, pronto, sono io, Picasso / Ti ho fatto uno squillo e sono carino / Ma sappi che non ti chiedo niente».

O qualcosa del genere – le traduzioni disponibili sono molto ballerine e non sembrano essere realizzate da professionisti del settore. La lingua è ostica, a tratti criptica, il titolo stesso può significare «amore tra le piante di tiglio» ma anche, scrive The Believer, alludere a un quartiere hipster di Bucarest o al primo rapporto sessuale. Nonostante tutto il tormentone in romeno miete vittime tra milioni di italiani.

(Coincidenza per storici lisergici in erba: il 2004 è un anno d’estrema difficoltà per la Lega Nord – partito che farà della causa anti-rumeni una raison d’être – anche a causa della malattia di Umberto Bossi.)

Il classico degli O-Zone è rimasto incastrato in un momento storico in cui internet era ormai piuttosto diffuso ma non aveva ancora invaso il nostro quotidiano. La diffusione culturale del brano – e la sua mutazione in “tormentone” – è quindi da porre in un punto di passaggio tra la “Macarena” – esplosa in un’epoca pre-internet di massa – e “Gangnam Style” – sbocciata invece sulle creste ormai alte dei social network globali. Video musicali, quindi, visto che all’epoca Mtv ancora li trasmetteva, radio e le ovvie discoteche. Poco internet. Anche se, a dire il vero, “Dragostea din tei” è riuscito a diventare un meme.
 
 

La rete, il meme, il tormentone

Nel 2004 Gary Brolsma era un diciannovenne grassoccio del New Jersey la cui somatica rispecchiava  fin troppo quella dello stereotipo del “nerd obeso che sta davanti al computer”. Il 6 dicembre di quell’anno, annoiato, decide di registrare un video divertente da condividere con qualche amico. Secondo Brolsma il video finì per essere caricato online a sua insaputa, su un sito chiamato Newground.com (il cui nome, scomparso come una scritta sulla sabbia, la dice lunga su come sia cambiato l’ecosistema online in appena dieci anni) e immortala il ragazzo mentre si lascia andare a un ballo allegro e disperato sulle note della canzone, mimandone il testo e muovendo il corpo davanti al pc, mentre canta: “Numa numa ye” e sembra felice.
 

 
Materiale scottante che diventa virale, viene ripreso da moltissimi siti, passato di mano in mano come l’ultima stramberia del web. Brolsma finisce pure ospite della trasmissione televisiva Good Morning America, il suo ballo stanziale risuona sulle tv di tutto il mondo per tornare quindi su internet, dove altri utenti cominciano a registrare versioni personali dei passi del Brolsma. È così che “Dragostea din tei”, da noi rimasto un fenomeno da discoteca e fiere paesane, è diventato altrove un meme, a causa dello sfottò collettivo di un ragazzo sovrappeso e convinto. In tal modo è continuata anche la moltiplicazione del brano in tante minuscole “cover” – simili a quella degli Haiducii – tutte focalizzate sul “Numa numa ye”.

Qualche mese dopo Brolsma dichiara al New York Times di voler porre fine al carrozzone mediatico, anche se ad oggi il video originale nella pagina di Newgrounds conta più di 15 milioni di visite, numero che lo rende un colossal della viralità di primo pelo e conferma quanto il successo del brano degli O-Zone si sia basato sulla sua vernacolarità. All’epoca ognuno canticchiava il suo “Numa numa ye”: ironicamente, con convinzione, perché lo si sentiva dappertutto o per prendersi gioco di un ragazzo su internet. Prima la versione del duo italo-rumeno che sfonda nel nostro Paese, poi l’invasione dell’Europa, poi la fase 2.0 e la sua meme-ificazione, a cui segue solerte la versione inglese del brano, “Ma Ya Hi”, nata proprio per approfittare della “numanumamania” del fenomeno Gary Brolsma. “Ma Ya Hi” riuscirà a entrare nelle classifiche Usa esaudendo brevemente il desiderio Dan Bălan, per poi scomparire nel nulla.
 

 
Pensavate che quella canzone fosse solo l’inno dei ragazzi dell’I.T.I.S.? E invece eccovi la preistoria della viralità. Ovvero, i giorni nostri. E a proposito di giorni nostri: che fine hanno fatto gli O-Zone?
 
 

Dopo il “numa numa ie”

Il trio, dopo aver offerto un campione a un pezzo in cui canta pure Rihanna, si è sciolto il 13 gennaio 2005. Dan Bălan ora vive a New York, continua a produrre musica per conto altrui e a sua nome, e si è ritagliato un notevole spazio nella scena musicale che va dalla Romania alla Russia. Ha un bel sito internet e un manager che non risponde alle mail. Qui lo vediamo vincere per la terza volta di fila un premio ai Russian Music Awards.
 

 
Qui invece c’è il suo ultimo successo, “Lendo Calendo”, uscito la scorsa estate, che su Youtube conta più di 11 milioni di visite. Regia e fotografia sono migliorati, le immagini risultano più definite. Fa piacere ritrovarvi il topos della velocità, anche se la musica è drammaticamente cambiata: un ritmo dance-gitano su cui il nostro duetta con una bella bionda mentre gli inserti di rap ci teletrasportano placidamente nel nuovo millennio.
 

 
Le cose cambiano e finiscono: gli O-Zone non ci sono più e Dan Bălan fa video preziosi; non vola più ma guida una macchina decappottabile in un deserto mentre la sua partner vestita di rosso canta con lui. Le cose cambiano ma per noi rimarrà sempre un tamarro su Booster con marmitta Malossi che sfreccia felice tra i nostri ricordi.
 

Immagine: l’edizione mitteleuropea di “Dragostea din tei”, 2004