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Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.
Il ministero della Giustizia americano ha fatto prima sparire e poi ricomparire una foto di Trump con Epstein Il Department of Justice sostiene che tutto è stato fatto per «proteggere delle potenziali vittime di Epstein» ritratte nella foto.
Di Digger di Alejandro G. Iñárritu non sappiamo ancora niente, tranne che un Tom Cruise così strano e inquietante non si è mai visto La trama della nuova commedia di Iñárritu resta avvolta dal mistero, soprattutto per quanto riguarda il ruolo da protagonista di Tom Cruise.
C’è un’estensione per browser che fa tornare internet com’era nel 2022 per evitare di dover avere a che fare con le AI Si chiama Slop Evader e una volta installata "scarta" dai risultati mostrati dal browser tutti i contenuti generati con l'intelligenza artificiale.
Kristin Cabot, la donna del cold kiss-gate, ha detto che per colpa di quel video non trova più lavoro e ha paura di uscire di casa Quel video al concerto dei Coldplay in cui la si vedeva insieme all'amante è stata l'inizio di un periodo di «puro orrore», ha detto al New York Times.
I Labubu diventeranno un film e a dirigerlo sarà Paul King, il regista di Paddington e Wonka Se speravate che l'egemonia dei Labubu finisse con il 2025, ci dispiace per voi.

Agli Oscar hanno candidato i buoni

Dall'Academy sembrano dire: avete visto quanti neri? Quanti gay? Quante minoranze? E così le statuette dell'Academy diventano un premio per il movimentismo.

25 Gennaio 2017

Messaggio alla nazione, ma che dico al mondo: il nuovo presidente degli Stati Uniti è Donald Trump. Per chi non l’avesse ancora capito, sono arrivate le nomination agli Oscar a ricordarlo. Ieri Cheryl Boone Isaacs, presidente (afroamericana) dell’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences, era tutta gongolante all’annuncio dei candidati: avete visto quanti neri? Quanti gay? Quante minoranze di ogni genere e grado? Quanti discriminati, bullizzati, quante femminicidiate? Con un sottotesto ulteriore: l’anno scorso – quello degli #OscarsSoWhite, vale a dire la Fiera del Bianco – ci avete dato dei razzisti; ora che c’è un vero razzista alla Casa Bianca, osate ancora parlar male di Hollywood?

Dei nove film nominati, due sono a tema (per così dire) nero: Moonlight e Il diritto di contare (Hidden Figures). Uno parla di bambini indiani sperduti e adozioni: Lion. Su venti attori nominati, sei sono afroamericani, più uno di origine indiana (Dev Patel). Il record di cui l’Academy già si fregia sta nella cinquina delle attrici non protagoniste, per la prima volta a maggioranza nera: Viola Davis per Barriere (Fences), Naomie Harris per Moonlight, Octavia Spencer (già vincitrice nel 2013 con The Help) per Il diritto di contare. Viola Davis, che certamente vincerà, è anche la prima attrice afroamericana a essere stata candidata tre volte. È dunque già preventivamente assicurato: qui si fa la Storia, signori.

TOPSHOT-US-POLITICS-TRUMP-PROTEST

L’altro record (in realtà è un pareggio) è detenuto da La La Land di Damien Chazelle, quattordici candidature totali come in passato Eva contro Eva e Titanic. È senza dubbio il film dell’anno – l’abbiamo scritto – ma a questo punto la sua vittoria non è più così scontata. A un mese dall’insediamento di The Donald, può Hollywood non cogliere la ghiottissima possibilità di premiare un titolo che in un colpo solo parla di neri, froci, bullismo, integrazione (inteso ovviamente come: difficoltà di), droga? E cioè Moonlight: è lui il concorrente più pericoloso per La La Land. Il paradosso è che, messo a confronto con un musical che omaggia il cinema-come-una-volta ma che in realtà racconta i sogni e le frustrazioni della contemporaneità, il film-di-neri più acclamato dell’anno schiera un immaginario vecchio, anzi decrepito. Per questo fa così paura: i votanti dell’Oscar in tutto ciò che è vecchio ci sguazzano.

Il cinema americano sta vivendo un’ondata di anti-trumpismo come manco qui da noi ai tempi di Silvio il Caimano. Sono solo più veloci: un paio di mesi e la protesta è già organizzatissima, per non parlare di quanto è telegenica. Discorsi accorati in mondovisione, marce femministe, per sintetizzarlo in due parole: Meryl Streep. La Fiorella Mannoia d’America (ah no, oggi la vera Mannoia è in odore di grillismo, cambia todo cambia) è il baluardo su cui Hollywood può sempre contare, oggi di più: la più stimata delle dive si è scoperta fiera girotondina, da “attrice più brava del mondo” può permettersi ciò che vuole. Quando, dopo l’infuocato discorso di lei agli ultimi Golden Globe, Trump ha azzardato l’aggettivo «sopravvalutata», si è gridato alla lesa maestà. Anche Streep detiene un record personale in questa edizione degli Oscar: è la prima attrice ad aver raggiunto le venti candidature totali (tre sono diventate statuette), i secondi in classifica si fermano a dodici (Katharine Hepburn e Jack Nicholson). Nel delizioso Florence di Stephen Frears è al solito impeccabile, ma certo quel posto tra le migliori attrici protagoniste tolto a Amy Adams (candidabile sia per Arrival sia per Animali notturni) è un chiaro risarcimento dell’Academy verso tutto quel che sta facendo come movimentista di piazza. Per parlare di cose nostre: è stata Streep, da presidente di giuria al Festival di Berlino dell’anno scorso, ad assegnare l’Orso d’oro a Fuocoammare di Gianfranco Rosi, adesso in corsa per l’Oscar come miglior documentario. Meryl la pasionaria gli porterà fortuna pure il 26 febbraio? Da Trump a Lampedusa, sarà una lotta più agguerrita del referendum, tra i buoni e i cattivi di Hollywood.

Immagini Getty Images
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