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Si è scoperto che il Fedora Man, l’elegantissimo uomo fotografato il giorno della rapina al Louvre, è un 15enne che si veste sempre elegantissimo Non un giornalista né un detective né un cosplayer né un buontempone: Elias Garzon Delvaux è solo un ragazzo a cui piace vestire elegante e visitare musei.
Lo scandalo che ha portato alle dimissioni dei capi della Bbc ricorda molto la trama di The Newsroom 2 di Aaron Sorkin Il video manipolato di un discorso di Donald Trump ha portato alle dimissioni del direttore generale Tim Davie e della Head of News Deborah Turness.
Alla COP30 non ci saranno i leader di Stati Uniti, Cina e India, cioè dei tre Paesi che inquinano di più al mondo Alla Conferenza sul clima di Belém, in Brasile non ci saranno né Trump né Xi né Modi: la loro assenza, ovviamente, è un messaggio politico.
Un imprenditore ha speso un milione di dollari per promuovere una collana AI a New York e tutte le sue pubblicità sono state vandalizzate Avi Schiffman voleva far conoscere il suo prodotto ai newyorchesi. Che gli hanno fatto sapere di non essere interessati all'amicizia con l'AI.
Stranger Things sta per finire ma ricomincerà subito, visto che Netflix ha già pronto lo spin-off animato S’intitola Tales From ’85 ed espande la storia ufficiale tra la seconda e la terza stagione, riprendendone i personaggi in versione animata.
Gli azionisti di Tesla hanno entusiasticamente approvato un pagamento da un bilione di dollari a Elon Musk  Se Musk raggiungerà gli obiettivi che l'azienda si è prefissata, diventerà il primo trillionaire della storia incassando questo compenso da mille miliardi.
Nel primo trailer de La Grazia di Paolo Sorrentino si capisce perché Toni Servillo con questa interpretazione ha vinto la Coppa Volpi a Venezia Arriverà nella sale cinematografiche italiane il 15 gennaio 2026, dopo aver raccolto il plauso della critica alla Mostra del cinema di Venezia.
Nel nuovo album di Rosalia c’è una canzone in italiano dedicata a San Francesco e Santa Chiara Si intitola "Mio Cristo Piange Diamanti", che lei definisce «la sua versione di un'aria», cantata in un perfetto italiano.

I Millennial più vecchi sono molto diversi dai Millennial più giovani

24 Aprile 2017

Con il termine “Millennial” si intende solitamente la generazione nata tra l’inizio degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta, anche se esistono piccole differenze nell’utilizzo di questa definizione: il Census Bureau, cioè l’equivalente americano dell’Istat, definisce Millennial chi è nato tra il 1982 e il 2000; il Pew, uno dei più noti centri studi privati del Nord America, utilizza invece l’intervallo 1981-1997; la società di sondaggi Gallup poi include anche i nati nel 1980. In ogni caso, la categoria racchiude sia persone che oggi hanno circa 35 anni sia altre che sono ancora nella fase finale dell’adolescenza: un lasso di tempo molto ampio che porta con sé molte differenze. Jesse Singal, giornalista del New York classe 1983, ha dedicato un articolo a queste differenze.

L’idea gli è venuta quando ha realizzato di riconoscersi poco nell’immagine dei Millennial, spesso ventenni, che veniva rappresentata dai media. Inizialmente Singal pensava che non ci fosse nulla di strano nel suo riconoscersi poco nella categoria dei Millennial: dopotutto, le generazioni sono spesso ritratte in modo stereotipato dai media, inoltre comprendono sempre un lasso di tempo grande. Tuttavia, dopo avere parlato con due studiose esperte di questioni generazionali, Juliet Lapidos e Jean Twenge, il giornalista ha concluso che esiste una differenza sostanziale tra i Millennial più anziani e quelli più giovani e che questa differenza è probabilmente maggiore rispetto alle differenze interne in altre generazioni, come la generazione X e i baby boomer.

millennial

Questa differenza, hanno fatto notare le due studiose, si spiega partendo da due degli eventi che più hanno condizionato l’identità di questa generazione: la crisi internazionale del 2008 e la diffusione su vasta scala della comunicazione digitale. I Millennial più grandi, quelli nati dal 1988 in poi, non sono veri nativi digitali, inoltre hanno trascorso gli anni più formativi, quelli delle medie e dell’inizio del liceo, in un periodo in cui le tecnologie digitali, per quanto già diffuse, erano molto meno pervasive di oggi. Questa differenza, probabilmente, si traduce in un rapporto diverso con la comunicazione che persiste ancora oggi, anche se i dati su questo tema scarseggiano.

Invece la differenza tra i Millennial più adulti e quelli più giovani sulle questioni economiche, lavorative e di studio è ben documentata, spiega Singal. Quando è arrivato il crollo dei mercati, nel 2008, gli appartenenti alla prima categoria stavano già lavorando, o stavano comunque terminando il percorso di studi. Questo significa che molti sono riusciti a entrare nel sistema del lavoro prima che collassasse. Indipendentemente dai risultati in termini di carriera, poi, i Millennial più vecchi «sono stati cresciuti ed educati in un periodo in cui ci è stato promesso che se avessimo seguito le regole in un certo modo, ci sarebbe stato un buon posto di lavoro ad attenderci», e questo ha prodotto un dato modo di vedere il mondo. Per i più giovani invece il crollo della borsa è arrivato quando erano ancora ragazzini e questo ha finito per dare forma al modo in cui vedevano il mondo.

«I primi Millennial sono cresciuti in un periodo ottimista e dopo sono stati colpiti dalla recessione, mentre i Millennial successivi hanno sviluppato una visione del mondo più realistica per via del fatto che hanno vissuto la recessione a un’età formativa», ha spiegato Twenge, psicologa sociale dell’università di San Diego. La ricercatrice racconta di avere notato, in rilevazioni statistiche, che i Millennial più giovani hanno un’«attitudine più pratica» al mondo del lavoro: per esempio sono maggiormente attratti da campi che offrono maggiori possibilità di impiego e sono maggiormente disposti a lavorare con orari scomodi.

 Una ragazza a Berlino 2012, un ragazzo a Manchester nel 2008 (Getty)
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