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Il più importante premio letterario della Nuova Zelanda ha squalificato due partecipanti perché le copertine dei loro libri erano fatte con l’AI L'organizzatore ha detto che la decisione era necessario perché è importante contrastare l'uso dell'AI nell'industria creativa.
Per evitare altre rapine, verrà costruita una stazione di polizia direttamente dentro il Louvre E non solo: nei prossimi mesi arriveranno più fondi, più telecamere, più monitor, più barriere e più addetti alla sicurezza.
L’unico a volere il water d’oro di Cattelan andato all’asta è stato un parco di divertimenti Lo ha comprato per dodici milioni di dollari: è stata l'unica offerta per un'opera che ne vale dieci solo di materiale.
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Il guasto di Cloudflare è stato così grave che ha causato anche il guasto di Downdetector, il sito che si occupa di monitorare i guasti su internet Oltre a X, ChatGPT, Spotify e tanti altri, nel down di Cloudflare è andato di mezzo anche il sito a cui si accede quando tutti gli altri sono inaccessibili.
Il nuovo film di Sydney Sweeney sta andando così male che il distributore si rifiuta di rivelarne gli incassi Christy sembra destinato a diventare il peggior flop dell'anno, il quarto consecutivo nel 2025 dell'attrice.
Diversi grandi hotel sono stati accusati di fare offerte ingannevoli e fuorvianti su Booking L’authority inglese che si occupa di pubblicità ha scoperto che quelle convenientissime offerte non sono mai davvero così convenienti.

I Millennial più vecchi sono molto diversi dai Millennial più giovani

24 Aprile 2017

Con il termine “Millennial” si intende solitamente la generazione nata tra l’inizio degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta, anche se esistono piccole differenze nell’utilizzo di questa definizione: il Census Bureau, cioè l’equivalente americano dell’Istat, definisce Millennial chi è nato tra il 1982 e il 2000; il Pew, uno dei più noti centri studi privati del Nord America, utilizza invece l’intervallo 1981-1997; la società di sondaggi Gallup poi include anche i nati nel 1980. In ogni caso, la categoria racchiude sia persone che oggi hanno circa 35 anni sia altre che sono ancora nella fase finale dell’adolescenza: un lasso di tempo molto ampio che porta con sé molte differenze. Jesse Singal, giornalista del New York classe 1983, ha dedicato un articolo a queste differenze.

L’idea gli è venuta quando ha realizzato di riconoscersi poco nell’immagine dei Millennial, spesso ventenni, che veniva rappresentata dai media. Inizialmente Singal pensava che non ci fosse nulla di strano nel suo riconoscersi poco nella categoria dei Millennial: dopotutto, le generazioni sono spesso ritratte in modo stereotipato dai media, inoltre comprendono sempre un lasso di tempo grande. Tuttavia, dopo avere parlato con due studiose esperte di questioni generazionali, Juliet Lapidos e Jean Twenge, il giornalista ha concluso che esiste una differenza sostanziale tra i Millennial più anziani e quelli più giovani e che questa differenza è probabilmente maggiore rispetto alle differenze interne in altre generazioni, come la generazione X e i baby boomer.

millennial

Questa differenza, hanno fatto notare le due studiose, si spiega partendo da due degli eventi che più hanno condizionato l’identità di questa generazione: la crisi internazionale del 2008 e la diffusione su vasta scala della comunicazione digitale. I Millennial più grandi, quelli nati dal 1988 in poi, non sono veri nativi digitali, inoltre hanno trascorso gli anni più formativi, quelli delle medie e dell’inizio del liceo, in un periodo in cui le tecnologie digitali, per quanto già diffuse, erano molto meno pervasive di oggi. Questa differenza, probabilmente, si traduce in un rapporto diverso con la comunicazione che persiste ancora oggi, anche se i dati su questo tema scarseggiano.

Invece la differenza tra i Millennial più adulti e quelli più giovani sulle questioni economiche, lavorative e di studio è ben documentata, spiega Singal. Quando è arrivato il crollo dei mercati, nel 2008, gli appartenenti alla prima categoria stavano già lavorando, o stavano comunque terminando il percorso di studi. Questo significa che molti sono riusciti a entrare nel sistema del lavoro prima che collassasse. Indipendentemente dai risultati in termini di carriera, poi, i Millennial più vecchi «sono stati cresciuti ed educati in un periodo in cui ci è stato promesso che se avessimo seguito le regole in un certo modo, ci sarebbe stato un buon posto di lavoro ad attenderci», e questo ha prodotto un dato modo di vedere il mondo. Per i più giovani invece il crollo della borsa è arrivato quando erano ancora ragazzini e questo ha finito per dare forma al modo in cui vedevano il mondo.

«I primi Millennial sono cresciuti in un periodo ottimista e dopo sono stati colpiti dalla recessione, mentre i Millennial successivi hanno sviluppato una visione del mondo più realistica per via del fatto che hanno vissuto la recessione a un’età formativa», ha spiegato Twenge, psicologa sociale dell’università di San Diego. La ricercatrice racconta di avere notato, in rilevazioni statistiche, che i Millennial più giovani hanno un’«attitudine più pratica» al mondo del lavoro: per esempio sono maggiormente attratti da campi che offrono maggiori possibilità di impiego e sono maggiormente disposti a lavorare con orari scomodi.

 Una ragazza a Berlino 2012, un ragazzo a Manchester nel 2008 (Getty)
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