Attualità

Milano Moda, il fiuto

Collezioni che allettano con allure inebrianti e profumi, profumi, profumi. E una domanda: ma il vero fiuto è quello dei buyer o delle maison?

di Marta Casadei

(Terzo giorno di Fashion Week a Milano. Continuiamo a ospitare il report di Marta Casadei. Qui i resoconti della prima giornata e della seconda)

«Nessuno sa com’è buono in realtà questo profumo, pensava. Nessuno sa come è fatto bene. Gli altri si limitano a subirne l’effetto, anzi non sanno neppure che è un profumo che agisce su di loro e li affascina». Potrebbe essere considerata una citazione fin scontata questo brano tratto dal “Profumo” di Patrick Suskind. Ma traccia alla perfezione i contorni di un legame importante, quello tra una fragranza, chi la crea e chi la assapora.

In questo viaggio nel circo della moda guidato dai cinque sensi (più uno), l’olfatto è il fil rouge tra le esperienze della terza giornata di Milano Moda Donna. Non si tratta dell’olfatto in senso stretto: ogni collezione ha il suo profumo, la sua fragranza ben distinta. Quell’elemento che, unito alla vista, al tatto e all’udito, ammalia chi sta seduto nel parterre di una sfilata: le note dolci dei colori caldi e delle linee morbide, quelle floreali delle stampe variopinte, quelle intense delle nuances più scure e dei tagli sartoriali. C’è chi questi toni li stabilisce, il cosiddetto “ufficio stile”, e chi è in grado di interpretarli, nella fattispecie buyer ed editor.

Ed è in relazione a tutte queste figure coinvolte nel difficile meccanismo della moda, quello che da un’idea abbozzata su un moodboard fa arrivare un vestito in boutique, che assume importanza sempre maggiore una dimensione dell’olfatto diversa, ma decisiva: il fiuto. Chi tira realmente i fili sottili del successo di una collezione? Chi ha davvero fiuto per la moda? Gli stilisti che si fanno interpreti di sogni ed esigenze di un pubblico multi-sfaccettato o i compratori che, dall’altro lato della barricata, hanno il medesimo onore ed onere? La risposta è, come nel caso del profumo: entrambi. Una collezione deve lasciarsi interpretare – da qui la bravura del designer -, ma chi la interpreta, a sua volta, deve essere in grado di percepirne tutte le note. Anche quelle più nascoste.

 

MOSCHINO

Sono note intense e decise quelle della collezione Moschino, disegnata da Rossella Jardini. Il marchio non lascia da parte le stravaganze giocose che l’hanno reso famoso e manda in passerella mise black&white, ma anche broccato rosso fuoco. Gli elmetti da equitazione con logo dorato, i kilt e i cappottini in tartan rosso fuoco strizzano l’occhio alle tradizioni Brit. Una collezione dal mood sbarazzino e giovane, che conferma l’identità dell’etichetta.

 

SPORTMAX

Avvolgente, sinuosa. Come solo una collezione che appare concreta, pratica, ma in realtà è frutto di lavorazioni e costruzioni  profondamente ricercate può essere. Sportmax fa leva su un’alternanza di toni: quelli familiari come la pelliccia e quelli inediti come il feltro ricamato su liste di organza, che vanno a dare vita a gonne a pieghe contemporanee e sensuali. Declina la femminilità in note differenti: maglie dal piglio sportivo abbinate morbidi pantaloni melange, abiti ricamati, cappotti deconstrué.

 

ETRO

Un tripudio di colori, culture, profumi. La collezione Etro è un’esplosione di toni diversi, in continuo divenire, ben rappresentati dalle grafiche caleidoscopiche che si fondono le une con le altre sul videowall che fa da sfondo al defilé. Dominano le sovrapposizioni, i ricami, il patchwork. Trionfano le stampe: il paisley, motivo signature della maison, è reinterpretato in chiave nuova, contemporanea. Il profumo della collezione conquista perché stupisce: simmetrie audaci e bagliori di lurex, guanti da sci e stiletti.

 

ICEBERG

Per l’AI 2013/14 Iceberg riedita un profumo di successo. E lo fa in modo sapiente, imprimendo alla collezione un twist che la rende ben codificata, ma non già vista. Il primo look si ispira a quello sfoggiato da Giuliana Gerani – e disegnato da Jean Charles de Castelbajac – in una campagna pubblicitaria scattata da Oliviero Toscani nel 1983. Segue un trionfo di maglieria: abiti over con termosaldature e maxi zip, ma anche pull da portare con pantaloni a sigaretta. E guanti di pelliccia lunghi oltre il gomito.

 

BLUMARINE

Aggraziata, dolce, rassicurante. Anna Molinari firma una main collection che declina la couture in chiave comfort. I volumi sono morbidi e avvolgenti, fatta eccezione per le spalle ben strutturate delle giacche avvitate. Ma è anche dinamica e si evolve via via che gli outfit escono in passerella: i drappeggi danno un effetto tridimensionale alle minigonne in pelle, le bluse morbide scintillano di paillettes, i fiori in plexiglas ornano i microabiti da sera.

 

GABRIELE COLANGELO

Sperimentale e artigianale. Gabriele Colangelo è noto per le sue ricerche in chiave couture. Traslando la questione sul piano olfattivo, è come se il designer si fosse messo a selezionare e intrecciare note olfattive con perizia e cura estrema, finendo per incappare in un risultato inedito. Che forse il grande pubblico non può capire, ma racchiude in sé una potenza notevole. Il fil rouge della stagione è l’idea del non finito, della scomposizione. Attraverso bicromie, compresenza di materiali e di colori: pennellate di pixel argentei spezzano la monocromia degli abiti bordeaux come fossero lampi di luce. L’ispirazione sono le distorsioni digitali fotografiche di Laurent Segretier.