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23:10 mercoledì 17 settembre 2025
Nel nuovo film di Carlo Verdone ci sarà anche Karla Sofía Gascón, la protagonista caduta in disgrazia di Emilia Pérez La notizia ha permesso a Scuola di seduzione di finire addirittura tra le breaking news di Variety.
Enzo Iacchetti che urla «Cos’hai detto, stronzo? Vengo giù e ti prendo a pugni» è diventato l’idolo di internet Il suo sbrocco a È sempre Cartabianca sul genocidio a Gaza lo ha fatto diventare l'uomo più amato (e memato) sui social.
Ci sono anche Annie Ernaux e Sally Rooney tra coloro che hanno chiesto a Macron di ripristinare il programma per evacuare scrittori e artisti da Gaza E assieme a loro hanno firmato l'appello anche Abdulrazak Gurnah, Mathias Énard, Naomi Klein, Deborah Levy e molti altri.
Per Tyler Robinson, l’uomo accusato dell’omicidio di Charlie Kirk, verrà chiesta la pena di morte  La procura lo ha accusato di omicidio aggravato, reato per il quale il codice penale dello Utah prevede la pena capitale. 
Una editorialista del Washington Post è stata licenziata per delle dichiarazioni contro Charlie Kirk Karen Attiah ha scoperto di essere diventata ex editorialista del giornale proprio dopo aver fatto sui social commenti molto critici verso Kirk.
In Nepal hanno nominato una nuova Presidente del Consiglio anche grazie a un referendum su Discord Per la prima volta nella storia, una piattaforma pensata per tutt'altro scopo ha contribuito all'elezione di un Primo ministro.
Amanda Knox è la prima ospite della nuova stagione del podcast di Gwyneth Paltrow Un’intervista il cui scopo, secondo Paltrow, è «restituire ad Amanda la sua voce», ma anche permetterle di promuovere il suo Substack.
Luigi Mangione non è più accusato di terrorismo ma rischia comunque la pena di morte L'accusa di terrorismo è caduta nel processo in corso nello Stato di New York, ma è in quello federale che Mangione rischia la pena capitale.

Che c’è di nuovo a Milano

Oltre ai grandi marchi come Valentino, che ha riaperto il Piccolo Teatro, la settimana della moda ha visto emergere nuovi nomi di cui sarà interessante seguire il percorso.

02 Marzo 2021

Un anno di pandemia ci ha insegnato a non fare progetti. Lo ha detto anche Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, dopo lo show che si è tenuto al Piccolo Teatro lunedì 1 marzo, che ha chiuso la settimana della moda di Milano. Per la prima volta un marchio di moda entra nel luogo simbolo di un certo modo di fare cultura progressista in Italia e lo fa con una sfilata, «un atto di moda» come lo chiama Piccioli in conferenza stampa (distanziata), che di teatrale, e del Piccolo stesso, aveva molto. Un palco-set essenziale, dove i modelli sfilano, accompagnati dalla splendida voce di Cosima e dall’Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi, seguendo un fascio di luce, per poi allinearsi in una formazione finale che si riflette sugli specchi che li sovrastano. La collezione è interamente bianca e nera, con l’eccezione di qualche sprazzo d’oro, frutto di un esercizio di sottrazione con cui Piccioli ha voluto cesellare il suo messaggio per renderlo più «secco, asciutto e radicale». Un guardaroba condiviso che prende ispirazione dai codici del marchio, e da quelli della couture, ma li rielabora attraverso uno sguardo contemporaneo, come Piccioli sta facendo da molte stagioni a questa parte: i volumi si restringono e si avvicinano sempre più al corpo, e lo assecondano, mentre i capi e gli accessori (dalla giacca alla maglieria agli stivali) sono gli stessi per l’uomo e per la donna. «Mi sembrava che riaprire un teatro fosse un gesto quasi punk, in un momento in cui la cosa che ci è mancata di più è stata la condivisione di cultura e valori. E questo teatro in particolare», ha detto Piccioli, la cui progettualità su Valentino, anche in pandemia, è oggi uno dei racconti più coerenti dell’industria. È bello averlo a Milano ed è bello vedere nuovamente il Piccolo aperto, seppur per un giorno, dopo un anno senza spettacoli in cartellone.

Volgendo lo sguardo a quello che è successo durante la settimana, provoca poi una certa ebbrezza la quantità di nomi nuovi di cui si è parlato in questi giorni. Certo, ci sono stati Miuccia Prada e Raf Simons, dal loro salotto virtuale ormai diventato iconic, si perdoni la volgarità internettiana, e c’è stato Kim Jones da Fendi, alla sua seconda prova da direttore creativo che è sembrata un po’ più convincente della prima ma ancora, decisamente, in fase di elaborazione, anche se ripensare all’ultima, perfetta, sfilata di Silvia Venturini Fendi dello scorso settembre qualche dubbio viene. Poi c’è stata la performance di Francesco Risso da Marni, orchestrata da Mikky Blanco che è sempre un piacere rivedere, con un guardaroba che porta agli estremi gli abiti del lockdown e fa diventare i piumoni piumini, le code di sirena abiti, le coperte mantelle. Quella di Risso è una visione davvero interessante che, come ha scritto Angelo Flaccavento su Business of Fashion, gioverebbe di un lavoro di editing per aiutarla a venir fuori in maniera più nitida.

E come non segnalare la seconda prova di Nicola Brognano da Blumarine, ode a Britney Spears con il tocco di Lotta Volkova: la collezione è sexy, divertente e molto focalizzata, sembra la Milano dei primi Duemila e dopo un anno di lockdown ben venga questa studiatissima frivolezza. Ma a proposito di nuovi nomi, una delle critiche che spesso si fa a Milano è l’incapacità sistemica di produrre e sostenere nuovi designer e la difficoltà cronica a far emergere nuove esperienze. Nel numero di Rivista Studio ora in edicola, ho parlato con tre designer – Jezabelle Cormio, Giuditta Testa di Garbagecore e il “collettivo” di Adriana Hot Couture – che stanno costruendo il loro percorso al di fuori del tracciato di quel sistema, che per molti è soffocante, ma c’è anche chi ha deciso di starci dentro, e provare a giocare secondo le regole, magari inventandosene di nuove. Vedi Sunnei (anche loro sono sul numero 46 di Studio) che maneggiano la comunicazione digitale con una naturalezza testimone delle fondamenta con cui è nato il marchio, che digitale lo è per davvero e non per necessità. 

Per una storia di successo ormai avviato, ce ne sono altre che meritano di essere monitorate con attenzione e supportate a dovere per quella solita storia che se fossero in un’altra città sarebbero celebrati ecc ecc. E allora non dimentichiamoci che a Milano c’è Marco Rambaldi, che ha presentato il suo “Manifesto Paradisiaco”, e che lavora sul corpo e sull’inclusione in maniera organica e non stucchevole, e sta riunendo intorno a lui un gruppo di giovani donne che è interessante seguire e scoprire. C’è Act N°1, il duo formato da Galib Gassanoff e Luca Lin, che hanno prodotto il video più intenso e romantico, nel senso migliore del termine, dell’intera settimana: anche a loro gioverebbe un editing mirato, perché di sostanza ce n’è da tirar fuori. Ha debuttato invece con l’unico show in presenza in calendario (regolato dai protocolli anti Covid-19), Daniel Del Core, 31enne che si è fatto le ossa da Gucci come designer addetto alle celebrity, e che ha lanciato il marchio che porta il suo nome con una sfilata bombastica che, come ha spiegato lui stesso a Vogue Us, raccontava di couture e funghi mutanti che facevano pensare (almeno a chi scrive) dell’Area X di Jeff VanderMeer. Un inizio che fa ben sperare: i nomi ci sono, non ci resta che seguirli. 

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