Attualità

Mia Moretti

In occasione della sua data milanese, abbiamo incontrato una delle dj più chiacchierate del momento

di Davide Coppo

«Visto che abbiamo poco tempo non ti chiederò niente di Chloé Sevigny».

Mia Moretti, nel basement (lo chiamano così, sì, all’americana) dei Magazzini Generali di Milano beve champagne e aspetta il suo turno di salire sul palco, ad accompagnare Teophilus London. È in assoluto la dj più hype del momento, nonostante sia una ragazza di 27 anni di Oakley, California, all’apparenza semplice e sorprendentemente disponibile. E beh, assomiglia in maniera pazzesca a Chloé Sevigny, cosa che nessuno manca mai di farle notare. Alla mia battuta ride, mi offre il bicchiere («non posso più bere, tra poco suono», inutile dire che accetto senza complimenti) e si schernisce: «Guarda che non mi dà fastidio. She’s so sweeeet!»

È quasi mezzanotte e il locale è pieno oltre ogni misura, dal piano di sopra arrivano le casse di Uffie, che sta suonando in questo momento. Due brevi notizie su Mia: è brava, e questo lo si può scoprire facilmente su internet (un suo remix di Hot’n’Cold di Katy Perry fu un successo straordinario, nel 2008), è bella (la somiglianza con la Sevigny è garanzia di sicurezza), è estremamente camaleontica (ha suonato ai party di Vanity Fair, al SXSW, con Teophilus London e al matrimonio di Chelsea Clinton) e ha avuto due maestri d’eccezione: gente come Cut Chemist e Dj AM.
Non sembra per niente agitata, e d’altra parte, con un curriculum e un bagaglio di esperienze del genere, non c’è ragione di esserlo. Fa il lavoro più bello del mondo, le dico, metti semplicemente la musica che vuoi e se sei fortunata vedi un mucchio di gente che si diverte con te.
«Esattamente così, niente di più. Sei la prima persona che descrive esattamente il mio lavoro. È tutto totalmente vero, è la miglior sensazione che si possa provare». Provo a chiederle se, visto il suo stato di relax e il fatto che il suo nome, prima nella scena di New York e successivamente nei club di tutto il mondo, è il più chiacchierato del momento, non si senta in qualche maniera, come dire, arrivata. «Assolutamente no. Mi considero a tutti gli effetti una principiante. Sono stata molto, molto fortunata ad aver conosciuto dei dj estremamente bravi, siano amici o mentori. Paragonata a loro, sono quasi niente. Ogni serata è un po’ come il mio primo giorno, fortunatamente non ti abitui mai. Quando inizi a suonare non puoi sapere come andrà, non arrivo mai a un concerto sicura di dire “farò questo cambio, metterò questo disco e poi quest’altro e andrà tutto liscio”. Ogni evento, ogni party, ogni club è diverso. Non si può sapere come reagirà il pubblico».

Centinaia di date, di collaborazioni e di concerti, migliaia e migliaia di canzoni suonate, eppure Mia Moretti non ha ancora raggiunto il suo sogno. «La festa ideale sarebbe una sfilata alla mansion di Gianni Versace a Miami, South Beach. È un posto estremamente iconico, e Versace rappresenta uno spirito e un’energia del tutto particolari. Quando preparo una scaletta per un fashion show abbino una canzone a ogni look, e credo che lavorare per Versace mi permetterebbe di creare la playlist perfetta».

A proposito di sfilate, le chiedo quanto sia complicato districarsi e adattarsi a due mondi così diversi, la compostezza delle passerelle e il sudore e la fisicità del dancefloor. Ma anche questa volta la sua sicurezza e fiducia non si scalfisce (d’altronde fa il lavoro più bello del mondo, parole sue).«Diverso? No non è diverso per niente. Una sfilata rappresenta un lavoro più “orchestrato”. Molto lavoro viene preparato prima dello show vero e proprio. Ma la sensazione è la stessa: quando un modello esce sulla passerella il pubblico non sa cosa aspettarsi, e lo stesso succede in un club, quando una canzone finisce e ne inizia un’altra è sempre una sorpresa».

Un’ultima battuta la dedica al matrimonio di Chelsea Clinton. Un’esperienza, dice, incredibile, nonostante Mia detesti suonare ai matrimoni. Ma, anche se la sposina in questione era la figlia di uno dei più importanti presidenti statunitensi degli ultimi trent’anni, la formalità e i toni ufficiosi non hanno decisamente preso parte al ricevimento.
Dice Mia: «Ero ammalata, avevo l’influenza, ero così stanca che speravo finisse subito la festa e se ne andassero in luna di miele il prima possibile. Ma una volta iniziato si è creata un po’ d’atmosfera, ho buttato giù qualche whisky e alla fine il party è durato fino alle cinque del mattino, e Chelsea è stata davvero fantastica e gentilissima. I ragazzi continuavano a insistere perché andassi a ballare con loro , non c’erano differenze tra quel matrimonio e una normale festa di ragazzi. Erano giovani, volevano solo divertirsi». Poi, avvertita da qualcuno dello staff che non riesco a individuare, si congeda, si avvia verso la porta e quindi sul palco dove inizierà lo show. Prima di invitarmi a salire, però, riempie un altro bicchiere di champagne, e me lo offre ancora.