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La canzone più usata quest’estate su TikTok Italia è un pezzo di otto anni fa di Andrea Laszlo De Simone “Fiore mio” è Song of the Summer 2025 su TikTok, fatto che ha sorpreso prima di tutti De Simone, che non è nemmeno iscritto al social.
Father Mother Sister Brother di Jim Jarmush ha vinto il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia A The Voice of Hind Rajab di Kawthar ibn Haniyya il Gran premio della giuria, Toni Servillo vince la Coppa Volpi per la sua interpretazione in La grazia, di Benny Safdie la Miglior regia con The Smashing Machine.
Marco Bellocchio girerà un film su Sergio Marchionne Le riprese inizieranno nel 2026 e si svolgeranno in Italia, Stati Uniti e Canada, i tre Paesi della vita di Marchionne.
Il responsabile per la Salute della Florida ha detto che eliminerà tutte le vaccinazioni obbligatorie Non solo quelle legate al Covid ma anche quelle che riguardano le fasce più giovani, dal morbillo all’epatite B.
Lena Dunham ha annunciato la data di uscita del suo nuovo libro, Famesick Un memoir scritto nell'arco di sette anni che parla di «malattia, dipendenza e sofferenza amorosa».
A Broadway è arrivato il musical dell’Italian Brainrot e durante la prima ovviamente è successo di tutto Tung Tung Tung Tung Tung Tung Tung Tung Tung Sahur è stato arrestato, il pubblico l'ha presa male, la protesta è arrivata fino a Times Square.
Drake ha girato un lungometraggio in cui se ne va in giro per i luoghi di culto di Milano C'è anche la Bocciofila Caccialanza di via Padova, dove incontra Sfera Ebbasta.
Trump vuole cambiare il nome del ministero della Difesa americano in ministero della Guerra Non il più rasserenante dei messaggi per il mondo, il fatto che il segretario alla Difesa Pete Hegseth diventi segretario alla Guerra. 

Marocco, la “baraka” e la politica

L'astensione dimostra consapevolezza: non saranno i partiti a rivoluzionare il Paese e la gente lo ha capito

30 Novembre 2011

Rabat – Quando si è parlato delle possibili alleanze dovute alla vittoria degli islamici moderati marocchini, al centro stampa dell’agenzia Map erano tutti in fermento, i giornalisti; con chi si alleerà ora quel diavolo di Pjd, il partito Giustizia e Sviluppo; come si comporteranno i vari “Scilipoti” marocchini abituati a cambiare casacca per convenienza e neppure adducendo motivi di responsabilità nazionale? Chissenimporta: è invece il pensiero del marocchino medio. La percentuale di elettori è stata particolarmente bassa se confrontata con la massa popolare che ha raggiunto le urne l’estate scorsa, per decidere sulla nuova Costituzione. Approved, hanno detto via referendum. Ci basta quella come garanzia, dicono oggi, che i giornali del mondo titolano “vittoria islamica”, aiuto, le conversazioni da bar sono di tutt’altro genere: né pro, né contro. Rispetto agli entusiasmi dem che hanno animato la tornata elettorale tunisina, e oggi quella egiziana, nei locali di Rabat e Casablanca si ripassa la storia marocchina recente. Governo incapace di render conto alla popolazione, e perciò limitato dal Re Mohamed VI. La “sua” Costituzione dà un mese di tempo per capire se il primo partito (107 seggi al Pjd su 395) riuscirà a formare un governo di coalizione; altrimenti si cambia premier, cartello politico e vincitore. La gente lo sa, è tranquilla per questo.

“Hanno vinto gli islamici?”, chiede il cliente di un bar sulla cinquantina. Indice lindo: non ha votato. Ai seggi facevano una specie di tacca sulle dita, con un pennarello indelebile per evitare doppi voti, brogli che formalmente non sembrano esserci stati. “E allora? Pensi che cambieranno le loro stesse abitudini?”. Chiunque sia incaricato di guidare la coalizione, il Marocco è del Re. L’unico garante di questa vita da bar e da market della compagnia camuffati da ristoranti; uno stile di vita soft, più che da levatacce ingiustificate. Ad esempio per sapere quanti seggi hanno preso i singoli partiti. Il blocco guidato da chi ha governato finora, Istiqlal (60), è secondo con gli eletti di ispirazione socialista con cui è in coalizione. Solo 8 partiti hanno capacità di esprimere gruppi parlamentari (tra cui i liberali, artefici della coalizione per la democrazia: un flop) gli altri dieci vantano percentuali utili per qualche seggio, ma saranno poco più che comparse.

Sei povero e non fai la rivoluzione? No, io vivo nella “baraka”. Mi basta. Ci si accontenta di quello che danno le urne. Ecco spiegato l’alto tasso di astensione rispetto a luglio: quando la consultazione riguardava il verbo del Re – che ha indicato la via da seguire nei prossimi anni con importanti modifiche costituzionali – ha votato il 72 per cento degli aventi diritto. Mentre venerdì, per le legislative “dei partiti”, soltanto il 45. I più esperti, di cose della politica, usano la metafora del “mettersi d’accordo” per spiegare che in Marocco non vince il partito più votato. Tantovale pensarla così: quello che mi dà Dio accetto e con quello vivo, ciò che mi dà il Re, va bene doppiamente. “Allah yajaal al baraka”. I partiti non danno garanzie sociali né culturali. Oggi dicono una cosa, domani possono aver cambiato parere.

Eppure, a poche centinaia di chilometri, nel Maghreb, si protesta e si muore affinché ci si esprima. La democrazia non viene prima di tutto? No, grazie. Prima la vita di tutti i giorni. Gli usi e i costumi. Il Marocco resta una monarchia fiera delle sue peculiarità. La rivoluzione più attendere. La prostituzione è vietata, ma è tollerata; praticata tramite una curiosa forma di “drague”, per dirla alla francese, anche nei ristoranti della Capitale. Quel “rimorchio” nei locali che assomiglia tanto alla prostituzione occidentale, si vede nei bar alla luce delle lanterne, che oltrepassano la nuvola di fumo e illuminano i sorrisi delle donne sole. “Abbiamo una cultura che è di tutti noi: uomini e donne. C’è comunicazione in questi luoghi. Siamo già un Paese islamico: per le strade non puoi bere alcool mentre passeggi, sarebbe disturbo della quiete pubblica, la polizia interviene. Ma qui: vedi, siamo ‘a casa’”.

La foto del Re appesa in ogni locale aperto al pubblico dice che tutto questo non cambierà col governo di un politico. Lo spiega perfino il Pjd, che dopo anni di opposizione avrà l’opportunità di guidare una coalizione di governo. “Promuoveremo la finanza islamica ma non codici etici, il nostro Paese dipende dal turismo”, dicono nel quartier generale del partito. Gli ingredienti che avevano fatto innamorare Winston Churchill, di cui sono fortemente consapevoli gli stessi marocchini che non hanno votato, prevedono ancora molti sorsi di Spéciale, più che democrazia partecipativa.


(Foto: ABDELHAK SENNA/AFP/Getty Images)
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