Il nuovo sindaco di New York ha costruito il suo successo sulla cara, vecchia lotta di classe, ma introducendo due novità: si è sempre mostrato allegro e mai apocalittico.
Nella vittoria di Mamdani un ruolo importante lo hanno avuto anche i font e i colori della sua campagna elettorale
Dal giallo taxi alle locandine alla Bollywood, il neo sindaco di New York ha fatto un uso del design diverso da quello che se ne fa di solito in politica.
A poche ore dalla vittoria di Zohran Mamdani, commentatori e analisti politici stanno analizzando la sua campagna alla ricerca delle componenti che l’hanno trasformato da outsider semisconosciuto del Partito democratico a neo sindaco di New York. Un elemento molto sottovalutato ma efficacissimo nel presentare Mamdani come candidato “nuovo” è stata l’innovativo approccio grafico che ha caratterizzato i manifesti, le pubblicità, i loghi e le grafiche della sua campagna elettorale. Lontano dagli stilemi usuali della politica, Mamdani ha scelto un modo di raccontare una New York che passa per le insegne scolorite, i taxi gialli anni Novanta e quel color senape che spunta dappertutto in città, dai biglietti della metro ai cartelloni pubblicitari.
Dietro a questo progetto grafico di rottura e grande impatto visivo c’è il graphic designer Aneesh Bhoopathy, membro dei Democratic Socialists of America e collaboratore di lungo corso di Mamdani. In un’intervista a The Hollywood Reporter, Bhoopathy ha raccontato di aver preso ispirazione non solo da Bollywood ma anche dalle insegne delle bodega, dai taxi e da tanti frammenti di un’iconografia quotidiana che i newyorchesi conoscono e riconoscono immediatamente. L’idea, ha spiegato, era «costruire un’identità che sembrasse già familiare, senza apparire istituzionale». A partire dal font usato per il logo con il nome del candidato, Zohran: un carattere con grazie marcate e un’ombra colorata di blu e rosso. Il riferimento grafico evidente sono le locandine del cinema di Bollywood. Si tratta di un omaggio alle origini del candidato, figlio della regista Mira Nair, ma anche di un segnale della connessione del sindaco con chi ogni giorno cammina per le strade cittadine, prende i mezzi pubblici, vive la parte popolare della metropoli.
Una scelta forte e di rottura: niente blu presidenziale, nessuna tipografia minimalista, nessuna promessa di ordine grafico. Al contrario, Mamdani e il suo team hanno preferito la vitalità disordinata della città, un’estetica del vissuto più che del potere. Ogni manifesto e ogni volantino sembrano usciti da un circolo di quartiere più che da un’agenzia pubblicitaria, così come voluto dal candidato. «Zohran è stato coinvolto in ogni scelta visiva» ha raccontato Bhoopathy «non voleva un logo calato dall’alto, ma qualcosa che riflettesse la città e le persone che la abitano. Ogni colore, ogni ombra aveva una storia dietro». La campagna visiva di Mamdani, partita da una lunghissima ricerca d’archivio e da un profondo studio della teoria del colore, è risultata vincente proprio perché racconta con i suoi colori e immagini un’idea diversa di politica: partecipata, comunitaria, intrinsecamente popolare.