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Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
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La Casa Bianca non userà più il font Calibri nei suoi documenti ufficiali perché è troppo woke E tornerà al caro, vecchio Times New Roman, identificato come il font della tradizione e dell'autorevolezza.
La magistratura americana ha pubblicato il video in cui si vede Luigi Mangione che viene arrestato al McDonald’s Il video è stato registrate dalle bodycam degli agenti ed è una delle prove più importanti nel processo a Mangione, sia per la difesa che per l'accusa.
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.
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Sempre più persone si uniscono agli scream club, cioè dei gruppi in cui per gestire lo stress invece di andare dallo psicologo ci si mette a urlare in pubblico Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.

Lucio Corsi non assomiglia a nessuno

Con il disco Cosa faremo da grandi? il giovane cantautore toscano continua a dimostrare di avere coraggio e personalità.

24 Gennaio 2020

A scrivere di cantanti si finisce sempre a fare paragoni con altri cantanti, e anche per l’ultimo album di Lucio Corsi, Cosa faremo da grandi?, le cose non cambiano, se leggiamo le recensioni e le opinioni, tutte piuttosto positive se non entusiastiche, in giro. D’altra parte nell’orizzonte dei modelli di Corsi, che ha 26 anni, si vedono chiaramente i nomi di alcuni tra i più importanti cantautori italiani, e quindi l’esercizio del paragone è molto perdonabile. Con questo disco però è importante fare anche l’operazione opposta, cioè dire a cosa non assomiglia, e perché, per questo motivo, Lucio Corsi è piuttosto prezioso.

Lucio ha 26 anni, è nato a Grosseto, è un nome di cui si sente parlare già da qualche anno, cioè da quando ne aveva 23, forse 22, con due Ep ma soprattutto il disco-concept Bestiario musicale, una canzone per ogni animale, in totale otto, tutti appartenenti alla fauna toscana e maremmana, fatta di campagna e pinete e spiagge. Sono tutti trattati nello stesso modo in cui Corsi tratta la realtà, in forma di fiaba o gioco di fantasia, facendo parlare chi normalmente non dovrebbe farlo, rendendo un po’ umane cose che umane non sono, disegnando quadri con parole semplici ma precise, «cantano in mutande i cori di cicale, che lasciano i vestiti sulle reti del mare», «ho saputo che ieri un vaso s’è buttato dal terrazzo».

Ci sono diverse cose che animano la poetica di Lucio Corsi, anche in Cosa faremo da grandi?, che non è più un disco tematico ed è più difficile, rischioso e maturo. Guarda la realtà con uno sguardo infantile, per iniziare, «oggi mi metto l’orologio che è una macchina del tempo», trasformando le immagini in disegni, così che le Alpi che vede dal treno mentre risale dalla Toscana verso Milano diventano davvero, per parlare di nostalgia, le lame aguzze che disegnano i bambini sui fogli, «mi tagliano la gola queste armi bianche, le punte delle Alpi», e le decine di gallerie in cui ci si infila e da cui si fuoriesce per un attimo attraversando la riviera di Levante sono «le bocche spalancate delle montagne in Liguria», che masticano e sputano i vagoni. In un’altra canzone vuole scavare una buca per andare dall’altra parte del mondo, che è una cosa che ogni bambino fantastica di fare: «Inizierò a scavare in terra col sole dritto a mezzogiorno, così che i raggi come braccia mi spingeranno verso il fondo». Nel talking blues “Senza titolo” dice «a volte l’immaginazione stanca, ma è stancante chi non la usa», che è un po’ una dichiarazione programmatica.

Dal singolo “Freccia bianca”

Il 23 gennaio su The Atlantic è uscito un articolo di George Packer chiamato “The enemies of writing”, in cui si parla di giornalismo, di politica, certamente, ma sempre di scrittura, e uno dei nemici più agguerriti della scrittura, che siano romanzi (che pure vengono pubblicati) o canzoni è la paura: la vergogna, il ridicolo, dice Packer. Su un piano completamente diverso da quello del giornalismo politico, Corsi è originale e coraggioso in tutto quello che fa, dalla musica al suo bagaglio estetico, quella faccia da alieno con gli occhi distanti e i capelli lunghissimi, i vestiti sgargianti degli anni Settanta, la sfilata per Gucci Cruise 2018 vestito di una maglia di cristalli brillanti, ancora Gucci in tutti gli outfit dei video, brillanti, esagerati, fantastici. Ha la voce che scandisce chiare le parole come De André e il tono scanzonato con le impennate e discese del De Gregori di metà anni Settanta, di “Buffalo Bill”, “Ultimo discorso registrato”, “Ninetto e la colonia”, ma anche Piero Ciampi, Gianni Rodari, Ivan Graziani, e un certo portamento più moderno di Father John Misty.

Il coraggio di Lucio Corsi è quello di inventare un mondo con ogni canzone, di rendere l’ascolto un’esperienza in cui si srotola lentamente una storia, immagini impossibili da anticipare perché originali, e in questo ha molto a che fare con l’elemento fondamentale della letteratura enunciato da Nabokov, la storia del ragazzino che grida “Al lupo!” ma il lupo non c’è. Qualcosa di molto diverso dalle canzoni ripiegate su sé stesse, fatte per un pubblico che non vede l’ora di riconoscersi, dall’esercizio banale di cantare la realtà vestita di un po’ di ironia, il Frosinone in Serie A e altre cose simili.

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