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Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.
Per la prima volta è stata pubblicata la colonna sonora di Una mamma per amica In occasione del 25esimo anniversario della serie, su tutte le piattaforme è arrivata una playlist contenente i migliori 18 brani della serie.
Jeff Bezos ha appena lanciato Project Prometheus, la sua startup AI che vale già 6 miliardi di dollari Si occuperà di costruire una AI capace poi di costruire a sua volta, tutta da sola, computer, automobili e veicoli spaziali.
Le gemelle Kessler avevano detto di voler morire insieme ed è esattamente quello che hanno fatto Alice ed Ellen Kessler avevano 89 anni, sono state ritrovate nella loro casa di Grünwald, nei pressi di Monaco di Baviera. La polizia ha aperto un'indagine per accertare le circostanze della morte.
Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.

Come le palme sono arrivate a Los Angeles

10 Luglio 2018

Dici Los Angeles, dici palme. Non tutti però sanno che le palme a Los Angeles sono un’introduzione relativamente recente. Come ci sono arrivate, allora? Su Atlas Obscura, Dan Nosowitz racconta la storia di come «le palme, sebbene non siano native di Los Angeles e anzi siano arrivate qui di recente, sono diventate l’elemento più iconico della città». Se uno dovesse guardare un’illustrazione di Los Angeles di metà Ottocento, una delle prime cose che noterebbe è che di palme non si vede l’ombra. L’introduzione di questi tipi di albero (anche se, tecnicamente, non sono alberi) risale all’arrivo della ferrovia in città, e alla conseguente speculazione edilizia: «Quando la ferrovia arrivò a Los Angeles, negli anni Ottanta dell’Ottocento, gli speculatori realizzarono che questo enorme posto vuoto sarebbe diventato un’ottima opportunità per vendere la terra», scrive Nosowitz. Già, ma come convincere la gente a «trasferirsi nel bel mezzo del deserto»? Ed è qui che arrivano le palme.

Le palme furono introdotte per tre ragioni. Primo, andava riempito dello spazio. Secondo, sono facili da spostare, piantare e non richiedono grande manutenzione. Terzo, ricordavano la Riviera francese, che faceva molto chic. Le palme non sono native né della California, né della Riviera francese. Esistono, sostiene l’autore, soltanto due specie di palme native dell’Europa mediterranea, che però non si sono diffuse un gran che; mentre nel Medio Oriente sono diffusissime e crescono naturalmente (a sua volta, come raccontavamo in un pezzo qui su Studio, in Medio Oriente probabilmente erano state importate dall’Africa e/o dall’Asia meridionale). Il risultato è che le palme hanno assunto una valenza religiosa: si iniziò a spostarle per celebrare la Domenica delle Palme e altre cerimonie palme-related.

Los Angeles Palme

Così si scoprì che erano proprio pratiche da trapiantare. «Spostarle è incredibilmente facile: non hanno radici complesse come le querce, ma soltanto una radice sferica e densa. È facile sradicarle e trasportarle, senza contare che, una volta piantate, le palme non faticano un gran che ad ambientarsi: basta avere acqua e sole». Un’altra cosa che le faceva amare dai costruttori era che le palme, a differenza di altri alberi, «non dimostrano grande differenze individuali». Siccome sono tutte uguali, è più facile piantarle in serie immaginando l’effetto che faranno.

Verso la metà del Diciannovesimo secolo, scrive sempre Nosowitz, la Riviera francese, che prima non interessava a nessuno, cominciò a diventare popolare, un po’ perché la visitavano degli scrittori famosi e un po’ perché a quei tempi i medici consigliavano quel tipo di clima a chi se lo poteva permettere. Ci fu un boom edilizio e ai costruttori francesi venne l’idea di piantare un sacco di palme. I costruttori di Los Angeles, dove il boom edilizio fu di poco successivo, copiarono l’idea da lì. Importarono le palme, per ovvie ragioni, non dalla Francia ma dal Messico, che a sua volta le aveva importate dal Medio Oriente per ragioni religiose. Un effetto non previsto però fu che le palme messicane, una volta trapiantate a Los Angeles, crebbero a dismisura. Presto divennero il simbolo della città e, di conseguenza, di Hollywood e della bella vita californiana: «Quando le palme si consolidarono a Los Angeles, l’industria del cinema e della tv le rese popolari».

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