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08:01 mercoledì 10 dicembre 2025
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.
Per impedire a Netflix di acquisire Warner Bros., Paramount ha chiesto aiuto ad Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi e pure al genero di Trump Lo studio avrebbe chiesto aiuto a tutti, dal governo USA ai Paesi del Golfo, per lanciare la sua controfferta da 108 miliardi di dollari.
Sempre più persone si uniscono agli scream club, cioè dei gruppi in cui invece di andare dallo psicologo ci si mette a urlare in pubblico Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.
Dopo il furto dei gioielli, ora il Louvre è nei guai a causa delle infiltrazioni di acqua e degli scioperi dei dipendenti Le infiltrazioni hanno danneggiato 400 documenti della biblioteca del Dipartimento delle antichità egizie, confermando i problemi che hanno portato i lavoratori allo sciopero.
Le cose più interessanti dei Golden Globe 2026 sono The Rock, i film d’animazione e i podcast Più delle candidature per film e serie tv, queste categorie raccontano come sta cambiando l’industria dell'intrattenimento oggi.
Quentin Tarantino ha detto che Paul Dano è un attore scarso e i colleghi di Paul Dano hanno detto che Quentin Tarantino farebbe meglio a starsene zitto Tarantino lo ha accusato di aver “rovinato” Il petroliere, definendolo «un tipo debole e poco interessante».
Già quattro Paesi hanno annunciato il boicottaggio dell’Eurovision 2026 dopo la conferma della partecipazione di Israele Spagna, Paesi Bassi, Irlanda e Slovenia hanno annunciato la loro intenzione di boicottare questa edizione se davvero a Israele verrà permesso di partecipare.
Pantone è stata accusata di sostenere il suprematismo bianco perché ha scelto per la prima volta il bianco come colore dell’anno L'azienda ha spiegato che dietro la scelta non c'è nessuna intenzione politica né sociale, ma ormai è troppo tardi, la polemica è esplosa.

Libertà al condizionale

13 Aprile 2011

Adesso parrebbe (il condizionale è d’obbligo) che, dopo lunga aspettativa e preventivi elogi, il romanzone di Franzen non sia esattamente il capolavoro atteso. Almeno non quello atteso alle nostre latitudini (ne davamo conto anche ieri in breve).

Così, dopo che, solo poco tempo fa, a caldo sul “romanzone” ne dissi di brutte (ricredendomi leggermente a lettura ultimata: ora la mia opinione è in attesa di auto-chiarificazione) questa inaspettata pioggia di critiche mi crea un grosso problema di convivenza col mio “bastiancontriarismo”. Che sì – è vero – Freedom abbonda di stereotipi da soap, di finali artificiosi ed è un testo molto freddo (o poco vivo come scriveva Nicola Lagioia su Il Sole 24 Ore) ma d’altra parte riesce in un compito non facile: essere all’altezza del suo titolo che se non sbaglio è Libertà. E a esserlo per un pubblico (in particolare americano) il più vasto possibile, che presumo sia il legittimo scopo di qualunque autore (o almeno di questo autore in particolare).

Utilizzando una serie di tableaux vivant vuoi anche poco credibili (o smaller than life come scriveva l’Atlantic), Franzen sa come si costruisce un libro di quasi 700 pagine in cui sostanzialmente discute tutto il tempo di libertà nell’America dell’ultimo decennio in un modo intelligibile e fondamentalmente godibile anche per il lettore occasionale, letteralmente buttandogli in faccia dei personaggi che nel modo più sfacciato e universalmente comprensibile incarnano dei “modi di vita” del concetto. Fino a inserire – provocatoriamente e ironicamente quanto si vuole – nell’agenda delle libertà in discussione, una libertà inviolabile fin dai geni: quella alla procreazione. Forse sarà semplicistico e deludente questo libro; ma essere in grado di far ragionare – anche a un livello basilare, anche al livello di lettura in cui il romanzo è effettivamente una soap – di “libertà” qualche milione di americani (e di Libertà qualche centinaio di “aventi diritto” sulla stampa mondiale), non sarà forse un’impresa da grande romanziere, ma da romanziere grande sì. Pennelli Cinghiale.

In realtà, aldilà del fatto che il romanzo e il suo autore hanno ricevuto delle critiche anche in patria (la migliore – in una recensione comunque buona – è quella del Washington Post che inizia così: So what is it about Jonathan Franzen and poo?), il problema per gli europei e gli italiani resta lo stesso da decenni. Davanti all’emersione di quel potentissimo modello narrativo che ha reso affascinanti ai nostri occhi anche la descrizione delle briciole d’altri sulla tovaglia d’altri, purché scritta “da dio” da un Grande Americano, non abbiamo saputo escogitare altra risposta che un’ammirazione incondizionata. Un’adunata di braghe calate in cerca di identificazione. Solo un pelo meno risibili del pubblicitario milanese che aspira a essere Don Draper . Abbiamo scavato dentro a dei godibili romanzi di fiction in cerca di risposte a domande che nemmeno ci riguardavano e così non solo abbiamo travisato il Q&A ma ci siamo resi anche meno godibili le letture.

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