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14:36 giovedì 20 novembre 2025
L’unico a volere il water d’oro di Cattelan andato all’asta è stato un parco di divertimenti Lo ha comprato per dodici milioni di dollari: è stata l'unica offerta per un'opera che ne vale dieci solo di materiale.
Angoulême, uno dei più prestigiosi festival di fumetti al mondo, quest’anno potrebbe saltare a causa di scandali, boicottaggi e tagli ai finanziamenti L'organizzazione è accusata di aver provato a insabbiare un'indagine su uno stupro e centinaia di artisti hanno deciso di non partecipare in protesta. L'edizione 2026 è a rischio.
Il guasto di Cloudflare è stato così grave che ha causato anche il guasto di Downdetector, il sito che si occupa di monitorare i guasti su internet Oltre a X, ChatGPT, Spotify e tanti altri, nel down di Cloudflare è andato di mezzo anche il sito a cui si accede quando tutti gli altri sono inaccessibili.
Il nuovo film di Sydney Sweeney sta andando così male che il distributore si rifiuta di rivelarne gli incassi Christy sembra destinato a diventare il peggior flop dell'anno, il quarto consecutivo nel 2025 dell'attrice.
Diversi grandi hotel sono stati accusati di fare offerte ingannevoli e fuorvianti su Booking L’authority inglese che si occupa di pubblicità ha scoperto che quelle convenientissime offerte non sono mai davvero così convenienti.
Gli scienziati hanno scoperto che il primo bacio sulla bocca è stato dato 21 milioni di anni fa E quindi non se l'è inventato l'homo sapiens ma un ominide, un antenato comune di uomini, scimpanzé, gorilla e orango, animali che infatti si baciano.
Non si capisce bene perché ma Nicki Minaj è andata alle Nazioni Unite a parlare dei cristiani perseguitati in Nigeria Sembra che a volerla lì sia stato Trump in persona, dopo che in più occasioni Minaj gli ha espresso pubblico supporto sui social.
La nuova tendenza nell’industria del beauty è vendere prodotti di bellezza anche a bambine di 3 anni Da anni si parla di Sephora Kids, ma adesso ci sono storie che riguardano bambine addirittura più piccole.

Libertà al condizionale

13 Aprile 2011

Adesso parrebbe (il condizionale è d’obbligo) che, dopo lunga aspettativa e preventivi elogi, il romanzone di Franzen non sia esattamente il capolavoro atteso. Almeno non quello atteso alle nostre latitudini (ne davamo conto anche ieri in breve).

Così, dopo che, solo poco tempo fa, a caldo sul “romanzone” ne dissi di brutte (ricredendomi leggermente a lettura ultimata: ora la mia opinione è in attesa di auto-chiarificazione) questa inaspettata pioggia di critiche mi crea un grosso problema di convivenza col mio “bastiancontriarismo”. Che sì – è vero – Freedom abbonda di stereotipi da soap, di finali artificiosi ed è un testo molto freddo (o poco vivo come scriveva Nicola Lagioia su Il Sole 24 Ore) ma d’altra parte riesce in un compito non facile: essere all’altezza del suo titolo che se non sbaglio è Libertà. E a esserlo per un pubblico (in particolare americano) il più vasto possibile, che presumo sia il legittimo scopo di qualunque autore (o almeno di questo autore in particolare).

Utilizzando una serie di tableaux vivant vuoi anche poco credibili (o smaller than life come scriveva l’Atlantic), Franzen sa come si costruisce un libro di quasi 700 pagine in cui sostanzialmente discute tutto il tempo di libertà nell’America dell’ultimo decennio in un modo intelligibile e fondamentalmente godibile anche per il lettore occasionale, letteralmente buttandogli in faccia dei personaggi che nel modo più sfacciato e universalmente comprensibile incarnano dei “modi di vita” del concetto. Fino a inserire – provocatoriamente e ironicamente quanto si vuole – nell’agenda delle libertà in discussione, una libertà inviolabile fin dai geni: quella alla procreazione. Forse sarà semplicistico e deludente questo libro; ma essere in grado di far ragionare – anche a un livello basilare, anche al livello di lettura in cui il romanzo è effettivamente una soap – di “libertà” qualche milione di americani (e di Libertà qualche centinaio di “aventi diritto” sulla stampa mondiale), non sarà forse un’impresa da grande romanziere, ma da romanziere grande sì. Pennelli Cinghiale.

In realtà, aldilà del fatto che il romanzo e il suo autore hanno ricevuto delle critiche anche in patria (la migliore – in una recensione comunque buona – è quella del Washington Post che inizia così: So what is it about Jonathan Franzen and poo?), il problema per gli europei e gli italiani resta lo stesso da decenni. Davanti all’emersione di quel potentissimo modello narrativo che ha reso affascinanti ai nostri occhi anche la descrizione delle briciole d’altri sulla tovaglia d’altri, purché scritta “da dio” da un Grande Americano, non abbiamo saputo escogitare altra risposta che un’ammirazione incondizionata. Un’adunata di braghe calate in cerca di identificazione. Solo un pelo meno risibili del pubblicitario milanese che aspira a essere Don Draper . Abbiamo scavato dentro a dei godibili romanzi di fiction in cerca di risposte a domande che nemmeno ci riguardavano e così non solo abbiamo travisato il Q&A ma ci siamo resi anche meno godibili le letture.

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