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19:28 domenica 15 giugno 2025
Dua Lipa e Callum Turner si sono innamorati grazie a Trust di Hernan Diaz Il premio Pulitzer 2023 è stato l'argomento della prima chiacchierata della loro relazione, ha rivelato la pop star.
In dieci anni una città spagnola ha perso tutte le sue spiagge per colpa della crisi climatica  A Montgat, Barcellona, non ci sono più le spiagge e nemmeno i turisti, un danno di un milione di euro all’anno per l'economia locale.
Ai Grammy dal 2026 si premierà anche l’album con la migliore copertina È una delle tante novità annunciate dalla Record Academy per la cerimonia dell'anno prossimo, che si terrà l'1 febbraio.
Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 
Ogni volta che scoppia un conflitto con l’Iran, viene preso come ufficiale un account dell’esercito iraniano che però non è ufficiale Si chiama Iran Military, ha più di 600 mila follower ma non ha nulla a che fare con le forze armate iraniane.
L’unico sopravvissuto al disastro aereo in India non ha idea di come sia riuscito a salvarsi Dopo l’impatto, Vishwash Kumar Ramesh ha ripreso i sensi in mezzo alle macerie: i soccorritori l’hanno trovato mentre cercava il fratello.
L’Egitto sta espellendo tutti gli attivisti arrivati al Cairo per unirsi alla Marcia mondiale per Gaza I fermati e gli espulsi sono già più di un centinaio e tra loro ci sono anche diversi italiani.
Per ricordare Brian Wilson, Vulture ha pubblicato un estratto del suo bellissimo memoir Si intitola I Am Brian Wilson ed è uscito nel 2016. In Italia, purtroppo, è ancora inedito.

La vittoria di Luis Enrique

Chapeau al mister di Gijon che, nonostante i risultati, è ancora alla guida della rivoluzione giallorossa

30 Novembre 2011

Il mondo aveva da poco assistito, attonito, al nunzio della curva sud romanista, una delle più fiere, potenti, decisive (nel bene e nel male) dell’Italia tutta. La rivoluzionaria (o revolucionaria) dichiarazione era scandita da una scritta rossa su striscione bianco, incorniciato a dovere da una festante coreografia di cartoncini colorati e bandiere metà gialle metà rosse. “Mai schiavi del risultato” diceva, anzi urlava con due punti esclamativi il drappo del nuovo ordine. E se la piazza romana, che dalla gestione Sensi in poi ha visto passare otto allenatori diversi, dall’Argentina alla Boemia, dall’Isonzo glorioso alle rocciose Asturie (amandoli, contestandoli e rimpiangendoli poi) si mostra così entusiasta (i punti esclamativi) e nello stesso tempo umile nel prendersi a cuore il dogma della revolución, qualcosa vorrà dire.

Certo l’immagine antropomorfizzata della figura “curva sud” intenta a vestire i panni di profeta del paziente progetto di calcio totale, beh, ricorda quella di uno scugnizzo novecentesco agghindato in smoking a un cocktail dell’alta società piemontese. Un po’ fuori posto, un po’ lento con la dimestichezza delle buone maniere savoiarde, ancora impacciato nel tenere lo stelo del calice con tre dita solamente. Ma lo sforzo va apprezzato e sostenuto, specialmente da fuori. Sì, la rivoluzione ispano-americana a noi non romani (né giallorossi né biancazzurri) ci è già entrata nel cuore e sta simpatica perché è – fino a ora – la versione nazional-popolare di quella macchina perfetta che è il Barcellona di Guardiola. Possesso palla sì, ma non con Messi, prodigio bionico costruito con bombardamenti di ormoni biosintetici, come terminale, bensì con Osvaldo, ribatezzato Er Cipolla per lo chignon da belloccio, presentatosi al mondo giallorosso con baffo sandokanesco (o razdeganesco) e monile della pace appeso al collo.

Il punto però è questo: Luis Enrique, l’asturiano per nulla glaciale anzi “un sacco” mediterraneo (vedere il termometro di questi tempi, ossia il suo twitter personale), la sua piccola rivoluzione l’ha già fatta. Idealmente, se non in concreto nell’espressione di quel calcio di centrocampisti che attaccano, attaccanti che palleggiano, terzini che sembrano ali e ali che sembrano terzini, portieri che non parano (perché di parare non c’è bisogno). La rivoluzione di pensiero di Luis Martínez García da Gijon sta nel fatto di essere ancora al suo posto, di aver fatto sposare ai tifosi il suo stesso progetto che non solo non è per ora decollato, ma stando ai fatti è ancora in attesa della pulitura dei motori, o meglio, della discesa dei passeggeri del volo precedente. Vittorie con Lecce, Novara e altre piccole (escluso Palermo), sconfitte con Lazio, Milan e Udinese, pareggio con l’Inter di Gasp (che equivale a una mezza sconfitta) ed eliminazione dalla Europa League. In classifica sono lì, appaiati al Catania di Vincenzino Montella, che tanto male fece in primavera, traghettando e semi-naufragando nelle zone basse della classifica “di sinistra”. Gli acquisti di Osvaldo, Bojan Krkic, Lamela, Kjaer, Stekelenburg, Gago, Pjanic, mettiamoci pure Sabatini, se accostati a uno striminzito sesto posto (con calendario più che favorevole) avrebbero fatto cadere qualsiasi altro “mister”, con probabile contestazione sia all’allenatore stesso che alla proprietà. Per non parlare degli sbeffeggi della stampa, sia quella dei “quotidiani del nord” che quella, ben più importante a Roma, che opera sulle radio calcistiche. Con un De Rossi ambasciatore («non vinceremo niente quest’anno, ma stiamo lavorando a qualcosa di grande» et similia) il mister spagnolo che nel ritiro di Brunico, a Luglio, cantava “Roma Roma” intonando (e gesticolando) «gialla come er sole, e rossa come er core mio» è invece ancora al suo posto, sicuro condottiero abbronzatissimo di questa armata un po’ Brancaleone ma convinta di essere stata investita di una missione templare.

D’altronde le rivoluzioni non si possono fare tutte alla stessa maniera, si sa: Messi non ha mai pubblicato un libro di barzellette, Villa non ha chiamato la figlia col nome di un profumo e non ha mai avuto alle spalle un’intera nazione che sperava, in fondo al cuore, la chiamasse come una canzone di Guzzanti, Trigoria non è la Masia. E allora avanti con la revoluciòn alla romana, cambiando ogni partita tutto perché alla fin fine cambi poco e niente, con alti e bassi ma pazienza ed entusiasmo. Luis è atteso da Fiorentina, Juventus e Napoli: se dopo il tour de force sarà ancora a cavallo della squadra e il popolo giallorosso ancora convinto che “mai schiavi del risultato!”, allora il suo compito di catechizzatore sarà riuscito. Il resto con calma, che per sovvertire l’ordine costituito seppur calcisticamente, c’è tempo.

Photo by Manuel Queimadelos Alonso/Getty Images

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