Hype ↓
11:34 giovedì 16 ottobre 2025
Londra è la città europea che sta battendo ogni record in fatto di telefoni rubati Solo nel 2024 ne sono stati rubati più di 80 mila, la maggior parte dei quali rivenduti poi sul mercato nero internazionale.
È morto Drew Struzan, l’illustratore che ha disegnato le locandine di moltissimi successi di Hollywood Star Wars, Indiana Jones, Ritorno al futuro, E.T, Blade Runner, I Goonies, La cosa: la locandina che vi viene in mente pensando a questi film l'ha disegnata lui.
I lettori di Jia Tolentino non hanno preso bene la sua collaborazione con Airbnb Sia gli ammiratori che i detrattori sono rimasti molto delusi dalla sua decisione di lavorare con un'azienda come Airbnb.
Nella nuova campagna Moncler c’è la reunion di Al Pacino e Robert De Niro Si chiama Warmer Together e vuole celebrare «le emozioni e il calore dello stare insieme».
È morto D’Angelo, l’artista che ha prima rivoluzionato e poi abbandonato la musica soul Aveva 51 anni ed era malato di cancro. Lascia in eredità tre album diventati culto e una storia personale caratterizzata dal difficile rapporto col successo.
Dei 10 film più visti al cinema in Italia nell’ultima settimana, metà sono vecchi titoli tornati in sala Nell'ottobre del 2025, tra i film più visti in Italia ce n'è uno del 1971, uno del 1997, uno del 2001 e uno del 2009.
Nel suo primo viaggio diplomatico all’estero, il ministro degli Esteri afghano ha dovuto affrontare un grosso problema: le giornaliste Ospite in India, Amir Khan Muttaqi ha cercato in tutti i modi di evitare di rispondere alle domande delle giornaliste, escludendole anche dalle conferenze stampa.
Temu ha raddoppiato i guadagni in Europa nonostante una forza lavoro composta da otto dipendenti soltanto Otto persone per gestire gli ordini, il servizio clienti, il sito, oltre alla parte burocratica, amministrativa e fiscale.

La vittoria di Luis Enrique

Chapeau al mister di Gijon che, nonostante i risultati, è ancora alla guida della rivoluzione giallorossa

30 Novembre 2011

Il mondo aveva da poco assistito, attonito, al nunzio della curva sud romanista, una delle più fiere, potenti, decisive (nel bene e nel male) dell’Italia tutta. La rivoluzionaria (o revolucionaria) dichiarazione era scandita da una scritta rossa su striscione bianco, incorniciato a dovere da una festante coreografia di cartoncini colorati e bandiere metà gialle metà rosse. “Mai schiavi del risultato” diceva, anzi urlava con due punti esclamativi il drappo del nuovo ordine. E se la piazza romana, che dalla gestione Sensi in poi ha visto passare otto allenatori diversi, dall’Argentina alla Boemia, dall’Isonzo glorioso alle rocciose Asturie (amandoli, contestandoli e rimpiangendoli poi) si mostra così entusiasta (i punti esclamativi) e nello stesso tempo umile nel prendersi a cuore il dogma della revolución, qualcosa vorrà dire.

Certo l’immagine antropomorfizzata della figura “curva sud” intenta a vestire i panni di profeta del paziente progetto di calcio totale, beh, ricorda quella di uno scugnizzo novecentesco agghindato in smoking a un cocktail dell’alta società piemontese. Un po’ fuori posto, un po’ lento con la dimestichezza delle buone maniere savoiarde, ancora impacciato nel tenere lo stelo del calice con tre dita solamente. Ma lo sforzo va apprezzato e sostenuto, specialmente da fuori. Sì, la rivoluzione ispano-americana a noi non romani (né giallorossi né biancazzurri) ci è già entrata nel cuore e sta simpatica perché è – fino a ora – la versione nazional-popolare di quella macchina perfetta che è il Barcellona di Guardiola. Possesso palla sì, ma non con Messi, prodigio bionico costruito con bombardamenti di ormoni biosintetici, come terminale, bensì con Osvaldo, ribatezzato Er Cipolla per lo chignon da belloccio, presentatosi al mondo giallorosso con baffo sandokanesco (o razdeganesco) e monile della pace appeso al collo.

Il punto però è questo: Luis Enrique, l’asturiano per nulla glaciale anzi “un sacco” mediterraneo (vedere il termometro di questi tempi, ossia il suo twitter personale), la sua piccola rivoluzione l’ha già fatta. Idealmente, se non in concreto nell’espressione di quel calcio di centrocampisti che attaccano, attaccanti che palleggiano, terzini che sembrano ali e ali che sembrano terzini, portieri che non parano (perché di parare non c’è bisogno). La rivoluzione di pensiero di Luis Martínez García da Gijon sta nel fatto di essere ancora al suo posto, di aver fatto sposare ai tifosi il suo stesso progetto che non solo non è per ora decollato, ma stando ai fatti è ancora in attesa della pulitura dei motori, o meglio, della discesa dei passeggeri del volo precedente. Vittorie con Lecce, Novara e altre piccole (escluso Palermo), sconfitte con Lazio, Milan e Udinese, pareggio con l’Inter di Gasp (che equivale a una mezza sconfitta) ed eliminazione dalla Europa League. In classifica sono lì, appaiati al Catania di Vincenzino Montella, che tanto male fece in primavera, traghettando e semi-naufragando nelle zone basse della classifica “di sinistra”. Gli acquisti di Osvaldo, Bojan Krkic, Lamela, Kjaer, Stekelenburg, Gago, Pjanic, mettiamoci pure Sabatini, se accostati a uno striminzito sesto posto (con calendario più che favorevole) avrebbero fatto cadere qualsiasi altro “mister”, con probabile contestazione sia all’allenatore stesso che alla proprietà. Per non parlare degli sbeffeggi della stampa, sia quella dei “quotidiani del nord” che quella, ben più importante a Roma, che opera sulle radio calcistiche. Con un De Rossi ambasciatore («non vinceremo niente quest’anno, ma stiamo lavorando a qualcosa di grande» et similia) il mister spagnolo che nel ritiro di Brunico, a Luglio, cantava “Roma Roma” intonando (e gesticolando) «gialla come er sole, e rossa come er core mio» è invece ancora al suo posto, sicuro condottiero abbronzatissimo di questa armata un po’ Brancaleone ma convinta di essere stata investita di una missione templare.

D’altronde le rivoluzioni non si possono fare tutte alla stessa maniera, si sa: Messi non ha mai pubblicato un libro di barzellette, Villa non ha chiamato la figlia col nome di un profumo e non ha mai avuto alle spalle un’intera nazione che sperava, in fondo al cuore, la chiamasse come una canzone di Guzzanti, Trigoria non è la Masia. E allora avanti con la revoluciòn alla romana, cambiando ogni partita tutto perché alla fin fine cambi poco e niente, con alti e bassi ma pazienza ed entusiasmo. Luis è atteso da Fiorentina, Juventus e Napoli: se dopo il tour de force sarà ancora a cavallo della squadra e il popolo giallorosso ancora convinto che “mai schiavi del risultato!”, allora il suo compito di catechizzatore sarà riuscito. Il resto con calma, che per sovvertire l’ordine costituito seppur calcisticamente, c’è tempo.

Photo by Manuel Queimadelos Alonso/Getty Images

Leggi anche ↓

Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

La Nasa è riuscita a registrare il rumore emesso da un buco nero

Un algoritmo per salvare il mondo

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.

Odessa ex città aperta

Reportage dalla "capitale del sud" dell'Ucraina, città in cui la guerra ha imposto un dibattito difficile e conflittuale sul passato del Paese, tra il desiderio di liberarsi dai segni dell'imperialismo russo e la paura di abbandonare così una parte della propria storia.