Cose che succedono | Attualità

La psicologia del lasciarsi

In una scena di Harry ti presento Sally, Meg Ryan scopre che il suo ex fidanzato ha una nuova compagna e si dispera: il problema non è che lo rivuole con sé, adduce tra le lacrime. Eppure la notizia l’ha gettata nello sconforto, e costretta a elencare una serie di ipotetici motivi per cui il tizio in questione non sarebbe rimasto con lei.

In un lungo pezzo pubblicato su The Atlantic, la psicologa ricercatrice dell’università di Stanford Lauren Howe espone i risultati di una sua recente ricerca, pubblicata con la collega Carol Dweck. Il focus del paper è proprio comprendere perché alcune persone prendono la fine delle proprie relazioni amorose, e ciò che vi gravita attorno, più duramente rispetto ad altre. «Nel corso della ricerca ho letto centinaia di storie personali di fini di relazioni», spiega Howe, che sostiene che alcuni lati di questi resoconti l’hanno aiutata a capire cosa distingue persona “che guarda avanti” da un cuore spezzato, e perché.

‘THE BREAK-UP’
Una scena di Ti odio, ti lascio, ti…, brutto titolo italiano di una brutta commedia americana del 2006.

Nello studio le due ricercatrici hanno chiesto ai partecipanti di descrivere un ricordo legato a una debacle sentimentale, notando che spesso le razionalizzazioni di questi eventi avevano portato a una ridefinizione della propria identità. In sostanza, alcuni sentivano di essere stati lasciati perché i propri partner avevano scoperto una loro particolare mancanza; una mancanza che loro avevano poi introiettato, confermandola. Una partecipante ha scritto: «Le cose andavano bene finché all’improvviso ha smesso di parlarmi. Non ho idea del motivo, ma credo che lui abbia visto che ero troppo appiccicosa e questa cosa l’ha spaventato».

Un modo sano di riflettere e “narrativizzare” un rapporto finito è trarne un insegnamento per il futuro, ma in alcuni casi, appunto, questo atteggiamento diventa una radicale messa in discussione la propria identità. Un motivo ulteriore è spiegato da una ricerca dello psicologo Arthur Aron che dimostra che quando le relazioni sono molto intense e implicano una grande vicinanza, l’identità dei due partner si interseca e influenza a vicenda. Uno dei benefici di una storia, è stato provato, è il poter arricchire la percezione di se grazie all’esposizione a routine diverse dalla propria. In un certo senso, quindi, per chi ha messo più del proprio io in una relazione, la fine di quest’ultima può rappresentare la perdita di fiducia in sé stesso.

Le conclusioni della ricerca di Howe e Dweck sono anche sul sito di Stanford.