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Com’è andato l’incontro Trump-Putin?
Un disastro, secondo i commenti dei giornali e dei politici americani di destra e di sinistra.
Russian Matryoshka dolls depicting Russian President Vladimir Putin and US President Donald Trump are seen on sale at Izmailovo flea market in Moscow on July 13, 2018, three days before the meeting of Russian President Vladimir Putin and US President Donald Trump to be held in Helsinki. (Photo by Maxim Zmeyev / AFP) (Photo credit should read MAXIM ZMEYEV/AFP/Getty Images)
Visto dagli Stati Uniti, da destra come da sinistra, dai repubblicani come dai democratici, il giudizio sull’incontro di Helsinki tra il presidente americano Donald Trump e quello russo Vladimir Putin è unanime: è stato un disastro, ma forse il termine giusto è «capitolazione». La capitolazione dell’America di fronte al leader di Mosca. Non si era mai visto un Commander in Chief americano difendere in mondovisione il suo avversario storico e criticare il suo stesso apparato di intelligence, che da un paio d’anni è convinto che dal Cremlino è partito un attacco alla democrazia americana culminato nell’elezione di Trump nel 2016. Trump ha negato che Putin abbia interferito nel processo elettorale americano, «non vedo perché avrebbe dovuto» ha detto davanti agli attoniti cronisti, e ha aggiunto che la Russia non è un avversario degli Stati Uniti, al contrario dell’Unione europea.
Il direttore dell’intelligence americana, Dan Coats, nominato da Trump, è stato costretto a ribadire con un comunicato ufficiale la posizione delle agenzie di sicurezza di Washington: «Siamo stati chiari nella nostra valutazione dell’ingerenza russa nelle elezioni del 2016 – ha scritto il direttore – e nei loro continui e attuali tentativi di indebolire la nostra democrazia». Trump si è schierato con Putin e contro l’America, invece, al punto che una domanda del cronista dell’Associated Press, Jonathan Lemire, posta al presidente russo durante la conferenza stampa post vertice, è gravata come un macigno su tutte le parole pronunciate da Trump: «Presidente Putin – ha chiesto il giornalista – lei e il suo governo siete in possesso di materiale o informazioni compromettenti per il presidente Trump e la sua famiglia?».
James Fallows, decano degli analisti di politica internazionale e profondo conoscitore delle dinamiche presidenziali che guidano le strategie della Casa Bianca, sull’Atlantic ha scritto che «ci sono soltanto due spiegazioni possibili per il vergognoso comportamento davanti al mondo del presidente americano: o Donald Trump è senza mezzi termini un agente di interessi russi, forse consapevole, forse inconsapevole, per paura di un ricatto, nella speranza di affari futuri, per rispetto nei confronti di Vladimir Putin, per riconoscenza per l’aiuto russo durante le elezioni, per patetica incapacità di guardare oltre i suoi 306 voti dei grandi elettori, ma qualunque sia l’esatta misura di queste motivazioni in realtà non è importante. Oppure è così profondamente ignorante, insicuro e narcisista da non capire che sta portando avanti la strategia che Putin sperava portasse avanti, quella che le agenzie di intelligence, ovvero quella che gli apparati militari e le forze dell’ordine americane maggiormente temevano. Uno strumento consapevole o un utile idiota. Queste sono le possibilità, anche se potrebbero essere entrambe vere e la questione principale potrebbe essere quella delle proporzioni tra le due».
L’editoriale del Washington Post dice tutto fin dal titolo: «Trump ha appena agito in combutta con la Russia. Apertamente», che poi la “collusion”, la complicità tra i russi e il team Trump, è esattamente l’oggetto dell’inchiesta del procuratore Mueller. L’editoriale del New York Times si chiede «perché Donald Trump non parli a favore dell’America» e aggiunge: «Il presidente si è sdraiato ai piedi di Putin». Quello del Wall Street Journal, le cui pagine delle opinioni sono da sessant’anni un bastione del pensiero conservatore e, di recente, le uniche indulgenti con Trump, ha questo titolo: «La Dottrina del Prima Trump», Trump First, non America First, che spiega come «Putin apprezzi la forza, ma Trump ha mostrato debolezza».
Gli altri commenti dei grandi quotidiani sono ancora più negativi. Si va da Michelle Goldberg che sul New York Times scrive che «Trump ha mostrato al mondo di essere un lacchè di Putin» e che «probabilmente il presidente è compromesso esattamente come appare», al Premio Pulitzer Thomas Friedman secondo cui Trump, rifiutando di condannare gli attacchi russi, «ha tradito ogni singolo cittadino americano». Ancora più duro, sul Washington Post, l’analista conservatore Max Boot: «Abbiamo assistito a un presidente americano che agisce a favore di una potenza ostile. Un tempo sembrava impossibile che Trump potesse commettere tradimento. Ora non lo è più».
«È stata un’umiliazione», ha commentato l’autorevole Mike Allen nella sua newsletter del sito Axios. «Avete visto forse la performance più vergognosa di un presidente americano», ha detto Anderson Cooper aprendo il suo talk su Cnn. «Non ho parole», è stato il commento di Jonathan Swan di Axios presente alla conferenza stampa Trump-Putin di Helsinki. Su Fox Business, canale conservatore, il conduttore Neil Cavuto ha detto che «il comportamento del presidente è stato disgustoso. Mi dispiace, ma è come la penso. Non è una questione di destra o sinistra, è semplicemente sbagliato». Sono stati in molti, in particolare al Washington Post, a notare come l’intervista esclusiva che Putin ha concesso alla Fox News, la all news filo Trump, è stata l’unico momento in cui l’America ha provato a ribattere alle bugie del presidente russo, grazie alla professionalità giornalistica di Chris Wallace, il quale ha messo più volte in difficoltà uno stizzito e stupito Putin.
L’ex direttore della Cia di John Brennan, nominato da Obama ma che con Bush è stato il numero 2 dell’antiterorrismo, ha detto che «il comportamento di Trump ad Helsinki ha raggiunto e superato la soglia del reato grave, siamo al confine col tradimento, i suoi commenti sono imbecilli, è completamente nelle mani di Putin». Anche per il senatore repubblicano John McCain, candidato alla Casa Bianca sconfitto da Obama nel 2008, «è stata una delle performance più vergognose mai viste di un presidente americano». Il presidente della Camera, il repubblicano Paul Ryan, ha detto che «il presidente dovrebbe riconoscere che la Russia non è un nostro alleato e che non c’è equivalenza morale tra la Russia e gli Stati Uniti». Stessa posizione quella del leader dei repubblicani al Senato, Mitch McConnell: «I russi non sono nostri amici e sono d’accordo con le valutazioni dei nostri apparati di intelligence».
«Non sono d’accordo col presidente», ha detto il presidente della Commissione Esteri della Camera, il repubblicano Ed Royce. «Non avrei mai immaginato che un presidente americano potesse farsi prendere in giro da un vecchio agente del Kgb», ha commentato il deputato repubblicano del Texas Will Hurd. «Il presidente deve chiarire le sue dichiarazioni sul nostro sistema di intelligence e su Putin», ha detto l’ex Speaker repubblicano della Camera Newt Gingrich, alleato di Trump. «Questo è l’errore più grave della sua presidenza e va corretto immediatamente».
Mike Allen, inoltre, ha riportato su Axios i commenti in tempo reale di alcuni ex uomini della Casa Bianca di Trump, che a mano a mano che la conferenza stampa andava avanti, imbarazzati, mandavano messaggi del tipo «vado a farmi una doccia», «ha perso la testa», «ho spento la tv». La performance di Trump è stata presa d’assalto dai comici televisivi nei loro show serali, com’era prevedibile. Jimmy Kimmel: «Be’, questa cosa chiude la partita. Eccoci. Se vi chiedevate se Putin avesse in mano un video di Trump compromettente ora sappiamo oltre ogni ragionevole dubbio che ce l’ha. Non è stato un bel giorno per il presidente. Non vedevamo un americano così alla mercé di un russo dai tempi di Rocky IV». Jimmy Fallon: «Trump era molto nervoso. Cosa abbastanza normale: la maggioranza delle persone sono nervose quando incontrano il loro capo». Steve Colbert: «Wow, recensioni così terribili non si vedevano dai tempi del Titanic. Non intendo il film. Una stella, sono annegato, grande orchestra però».