Bulletin ↓
02:15 domenica 6 luglio 2025
C’è un nuovo problema con l’Odissea di Nolan: l’accento americano degli attori Nel primo teaser del film Tom Holland e gli altri attori utilizzano una marcata cadenza americana, particolare che ha indispettito molti fan.
Le acque del mar Mediterraneo ormai sono così calde che nelle mappe satellitari appaiono arancioni L’agenzia spaziale europea ha pubblicato delle mappe impressionanti in cui si vede che in certe zone la temperatura dell'acqua arriva quasi a 30 gradi.
La Grazia, il nuovo film di Paolo Sorrentino, aprirà la Mostra del cinema di Venezia Protagonisti Toni Servillo e Anna Ferzetti, il film sarà in concorso e punterà a vincere il Leone d'Oro.
È morto Michael Madsen, uno degli ultimi cattivi di Hollywood Stroncato da un infarto a 67 anni, è ricordato dal pubblico soprattutto per i cattivi interpretati nell’universo tarantiniano.
Andrea Bajani ha vinto il Premio Strega 2025 con L’anniversario Feltrinelli torna alla vittoria 20 anni dopo l'ultima volta.
La Bbc non ha voluto trasmettere un documentario sui crimini dell’Idf contro i medici di Gaza Documentario che la stessa Bbc aveva commissionato. Si intitola Gaza: Doctors Under Attack e alla fine è andato in onda su Channel 4, tra le polemiche.
Per vincere le elezioni adesso Marine Le Pen punta sull’aria condizionata per tutti Una proposta che ha acceso il dibattito politico, in uno dei Paesi, la Francia, meno climatizzati d'Europa.
Luca Guadagnino sta cercando delle comparse molto specifiche per il misterioso film che girerà quest’estate in Piemonte Se avete la carnagione molto chiara o siete amanti di videogiochi, potrebbe essere la grande occasione per esordire al cinema.

Il destino di Detroit

13 Aprile 2011

Schizocities è una serie di post che pubblicheremo nei prossimi mesi. Una serie di referti, perché la città globale è una dimensione schizofrenica. E anche una serie di reperti, oggetti mediatici che iniettano immagini e figure nell’immaginario collettivo, e ci si possono perdere. Uno sguardo sulle identità urbane, mediatizzate e globalizzate. Quelle delle città, ma anche di chi ci vive, tra disparità paradossali ed alleanze improbabili.

“Siamo americani, ma questa non è New York City, la Città del Vento o la Città del Peccato, e di certo non la siamo la Città di Smeraldo di nessuno. Siamo la Città dei Motori.” Ok, in italiano non suona troppo bene, ma così recitava con una voce ruvida e vissuta lo spot Chrysler che ha fatto scalpore all’ultimo Superbowl. La Motor City in questione è Detroit, e a dargli un’aria ancora più tough c’era pure Eminem. Il rapper, più serio senza il capello decolorato, chiude con: “This is what we do”. Più che un eco hip-hop, suona come una promessa. Poco importa che ci sia voluta la nostrana Fiat ed un aiuto consistente del Tesoro americano per tirare su l’azienda cardine di una città allo sbando, da anni nella condizione di detrito a mala pena vivente dell’era postindustriale. Lo spot è scritto e girato talmente bene che il suo americanissimo ottimismo quasi ti convince.

Simbolo della fine di un’era, Detroit incarna nel proprio corpo urbano il declino dei motori come industria e collante sociale. Mentre l’auto aveva stiracchiato le città sgranandole in sobborghi e dando vita ad uno stile di vita caratteristicamente americano, negli ultimi anni Detroit stessa è stata target di strategie di “rimpicciolimento” (cioè demolizione di aree vacanti) e, dopo che la crisi ha disabitato interi quartieri a furia di sfratti, tentativi di colonizzazione sistematica.

La città ha iniziato a vendere proprietà a 100 dollari e ad offrire incentivi fino a 25.000 dollari pur di far abitare certi quartieri, cercando anche di invogliare l’affluenza di quella classe creativa decantata da Richard Florida in The Rise of The Creative Class, libro di culto per le amministrazioni cittadine.

Il guru ha messo la città al 39mo posto su 49 nel suo Creativity Index, sotto a Jacksonville, Pittsburg ed Indianapolis (altra città dei motori, anche se evidentemente con più benzina), ma dopo aver ingoiato il rospo l’organizzazione CreateDetroit l’ha pure invitato per diffondere il verbo e porre fine alle ciniche battute sull’invivibilità locale.

Parecchio controverso, il brand di Florida (la “classe creativa”) include un po’ tutti, da Mark Zuckerberg al tuo dentista. E non tiene conto che la maggior parte dei “creativi” si dedica alla propria passione tra un part-time e l’altro, e si paga l’affitto servendo ai tavoli. Nonostante questo, una combinazione di religiosa fiducia nel suo credo e di romantico fascino per i ruderi ha reso davvero Detroit una mecca per artisti con un istinto materno compatibile o le tasche abbastanza vuote.

Da tempo sdoganata nell’arte contemporanea, l’estetica postindustriale ha ispirato la riqualificazione di spazi vuoti per alt(r)i scopi, come la galleria Detroit Industrial Projects o il Russell Industrial Center, che usa la creatività anche come scusa per creare un hub commerciale. A parte questi contenitori sistematici, c’è stato anche un proliferare di progetti artistici a sfondo sociale, una sorta di servizio pubblico da parte di artisti-missionari.

C’è chi ha deciso di denunciare la crisi del mattone isolando una casa disabitata in una patina di ghiaccio che la rende inaccessibile, ma visibile (lasciano però un po’ freddina anche l’artista Martha Rosler, da sempre vicina all’attivismo, che ne scrive così: “La maggior parte dei progetti artistici sui luoghi decadenti come Detroit è un malinconico monumento al capitale che mostra la devastazione lasciata in sua assenza”).

Ma mentre il sito di CreateDetroit è aggiornato al 2006 e vanta solo 129 amici su Facebook, c’è anche chi come Gina Reichert and Mitch Cope (lei architetto, lui artista, fondatori di Design99) fa tutto da sé. Comprata una casa per niente, l’hanno ristrutturata con pannelli solari ed accessori vari e si sono messi ad offrire servigi creativi low-cost alla gente del quartiere.

Motor City, Creative City, quello che Detroit sarà lo vedremo in futuro. L’occupazione ed i movimenti immobiliari faranno il loro corso, Eminem o meno, Richard Florida o meno. Ma lo spot ha ragione su due cose. Ci vogliono duro lavoro e convinzione, e chi non è mai stato a Detroit non sa di cosa sono capaci. Per il momento possiamo solo fare il tifo, come al Superbowl.


Articoli Suggeriti
Esistono due Venezie: quella dei souvenir e quella dei giornali locali

La città "provinciale" che si legge negli strilli dei quotidiani locali e quella internazionale e kitsch raffigurata nei souvenir turistici. Per capire davvero Venezia bisogna fermarsi davanti alle sue edicole.

La storia della chiusura del Museo del Fumetto di Milano non è andata proprio come si era inizialmente raccontato

Un articolo di Artribune ha svelato che nella chiusura c'entrano soprattutto mancati pagamenti e gestione inefficace, non la cattiveria del Comune.

Leggi anche ↓
Esistono due Venezie: quella dei souvenir e quella dei giornali locali

La città "provinciale" che si legge negli strilli dei quotidiani locali e quella internazionale e kitsch raffigurata nei souvenir turistici. Per capire davvero Venezia bisogna fermarsi davanti alle sue edicole.

La storia della chiusura del Museo del Fumetto di Milano non è andata proprio come si era inizialmente raccontato

Un articolo di Artribune ha svelato che nella chiusura c'entrano soprattutto mancati pagamenti e gestione inefficace, non la cattiveria del Comune.

II matrimonio di Jeff Bezos a Venezia è la conferma che viviamo in una nuova epoca feudale

I movimenti che vogliono rovinare il matrimonio di mr. Amazon non ce l'hanno solo, né tanto, con lui: il problema è ciò che Bezos rappresenta e il fatto che abbia deciso di venire a rappresentarlo proprio a Venezia.

I veneziani le stanno provando tutte per rovinare il matrimonio di Jeff Bezos e Lauren Sánchez

Striscioni, cartelli, assemblee, proteste, pure un adesivo anti Bezos ufficiale che si trova attaccato un po' ovunque in città.

In dieci anni una città spagnola ha perso tutte le sue spiagge per colpa della crisi climatica 

A Montgat, Barcellona, non ci sono più le spiagge e nemmeno i turisti, un danno di un milione di euro all’anno per l'economia locale.

Los Angeles è soltanto l’inizio

In crisi demografica ed economica, distrutta da siccità e incendi, la città è diventata ora cavia dell'esperimento autoritario di Donald Trump. Un esperimento che, se dovesse riuscire, potrebbe cambiare la storia americana.