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00:47 giovedì 20 novembre 2025
Il guasto di Cloudflare è stato così grave che ha causato anche il guasto di Downdetector, il sito che si occupa di monitorare i guasti su internet Oltre a X, ChatGPT, Spotify e tanti altri, nel down di Cloudflare è andato di mezzo anche il sito a cui si accede quando tutti gli altri sono inaccessibili.
Il nuovo film di Sydney Sweeney sta andando così male che il distributore si rifiuta di rivelarne gli incassi Christy sembra destinato a diventare il peggior flop dell'anno, il quarto consecutivo nel 2025 dell'attrice.
Diversi grandi hotel sono stati accusati di fare offerte ingannevoli e fuorvianti su Booking L’authority inglese che si occupa di pubblicità ha scoperto che quelle convenientissime offerte non sono mai davvero così convenienti.
Gli scienziati hanno scoperto che il primo bacio sulla bocca è stato dato 21 milioni di anni fa E quindi non se l'è inventato l'homo sapiens ma un ominide, un antenato comune di uomini, scimpanzé, gorilla e orango, animali che infatti si baciano.
Non si capisce bene perché ma Nicki Minaj è andata alle Nazioni Unite a parlare dei cristiani perseguitati in Nigeria Sembra che a volerla lì sia stato Trump in persona, dopo che in più occasioni Minaj gli ha espresso pubblico supporto sui social.
La nuova tendenza nell’industria del beauty è vendere prodotti di bellezza anche a bambine di 3 anni Da anni si parla di Sephora Kids, ma adesso ci sono storie che riguardano bambine addirittura più piccole.
Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.

I caffè di D’Alema

Tra tutti, il giornalismo italiano si contraddistingue per la sovrabbondanza di analisi e la scarsità di storie che avvicinino il lettore

31 Ottobre 2012

Ieri un mio contatto di Facebook ha scritto sulla sua bacheca «Dare del “giornalista non serio” sta diventando la più patetica scusa d’Italia. Serve solo a legittimare insulto gratuito». Ho messo like e commentato per dire che sono d’accordo con lui. Il giornalismo in Italia, quando non dà “notizie che non lo erano“, in realtà è serio, serissimo, o meglio serioso, seriosissimo. Non riesco a ricordare l’ultima volta che su un quotidiano italiano ho trovato una storia che mi abbia fatto pensare “questa voglio proprio leggerla”. Spesso anzi gli spunti più interessanti – quando ci sono – vengono costretti nello spazio di poche righe per dare pagine e pagine al pensierino del giorno della “grande” firma o all’estenuante “feuiletton” della cronaca parlamentare, da cui apprendiamo cose utilissime e fondamentali tipo se il tale politico quella mattina alla buvette ha preso un macchiato o un cappuccino (davvero, sono stati versati oceani d’inchiostro, ormai, sui caffé di D’Alema & co.). In un paese ammalato di cattiva politica, la familiarità col Palazzo sembra peraltro essere la sola strada maestra per diventare una “firma” nota al grande pubblico, un nome e un volto. Anche in questo caso, fatico a ricordare un giornalista diventato “grande” negli ultimi dieci anni, non per la quantità di numeri telefonici di politici contenuti nella sua rubrica ma per la qualità delle sue storie, fossero esse reportage, inchieste o approfondimenti su temi offerti dall’attualità. Il giornalismo italiano premia chi sovranalizza gli affari interni e racconta pochissimo di quello che succede, in Italia e nel mondo, al di fuori della conventicola del potere e quando lo fa ricorre a un formulario di frasi fatte e opinioni pre-confezionate perché manca il tempo, lo spazio, la voglia di approfondire. Poi succede che un giovane giornalista freelance come l’amico Andrea Marinelli si metta in testa di raccontare le elezioni americane da vicino, a contatto con le storie, le persone e i luoghi in cui si svolgono e, dopo aver faticato a trovare spazio sui quotidiani per i suoi racconti, pubblichi un libro che sta andando molto bene.

Ho scoperto di recente che la struttura di un giornale italiano (una raccolta di box, boxettini, spalle e spallette di “in breve”) è una cosa difficile da spiegare e giustificare fuori dal nostro paese. In Germania, dove mi trovo al momento, per esempio i quotidiani generalmente preferiscono le storie alle opinioni, contano spesso molte meno pagine e molti meno articoli ma ognuno di essi dedica al tema che tratta il dovuto approfondimento e in molti giornali il concetto stesso di “in breve” praticamente non esiste. O ne parli a dovere o non ne parli, la scelta è netta.

Tornare a raccontare con un linguaggio affascinante e non superficiale la contemporaneità in tutti suoi aspetti, è fondamentale per la sopravvivenza del giornalismo su qualunque supporto, digitale o cartaceo. È l’unico modo per non annoiare i già pochi lettori rimasti e per riuscire a stimolare un dibattito delle idee e non un chiacchericcio di opinioni. Da noi non solo non sarebbe potuto nascere Steve Jobs ma nemmeno Tom Wolfe, Gay Talese, Malcolm Gladwell e chiunque altro nella vita abbia scelto di riportare, bene, in modo articolato e appassionante, delle storie che esulino dal politicume. Domani, in una qualunque redazione italiana potrebbe davvero svolgersi una telefonata del genere: «Ho un pezzo di 10.000 parole in cui racconto il ritrovamento del Santo Graal, vi interessa? È tutto verificato e ho il Graal proprio qui di fronte a me». «Ottimo, me lo riesci a condensare in 2.500 battute? Lo metto di spalla a un’analisi sul significato politico del cambio di fondotinta di Alfano».

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