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Anche stavolta il premio di Designer of the Year l’ha vinto Jonathan Anderson È la terza volta consecutiva, stavolta ha battuto Glenn Martens, Miuccia Prada, Rick Owens, Martin Rose e Willy Chavarria.
L’Oms ha detto che i farmaci come Ozempic dovrebbero essere disponibili per tutti e non solo per chi può permetterseli Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in futuro bisognerà garantire l'accesso a questi farmaci a chiunque ne abbia bisogno.
Aphex Twin ha caricato a sorpresa su SoundCloud due nuovi brani ispirati a una vacanza in Sicilia Le tracce sono comparse a sorpresa e sarebbero state ispirate da una vacanza italiana del musicista, intristito dalla pioggia autunnale.
Il sindaco di Pesaro si è dovuto scusare perché ha coperto di ghiaccio la statua di Pavarotti per far spazio a una pista di pattinaggio Ma ha pure detto che Pavarotti resterà "congelato" fino a dopo l'Epifania: spostare la statua o rimuovere la pista sarebbe troppo costoso.
Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore che si era travestito da sua madre per riscuoterne la pensione Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.

Cosa succederebbe se Stati Uniti e Corea del Nord entrassero in guerra?

08 Settembre 2017

In questo articolo il New Yorker prova a indovinare le cause che potrebbero scatenare una guerra contro la Corea del Nord e le eventuali conseguenze del conflitto. A prendere la parola sono osservatori e analisti, oltre a generali che hanno servito il Paese in Vietnam, Iraq o nella precedente guerra in Corea (una guerra che non ebbe vincitori e vinti, in gran parte responsabile di come vanno le cose da quelle parti). Secondo tutti gli intervistati le conseguenze di uno scontro sarebbero disastrose, specialmente tra la popolazione di Seoul. «Ci sono 25 milioni di persone nel raggio dell’artiglieria nordcoreana», dice al New Yorker un decorato veterano del Vietnam, Gary Luck. Quindi i morti potrebbero essere decine di migliaia a Seoul e anche un milione nel resto del Paese.

La guerra si dividerebbe in due fasi, che ricorderebbero, rispettivamente, l’Operazione Desert Storm (lanciata dagli americani in Kuwait nel 1991), rapida e vittoriosa, e il pantano del Vietnam o dell’Afghanistan, dove per anni i marine hanno dovuto tenere a bada un tenace e logorante movimento di guerriglia. Possiamo immaginare Corea del Nord e Stati Uniti come due uomini armati che si puntano la pistola contro. Entrambi hanno paura di non essere i primi a sparare, quindi uno dei due apre il fuoco. Comincerebbe allora la fase uno: una guerra “tradizionale”, della durata stimata di un mese, in cui l’esercito americano affronterebbe le mal equipaggiate forze di Kim fino alla caduta della dinastia.

A questo punto le cose si metterebbero male davvero, ed è questo lo scenario che non capita di leggere spesso tra quelli evocati dagli analisti. «I nordcoreani hanno subito un lavaggio del cervello, si è fatto credere loro che la dinastia Kim sia composta da semidei, mentre gli americani sono la ragione di ogni male», spiega Luck. L’esito di una guerra asimmetrica sarebbe dovuto, come è già accaduto nei casi elencati, alla sottovalutazione del rischio di un prolungamento del conflitto una volta raggiunto l’obiettivo principale: «La guerra non convenzionale non ha uno schema predefinito, sfida l’immaginazione dei pianificatori e non richiese sempre l’uso della forza», dice un altro veterano, il generale James Mark. 

La domanda che tutti si fanno è cosa farà la Cina in caso di guerra. Finora Xi Jinping è intervenuto per moderare i toni, perché l’equilibrio geopolitico in quel pezzo di estremo Oriente conviene a tutti. La Corea del Nord è un partner commerciale importante, e in più tiene al riparo i cinesi dall’influenza occidentale. «Che impatto avrà una guerra?», si chiede Marks, «lo stravolgimento dell’ordine mondiale e la Cina dall’altra parte della barricata, con lo status di “nemico”. E se Stati Uniti e la Cina entrassero in guerra?». Ecco perché, mentre Trump evoca «fuoco e fiamme come il mondo non ha mai visto», lo Stato maggiore americano non ha intenzione di accantonare la via diplomatica.

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