Industry | Dal numero
Dentro Gore-tex
Siamo stati nel quartier generale di Gore, in Delaware, dove dal 1969 si produce uno dei materiali del futuro.
Si chiama ePTFE, e cioè politetrafluoroetilene espanso, ed è un materiale microporoso incredibilmente resistente e dalle caratteristiche peculiari, come il basso assorbimento di acqua e l’ottima protezione dagli agenti atmosferici. Viene utilizzato in molti dispositivi medici, in particolar modo per le protesi vascolari, ma anche per realizzare le tute ignifughe dei pompieri e quelle degli astronauti della Nasa, le giacche e le scarpe di alcuni dei più grandi alpinisti, scalatori e atleti al mondo, per i filtri (compresi quelli dei depuratori di ultima generazione), i sistemi di sfiato e i sigillanti industriali, ma anche per le corde delle chitarre. L’ePTFE è stato creato per la prima volta nel 1969 da Bob Gore, figlio di Bill e Genevieve e scomparso lo scorso settembre, tramite un processo di estensione del PTFE – che è il miglior isolante elettrico al mondo ed è anche resistente ai raggi ultravioletti. Poco meno di dieci anni prima, nel 1958, i suoi genitori avevano fondato Gore nel seminterrato della loro casa di Newark, nel Delaware, piccolo stato sulla East Coast confinante con il Maryland, il New Jersey e la Pennsylvania, dove oggi c’è la sua futuristica sede dell’azienda (e non solo: il Delaware accoglie infatti molte startup del tech grazie alle agevolazioni fiscali che offre).
Bill Gore aveva lasciato il suo lavoro nell’azienda chimica DuPont perché convinto delle potenzialità non ancora sfruttate del PTFE, a cui avrebbe dedicato la sua vita. A partire dall’inizio degli anni ’70, dopo la scoperta di Bob, Gore richiede la registrazione per il primo dei molti brevetti di tecnologie di prodotto realizzate con il polimero ePTFE, che diventerà il marchio di fabbrica dell’azienda, e nel 1976 Gore riceve il suo primo ordine per il laminato Gore-Tex, il primo tessuto traspirante, impermeabile e anti vento a comparire sul mercato. Oggi l’azienda ha in portfolio almeno 67 tipologie di prodotti, che vanno dall’automotive all’aerospaziale, dal settore medico all’abbigliamento, dal biofarmaceutico alle forniture industriali. Ha tre divisioni principali: Fabrics, dedicata ai tessuti e dove si sperimentano le collaborazioni con tutti i marchi di abbigliamento (come Arc’teryx, Nike, adidas e La Sportiva fra gli altri); Medical Products, con oltre 45 milioni di dispositivi medici impiantati nel corso di più 40 anni; Performance Solutions, dove vengono sviluppati prodotti e tecnologie per altri settori chiave, dalle auto all’elettronica mobile. Conta tre stabilimenti di produzione – oltre a quello in Delaware ce n’è uno in Arizona, uno in Germania, fuori Monaco, e uno in Cina, a Shenzen – e tre laboratori adibiti ai test.
Ogni prodotto Gore è il risultato di una partnership con un cliente specifico, che dà il via a un vero e proprio processo personalizzato di test e produzione. Come mi spiega Valentina Savi, COF European PR di Gore, «lavoriamo a stretto contatto con i nostri partner per produrre e rilasciare i migliori prodotti per l’outdoor e il lifestyle. Il dipartimento di ricerca e sviluppo dei partner collabora con i nostri reparti di vendita, gli specialisti di prodotto e gli ingegneri per sviluppare una collezione di prodotti che soddisfi tutti gli standard Gore», in primis quella di “tenerti asciutto”, come recita lo storico claim. L’azienda impiega più di 10.500 dipendenti in tutto il mondo, che vengono chiamati “Associates” e che sono in parte proprietari del marchio attraverso un piano di partecipazione azionaria. Racconta Savi: «Il sogno era quello di creare una nuova cultura aziendale che credesse in ogni individuo e incoraggiasse la sperimentazione, l’assunzione di rischi sani, la crescita e lo sviluppo personale e la proprietà condivisa per il successo. Sin dalla fondazione, i principi di libertà, equità, impegno, rispetto e condivisione delle decisioni più difficili, guidano il processo decisionale quotidiano e supportano il successo a lungo termine dell’impresa. Ogni associato ha il potere di operare con la mentalità del proprietario, assumendo impegni che aiutano a guidare il successo a lungo termine di Gore. Gli associati sono inoltre incoraggiati a svolgere un ruolo attivo nel tracciare il proprio percorso di carriera, lavorando con sponsor e leader, non con i capi, per far crescere i loro contributi e per abbinare i loro talenti e interessi alle esigenze aziendali. Titoli fantasiosi, capi autoritari, scale aziendali: non li troverai in Gore. Ma abbiamo associati in ruoli di leadership che si assumono la responsabilità di aree chiave delle nostre attività e funzioni».
Quando visito la sede di Newark (prima che l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19 arrivasse in Europa e negli Stati Uniti), l’atmosfera è a metà strada tra il campus universitario e la grande azienda tecnologica, un polo futuristico immerso nel verde della provincia americana dove le nuove giacche vengono lasciate per ore sotto la pioggia artificiale in un laboratorio adibito (la Rain Room, progettata per simulare una grande varietà di tipi di pioggia) oppure sottoposte ad agenti atmosferici estremi (nello Storm Cube, una macchina climatica capace di simulare ogni tipo di vento, compresi i forti venti di burrasca fino a 80 km/h). Come spiega Savi, «ci sono tre fasi di test. Il primo è sui materiali: mentre innoviamo e miglioriamo la nostra gamma, testiamo costantemente i materiali in laboratorio. Questo processo sistematico garantisce che stiamo iniziando dalla miglior situazione possibile. Il secondo è sulla prestazione: i test di laboratorio sono fantastici, ma solo le persone possono giudicare come i prodotti si comportano sul corpo, come funzionano e si indossano in diversi ambienti e attività. Ecco perché i test con gli esseri umani sono fondamentali. Poi ci sono i test sul campo: niente replica perfettamente il mondo reale. Che sia progettato per la vetta di una montagna o per una città ventosa, i nostri atleti ed esperti mettono alla prova ogni prodotto prima che venga approvato. Le nostre giacche e gli altri prodotti di abbigliamento esterno sono sottoposti a test intensivi. Se in qualsiasi fase un prodotto non corrisponde ai nostri elevati standard di qualità, viene rimandato al tavolo da disegno».
Ogni capo di abbigliamento deve infatti superare il test Martinadale, il test di flessione a freddo, la Rain room, lo Storm Cube, il test Instron e infine il test del comfort. Le calzature, invece, vengono sottoposte al simulatore di camminata, al test di centrifuga, al test di assorbimento per capillarità e al test del comfort.
Per i test sul campo, Gore-Tex si affida agli atleti che per primi indossano quei capi che oggi si vedono tranquillamente anche in città, dove non c’è traccia di natura selvaggia: «Lavoriamo con atleti che offrono input e supporto mentre testiamo ed evolviamo le nostre tecnologie di prodotto, dagli atleti professionisti alle icone del mondo della musica amanti della vita all’aria aperta. Lo scalatore Stefan Glowacz, lo scalatore Alex Megos, gli alpinisti Greg Hill e Tamara Lunger e il trail runner Daniel Jung sono i nostri atleti Gore», continua Savi. E per quanto riguarda la sostenibilità? «Entro il 2030, ridurremo le emissioni di carbonio [come definite dal Greenhouse Gas Protocol, lo strumento internazionale più utilizzato dai leader governativi e aziendali per comprendere, quantificare e gestire le emissioni di gas serra, ndr] provenienti dai siti di produzione e dagli uffici di Gore del 60 per cento rispetto ai dati del 2016, e ci adopereremo per diventare carbon neutral entro il 2050. Inoltre, miriamo a una riduzione delle emissioni relative ai prodotti Gore-Tex del 35 per cento entro il 2030, sempre a partire dai dati del 2016. Abbiamo calcolato le emissioni di carbonio attribuibili ai prodotti Gore-Tex e questo ci ha aiutato a identificare tre aree di azione iniziali per ridurre la nostra impronta di carbonio: ridurre il consumo di energia e introdurre energia rinnovabile nei siti di produzione di Gore; ottimizzare il design del prodotto; lavorare con i nostri fornitori per ridurre le emissioni dei loro impianti passando dall’energia generata da combustibili fossili all’energia rinnovabile e aumentare l’efficienza», conclude Savi.
Proprio grazie alla sua versatilità, questo incredibile materiale è così entrato nella vita di milioni di persone, non solo per i professionisti dell’outdoor, ma per gli scalatori amatoriali, gli amanti del trekking della domenica e i pendolari di città, che hanno imparato ad apprezzarne la comodità, la performance e la durabilità nel tempo. Ulteriore conferma di come l’abbigliamento tecnico, sulla scia dello streetwear, sia ormai diventato a tutti gli effetti una nuova categoria del guardaroba.