Attualità

Il sindaco possibile

Primarie democratiche di Milano: Boeri, Dalai e Sarica dichiarano la loro preferenza e parlano di pregi e difetti dei candidati a Palazzo Marino.

di Aa.Vv.

La corsa per le primarie di Milano, per le quali si voterà il 6-7 febbraio prossimi, è entrata nella fase finale: dibattiti, incontri, appuntamenti coi sostenitori e polemiche intra-partito sono più che mai nel vivo. Il “popolo delle primarie”, come viene solitamente definito, è chiamato a scegliere tra Giuseppe Sala, per molti “Beppe”, uomo dietro il recente successo di Expo, Francesca Balzani, vicesindaco e portabandiera della fu “rivoluzione arancione” di Giuliano Pisapia, e Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali della giunta uscente, il candidato considerato più a sinistra.

Per coprire l’importante evento del centrosinistra milanese, abbiamo chiesto a tre sostenitori rilevanti di questi nomi, uno per candidato, di raccontarci perché hanno scelto di esprimere la loro preferenza in quel senso. Di cosa ha bisogno Milano dalla sua prossima amministrazione? Perché Sala, Balzani o Majorino sono i sindaci che possono realizzare il cambiamento?

 

Perché Pierfrancesco Majorino – Michele Dalai

Voto Majorino. Semplice. Ho apprezzato e supportato la candidatura di Francesca Balzani ma alla lunga è stato un po’ come andare a vedere la propria squadra del cuore giocare contro una per cui si simpatizza senza trasporto. Voto Majorino perché conosco la fatica della nostra generazione, conosco i pregiudizi e la diffidenza che ha affrontato per anni, scrollandoseli di dosso con grande signorilità, conosco la sua coerenza e il rifiuto per qualsiasi possibilità di accesso facilitato alle stanze del potere e dell’amministrazione della cosa pubblica. Pierfrancesco Majorino si è caricato sulle spalle un assessorato scomodo, ha studiato come fosse un ragazzino di fronte a una materia nuova e ha fatto cose meravigliose di cui la città si accorge progressivamente e si accorgerà negli anni a venire.

Voto Majorino perché restituisce valore e dignità al concetto stesso di essere uomini di sinistra, non trincerati dietro le categorie ideologiche che tutti gli rinfacciano e ci rinfacciano quando mancano gli argomenti, ma capace di trasformare quelle idee in azioni, in interventi che hanno inciso sulla quotidianità e sul benessere di una grande metropoli europea. Voto Majorino quindi perché è adeguato, parola magica che troppo spesso non consideriamo.

Per tutti questi motivi non voterei mai Sala, nemmeno dovesse vincere le primarie. Non per mancanza di spirito di corpo o per sindrome da frammentazione del consenso, malattia grave della sinistra; semplicemente perché a mio modo di vedere tra Sala e uno dei qualsiasi possibili candidati del centrodestra non c’è alcuna differenza sostanziale: Sala è già un candidato del centrodestra e delle sfide in casa altrui mi occupo poco e malvolentieri.

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Perché Francesca Balzani – Stefano Boeri

Conosco bene Francesca Balzani. Conosco il suo coraggio e la sua ostinazione; la capacità di gestire con grande equilibrio problemi complessi e di venire a capo – a volte con sorprendente creatività – di estenuanti negoziazioni. Francesca si è soprattutto occupata, nella professione e nella politica, di gestire e portare a termine bilanci. Sembrerebbe una limitazione, ma non è così: gestire un bilancio significa saper governare un “doppio movimento”. Da un lato significa ascoltare tutti, accogliere le richieste di tutti, capirne le necessità, scovarne le aspettative. Dall’altro significa decidere; stabilire una gerarchia che, selezionando un equilibrio, escluderà qualcuno e premierà qualcun altro.

Francesca sa governare entrambi questi aspetti, simultaneamente, rifiutando le facili e ottuse scorciatoie dei “tagli lineari” e accettando sempre la sfida di stabilire ed esplicitare i suoi criteri di scelta per redigere un bilancio; così è stato a Genova, a Milano e a Bruxelles per il bilancio della Commissione europea.

Gestire con intelligenza, cura e creatività un complesso bilancio non vuol dire occuparsi di conti; ma di vite, di scelte, di politiche. Vuol dire insieme prendersi cura e governare; ascoltare e decidere. Qualcosa che assomiglia moltissimo alla sfera di azione di un bravo sindaco. È proprio grazie a queste qualità che Francesca Balzani sa parlare a tutti, spesso scompaginando i codici della politica. Sa parlare a tutti gli iscritti e gli elettori del Pd, perché nella sua azione di donna forte e libera da pregiudizi non è difficile intravedere l’idea di un partito aperto al mondo e coraggioso, che saprà liquidare i balletti tattici e di potere delle sue anacronistiche correntine interne.

Sa parlare a tutte le anime del centrosinistra, unendo insieme le posizioni più diverse entro una fortissima idea di «riformismo radicale»:  la forza di perseguire con coerenza delle politiche che realmente modificano la vita quotidiana di migliaia di cittadine e cittadini. E sa parlare a tutti i milanesi. Lo fa promettendo una visione per il futuro prossimo della metropoli-Milano; e accompagnando questa visione con azioni immediate, che rendono questa visione da subito operabile. Trasformando la politica che di solito usa il futuro come campo di anticipazioni facili e subito spendibili per il consenso in un “futuro istantaneo”, che permette a tutti di decidere, da subito, se far parte o meno di un progetto di futuro collettivo e condiviso. Francesca è una scoperta per la politica italiana. La migliore candidata a governare, da sindaco, Milano.

Around Milan

 

Perché Beppe Sala – Federico Sarica

La premessa è che queste primarie raccontano due successi: il primo è quello del metodo di selezione delle proposte politiche e della classe dirigente scelto dal Partito democratico: confronto fra idee e visioni differenti a viso aperto e chi prende un voto in più corre per fare il sindaco. Spiace per chi storce la bocca e ricorda le primarie difficoltose di altre fasi e di altri luoghi, ma fino a prova contraria questa del Pd resta una gran lezione di politica e di democrazia. Il secondo successo è quello di Milano, la quale, pur nelle divisioni, riesce a ospitare un esercizio democratico autonomo, aperto e in parte, quel che basta, indipendente dalla dinamiche politiche nazionali. Chapeau a tutti quindi. Fatta questa lunga e doverosa premessa, personalmente penso che fra i candidati in corsa, il più adatto a guidare Milano nella fase che comincia sia Beppe Sala.

L’ho scritto tempo fa qui: credo che la sfida di Milano sia una sfida di apertura al mondo a 360 gradi, che tenga dentro le caratteristiche di accoglienza e di solidarietà della città ma anche la capacità di attrarre nuovi investimenti, di promuovere Milano nel mondo, di accettare la sfida della globalizzazione, con i suoi pro e i suoi contro. Mi sembra che le candidature di Majorino e Balzani cadano in qualche modo nel vecchio errore di una certa sinistra di tenere fuori una parte del ragionamento di cui sopra, di non comprendere pienamente che il mondo è radicalmente cambiato, che gli investimenti immobiliari dei grandi gruppi internazionali, ad esempio, non sono affatto in antitesi col tema dell’accoglienza dei rifugiati, uno non esclude l’altro, sono due facce della stessa medaglia.

A conferma di questa tesi, il contenuto delle accuse politiche fatte a Sala: il candidato dei “poteri forti”, dei “comitati d’affari”, come se gli “affari” non fossero una delle caratteristiche fondanti attorno alle quali si muove la vita di questa laboriosa città. Serve un sindaco disposto a mediare e sporcarsi le mani, un sindaco di tutta Milano e di tutti quelli che ci vivono, ci lavorano e ci vengono, per piacere o per lavoro, un sindaco che sappia far combaciare gli interessi dei privati, che saremmo tutti noi, con quelli della collettività, che saremmo di nuovo noi più tutti gli altri. Il più adatto mi sembra Beppe Sala, peraltro uno degli artefici dell’ottimo 2015 che ha fatto rinascere la città. A meno che, per smanie identitarie, non si voglia negare anche questo.

 

Fotografie di Vittorio Zunino Celotto per Getty Images.