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Nobody’s Girl, il memoir di Virginia Giuffre sul caso Epstein, ha venduto un milione di copie in due mesi Il libro è già alla decima ristampa e più della metà delle vendite si è registrata in Nord America.
YouTube avrebbe speso più di un miliardo di dollari per i diritti di trasmissione degli Oscar Nessuna tv generalista è riuscita a superare l'offerta e quindi dal 2029 al 2033 la cerimonia verrà trasmessa in esclusiva su YouTube.
Miss Finlandia ha perso il suo titolo dopo aver fatto il gesto degli “occhi a mandorla” ma in compenso è diventata un idolo dell’estrema destra Il gesto è stato imitato anche da due parlamentari del partito di governo Veri finlandesi, nonostante il Primo ministro lo abbia condannato.
In un editoriale su Politico, Pedro Sánchez ha definito la crisi abitativa «la più grande emergenza di questa epoca» E ha invitato tutti i Paesi dell'Ue a iniziare a trattare il diritto alla casa come quello alla sanità e all'istruzione.
La Romania spenderà un miliardo di euro per costruire Dracula Land, un enorme parco giochi a tema vampiri Il parco verrà costruito vicino a Bucarest e l'intenzione è di competere addirittura con Disneyland Paris.
Tra i 12 film nella shortlist dell’Oscar al Miglior film internazionale ce ne sono tre che parlano di Palestina È invece rimasto fuori dalla lista Familia: il film di Francesco Costabile, purtroppo, non ha passato neanche la prima selezione dell’Academy.
I sostenitori di Trump sono andati sotto l’ultimo post Instagram di Romy Reiner a festeggiare la morte del padre A fomentare ulteriormente il loro odio è stata la breve didascalia del post che contiene una frase contro Trump.
La Spagna introdurrà un abbonamento mensile di 60 euro per viaggiare con tutti i mezzi pubblici in tutto il Paese È il secondo Paese in Europa che prende un'iniziativa simile: prima c'era stata la Germania, il cui abbonamento mensile costa anche meno.

Chi ci sarà a Studio in Triennale: Fredrik Sjöberg

I suoi libri sono flânerie intellettuali e sentimentali tra memoir e scrittura naturalistica: domenica 27 avremo l'autore svedese ospite alla Triennale di Milano.

25 Novembre 2016

Domenica 27 novembre alle 18.30, negli spazi della Triennale di Milano, Paolo Nori converserà con lo scrittore e giornalista svedese Fredrik Sjöberg, autore del caso editoriale L’arte di collezionare mosche (Iperborea). Nell’attesa dell’evento, pubblichiamo un nostro profilo dell’autore.

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Fredrik Sjöberg vive a Runmarö, una piccola isola di quindici chilometri quadrati nell’arcipelago di Stoccolma. A Runmarö abitano tremila esseri umani (appena un po’ di più durante l’estate) eppure Sjöberg vi è riuscito a catturare e catalogare più di duecento specie di mosche nel corso di sette anni. Entomologo, giornalista culturale, collezionista, artista, nel 2004 Sjöberg ha scritto un piccolo libro, L’arte di collezionare mosche, in cui racconta la sua lunga storia d’amore con le mosche e la scienza della loro catalogazione. Detta così non si spiega come possa essere diventato negli ultimi anni, da quando nel 2015 è stato tradotto in Europa (in Italia meritoriamente da Iperborea), un libro, e un autore, tanto amato. Del resto lo dice lui stesso: «Nessuna persona sensata si interessa delle mosche».

artediConfermando un sospetto che ho da un po’, quello di non essere una persona sensata, i libri di Sjöberg rappresentano proprio quel tipo di scrittura che più mi interessa frequentare (ne ho scritto sempre su Studio in un’altra occasione). Scritture indefinibili perché su un andamento lascamente narrativo intrecciano divagazioni saggistiche, appunti di viaggio, osservazioni naturalistiche, lavorano sulla memoria e lo spazio, sono serenamente indifferenti a quegli stanchi feticci che sono i personaggi e la trama, ma senza alcuna furia avanguardista. Semplicemente girano (“gironzolano” mi verrebbe da dire) intorno a una domanda, a quella cosa imprendibile e guizzante che diventano “i temi” quando vengono smontati dalle ossessioni.

Concedetemi un momento teorico spesso (c’entra Hegel). Da un certo punto di vista, queste scritture fanno quello che ha sempre fatto il romanzo moderno: forniscono un particolare tipo di conoscenza, non attraverso il concetto (come fanno le scienze), ma mediante la mimesi narrativa. Soltanto che oggi, nella realtà in cui siamo immersi, per dire qualcosa di vero sul mondo o sul cuore degli uomini, l’armamentario classico del romanzo – anche nella sua variante modernista e postmoderna – serve a poco, e comunque è stato appaltato ad altre forme narrative (e no, non soltanto le serie televisive. Vi siete mai chiesti perché tutti si riempiono la bocca della parola storytelling?). Per quest’altri scrittori, invece, è più utile un bric-à-brac di tecniche e linguaggi differenti, senza alcuna gerarchia o deferenza, perché forse, molto più che in passato, oggi facciamo esperienza del mondo proprio attraverso un bric-à-brac di tecniche e linguaggi che dobbiamo provare a mettere insieme per dare un senso alle nostre giornate.

I suoi libri danno forma al richiamo che le isole hanno per le anime ferite

E questo Sjöberg lo fa benissimo. Soprattutto lo fa con un passo tutto suo, che è il segreto del suo carisma (e del suo successo), un bighellonare accogliente e laconico, pieno di ironia. I suoi libri sono flânerie intellettuali e sentimentali, soffuse di dolcezza e malinconia, di una segreta tristezza a cui ci si abbandona felici, come passeggiate solitarie intorno alla propria camera (de Maistre, del resto, è un riferimento da tenere a mente) o intorno a un’isola. Per questo se si vuole capire meglio “il fenomeno Sjöberg” non si può prescindere dal richiamo claustrale dell’isola. I suoi libri, L’arte di collezionare mosche più di tutti, danno forma al richiamo che le isole – l’idea di isola – hanno per le anime ferite. È difficile dire cosa succede nei libri di Sjöberg, forse non succede niente, eppure sono libri percorsi da un dinamismo costante, quello di un continuo movimento tra il fuori, il «terribile intricato mondo», e il dentro dell’isola e dei pensieri; tra il caos proliferante della natura e l’ordine della collezione.

«Molti anni fa, prima dell’isola e del teatro, risalii l’immenso fiume Congo su una chiatta che faceva servizio passeggeri. Ah, che avventura! Che racconto poteva venirne fuori! Sulla libertà! E invece niente: non sono mai riuscito a dire altro che le foreste erano grandi e il fiume largo come lo stretto di Kalmar. Che c’ero stato. È questo che capita quando si viaggia per avere qualcosa da raccontare. Si perde la capacità di vedere. In compenso avrei potuto essere inesauribile sul tema della nostalgia. Meglio non dire niente». Ecco, quelli di Sjöberg sono libri che, finalmente, non si leggono “per avere qualcosa da raccontare”, in cui si smette di pensare a quello che verrà dopo, a cosa ne potrò fare a lettura finita – atteggiamento che molti scrittori, soprattutto italiani, proprio non riescono a concepire – all’utile che me ne verrà. Riuscire a leggere senza pensare all’insegnamento morale che ne posso trarre, senza preoccuparmi del destino della mia anima: non è poco, in questi tempi come in altri.

«Ma andava sempre a finire che me ne restavo lì come avvolto in uno sciame di pensieri brevi, quasi puntiformi, incolori, senza apparente connessione. Come se una potenza superiore mi avesse riempito la testa di coriandoli». Insomma, sarà per questo che a me, e a quelli come me, piace tanto Sjöberg: perché abbiamo la testa piena di coriandoli.

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