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18:48 giovedì 25 dicembre 2025
Migliaia di spie nordcoreane hanno tentato di farsi assumere da Amazon usando falsi profili LinkedIn 1800 candidature molto sospette che Amazon ha respinto. L'obiettivo era farsi pagare da un'azienda americana per finanziare il regime nordcoreano.
È morto Vince Zampella, l’uomo che con Call of Duty ha contribuito a fare dei videogiochi un’industria multimiliardaria Figura chiave del videogioco moderno, ha reso gli sparatutto mainstream, fondando un franchise da 400 milioni di copie vendute e 15 miliardi di incassi.
A Londra è comparsa una nuova opera di Banksy che parla di crisi abitativa e giovani senzatetto In realtà le opere sono due, quasi identiche, ma solo una è stata già rivendicata dall'artista con un post su Instagram.
Gli scatti d’ira di Nick Reiner erano stati raccontati già 20 anni fa in un manuale di yoga scritto dall’istruttrice personale d Rob e Michele Reiner Si intitola A Chair in the Air e racconta episodi di violenza realmente accaduti nella casa dei Reiner quando Nick era un bambino.
Il neo inviato speciale per la Groenlandia scelto da Trump ha detto apertamente che gli Usa vogliono annetterla al loro territorio Jeff Landry non ha perso tempo, ma nemmeno Danimarca e Groenlandia ci hanno messo molto a ribadire che di annessioni non si parla nemmeno.
Erika Kirk ha detto che alle elezioni del 2028 sosterrà J.D. Vance, anche se Vance non ha ancora nemmeno annunciato la sua candidatura «Faremo in modo che J.D. Vance, il caro amico di mio marito, ottenga la più clamorosa delle vittorie», ha detto.
A causa della crescita dell’industria del benessere, l’incenso sta diventando un bene sempre più raro e costoso La domanda è troppa e gli alberi che producono la resina da incenso non bastano. Di questo passo, tra 20 anni la produzione mondiale si dimezzerà.
È appena uscito il primo trailer di The Odyssey di Nolan ed è già iniziato il litigio sulla fedeltà all’Odissea di Omero Il film uscirà il 16 luglio 2026, fino a quel giorno, siamo sicuri, il litigio sulle libertà creative che Nolan si è preso continueranno.

Chi ci sarà a Studio in Triennale: Fredrik Sjöberg

I suoi libri sono flânerie intellettuali e sentimentali tra memoir e scrittura naturalistica: domenica 27 avremo l'autore svedese ospite alla Triennale di Milano.

25 Novembre 2016

Domenica 27 novembre alle 18.30, negli spazi della Triennale di Milano, Paolo Nori converserà con lo scrittore e giornalista svedese Fredrik Sjöberg, autore del caso editoriale L’arte di collezionare mosche (Iperborea). Nell’attesa dell’evento, pubblichiamo un nostro profilo dell’autore.

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Fredrik Sjöberg vive a Runmarö, una piccola isola di quindici chilometri quadrati nell’arcipelago di Stoccolma. A Runmarö abitano tremila esseri umani (appena un po’ di più durante l’estate) eppure Sjöberg vi è riuscito a catturare e catalogare più di duecento specie di mosche nel corso di sette anni. Entomologo, giornalista culturale, collezionista, artista, nel 2004 Sjöberg ha scritto un piccolo libro, L’arte di collezionare mosche, in cui racconta la sua lunga storia d’amore con le mosche e la scienza della loro catalogazione. Detta così non si spiega come possa essere diventato negli ultimi anni, da quando nel 2015 è stato tradotto in Europa (in Italia meritoriamente da Iperborea), un libro, e un autore, tanto amato. Del resto lo dice lui stesso: «Nessuna persona sensata si interessa delle mosche».

artediConfermando un sospetto che ho da un po’, quello di non essere una persona sensata, i libri di Sjöberg rappresentano proprio quel tipo di scrittura che più mi interessa frequentare (ne ho scritto sempre su Studio in un’altra occasione). Scritture indefinibili perché su un andamento lascamente narrativo intrecciano divagazioni saggistiche, appunti di viaggio, osservazioni naturalistiche, lavorano sulla memoria e lo spazio, sono serenamente indifferenti a quegli stanchi feticci che sono i personaggi e la trama, ma senza alcuna furia avanguardista. Semplicemente girano (“gironzolano” mi verrebbe da dire) intorno a una domanda, a quella cosa imprendibile e guizzante che diventano “i temi” quando vengono smontati dalle ossessioni.

Concedetemi un momento teorico spesso (c’entra Hegel). Da un certo punto di vista, queste scritture fanno quello che ha sempre fatto il romanzo moderno: forniscono un particolare tipo di conoscenza, non attraverso il concetto (come fanno le scienze), ma mediante la mimesi narrativa. Soltanto che oggi, nella realtà in cui siamo immersi, per dire qualcosa di vero sul mondo o sul cuore degli uomini, l’armamentario classico del romanzo – anche nella sua variante modernista e postmoderna – serve a poco, e comunque è stato appaltato ad altre forme narrative (e no, non soltanto le serie televisive. Vi siete mai chiesti perché tutti si riempiono la bocca della parola storytelling?). Per quest’altri scrittori, invece, è più utile un bric-à-brac di tecniche e linguaggi differenti, senza alcuna gerarchia o deferenza, perché forse, molto più che in passato, oggi facciamo esperienza del mondo proprio attraverso un bric-à-brac di tecniche e linguaggi che dobbiamo provare a mettere insieme per dare un senso alle nostre giornate.

I suoi libri danno forma al richiamo che le isole hanno per le anime ferite

E questo Sjöberg lo fa benissimo. Soprattutto lo fa con un passo tutto suo, che è il segreto del suo carisma (e del suo successo), un bighellonare accogliente e laconico, pieno di ironia. I suoi libri sono flânerie intellettuali e sentimentali, soffuse di dolcezza e malinconia, di una segreta tristezza a cui ci si abbandona felici, come passeggiate solitarie intorno alla propria camera (de Maistre, del resto, è un riferimento da tenere a mente) o intorno a un’isola. Per questo se si vuole capire meglio “il fenomeno Sjöberg” non si può prescindere dal richiamo claustrale dell’isola. I suoi libri, L’arte di collezionare mosche più di tutti, danno forma al richiamo che le isole – l’idea di isola – hanno per le anime ferite. È difficile dire cosa succede nei libri di Sjöberg, forse non succede niente, eppure sono libri percorsi da un dinamismo costante, quello di un continuo movimento tra il fuori, il «terribile intricato mondo», e il dentro dell’isola e dei pensieri; tra il caos proliferante della natura e l’ordine della collezione.

«Molti anni fa, prima dell’isola e del teatro, risalii l’immenso fiume Congo su una chiatta che faceva servizio passeggeri. Ah, che avventura! Che racconto poteva venirne fuori! Sulla libertà! E invece niente: non sono mai riuscito a dire altro che le foreste erano grandi e il fiume largo come lo stretto di Kalmar. Che c’ero stato. È questo che capita quando si viaggia per avere qualcosa da raccontare. Si perde la capacità di vedere. In compenso avrei potuto essere inesauribile sul tema della nostalgia. Meglio non dire niente». Ecco, quelli di Sjöberg sono libri che, finalmente, non si leggono “per avere qualcosa da raccontare”, in cui si smette di pensare a quello che verrà dopo, a cosa ne potrò fare a lettura finita – atteggiamento che molti scrittori, soprattutto italiani, proprio non riescono a concepire – all’utile che me ne verrà. Riuscire a leggere senza pensare all’insegnamento morale che ne posso trarre, senza preoccuparmi del destino della mia anima: non è poco, in questi tempi come in altri.

«Ma andava sempre a finire che me ne restavo lì come avvolto in uno sciame di pensieri brevi, quasi puntiformi, incolori, senza apparente connessione. Come se una potenza superiore mi avesse riempito la testa di coriandoli». Insomma, sarà per questo che a me, e a quelli come me, piace tanto Sjöberg: perché abbiamo la testa piena di coriandoli.

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