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Netflix trasmetterà in streaming TF1, il canale televisivo più seguito in Francia È il primo accordo di questo tipo firmato dalla piattaforma streaming. Non sarà l'ultimo, visti i recenti cambiamenti nella politica aziendale di Netflix.
Nel Regno Unito c’è la moda di andare a farsi le punturine di filler nei bagni pubblici Sempre più persone prendono appuntamento via social per un ritocchino low cost nelle toilette pubbliche, con rischi enormi per la salute.
Nanni Moretti ha raccontato i primi dettagli del suo prossimo film Si intitolerà Succederà questa notte, sarà un adattamento di una raccolta di racconti di Eshkol Nevo e i protagonisti saranno Jasmine Trinca e Louis Garrel.
A causa del caldo (e dell’overtourism), in futuro ferie e chiusure aziendali potrebbero essere spostate in primavera Sta già succedendo, in realtà: chi può parte quando le temperature sono ancora sopportabili, i luoghi meno affollati e i prezzi più accessibili.
È uscito il trailer di Portobello, la serie tv sul caso Tortora e la prima produzione italiana di Hbo Diretta da Marco Bellocchio e con protagonista Fabrizio Gifuni, è già uno dei titoli italiani più attesi del 2026.
Già nel 1986, in un’intervista della Rai, Netanyahu mostrava di essere un estremista Fa impressione vedere le risposte date dall'allora 38enne Netanyahu a Giovanni Minoli nel famoso programma Mixer.
A quanto pare Papa Leone XIV è imparentato con un sacco di celebrity Lo ha rivelato un'inchiesta del New York Times: tra i cugini alla lontana ci sono Madonna, Angelina Jolie, Justin Bieber, Justin Trudeau e pure Hillary Clinton.
Per i palestinesi che vivono in Israele non ci sono bunker antiaerei in cui cercare rifugio Non ci sono perché non sono stati costruiti: con i bombardamenti iraniani i civili non hanno via di scampo.

Facebook deve essere trattato come un editore?

12 Gennaio 2017

Che Facebook sia di fatto una media company, il più grande editore di contenuti online, e che debba essere trattato come tale, lo si sente dire da qualche anno ormai: è Facebook che «possiede veramente il lettore» e i giornalisti stanno diventando produttori di contenuti per il social network, scriveva nel 2015 il direttore di The Awl John Herrman, per fare un esempio. Dal canto suo, Mark Zuckerberg ha sempre negato («siamo una tech company, non una media company», aveva detto quest’estate a Roma»), però le ultime mosse della sua azienda sembrano confermare sempre più la determinazione a comportarsi da azienda editoriale. Mercoledì infatti la società ha annunciato la nascita del Facebook Journalism Project: si tratta di un programma che mira a «rafforzare i legami tra Facebook e il settore giornalistico», realizzato con varie istituzioni come Poynter, il prestigioso centro studi specializzato in etica e sostenibilità del giornalismo.

Mark Zuckerberg Facebook

«Collaboreremo coi media per sviluppare prodotti, impareremo dai giornalisti come essere dei partner migliori, mentre dagli editori e dagli educatori capiremo come fornire alle persone gli strumenti per essere lettori informati nell’età digitale», ha scritto il direttore del programma, Fidji Simo. In parte dunque il nuovo progetto è una reazione alle accuse mosse al social network di avere contribuito al proliferare di notizie false, e in misura minore ai dubbi sollevati circa la cosiddetta filter-bubble, il fenomeno secondo cui, complici gli algoritmi che tendono a sottoporre agli utenti contenuti in base ai loro gusti, le persone sono esposti quasi solo a informazioni che confermano i propri preconcetti.

Come ha fatto notare Alison Griswold su Quartz, si tratta anche di un progetto che, forse per la prima volta dichiaratamente, punta a incorporare lavoro strettamente giornalistico: «In breve Facebook, che dice di non essere un editore, ha creato un intero progetto per fare le cose che fanno gli editori». Da notare però che il lavoro “giornalistico” è di fatto esternalizzato, delegato insomma a un progetto ai margini dell’azienda, che così facendo può rivendicare il suo non essere una media-company. Esistono due modi di interpretare la vicenda, prosegue l’autrice: «Un’analisi benigna della vicenda è che la società, che conta pochi giornalisti nel suo staff, preferisce delegare i contenuti a terzi. Un’analisi meno generosa è che Facebook sta facendo di tutto per evitare di essere echitettato come editore».

Foto: Mark Zuckerberg (Getty)
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