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I dazi turistici sono l’ultimo fronte nella guerra commerciale tra Stati Uniti ed Europa Mentre Trump impone agli stranieri una maxi tassa per l'ingresso ai parchi nazionali, il Louvre alza il prezzo del biglietto per gli "extracomunitari".
Papa Leone XIV ha benedetto un rave party in Slovacchia in cui a fare da dj c’era un prete portoghese Il tutto per festeggiare il 75esimo compleanno dell'Arcivescovo Bernard Bober di Kosice.
I distributori indipendenti americani riporteranno al cinema i film che non ha visto nessuno a causa del Covid Titoli molto amati da critici e cinefili – tra cui uno di Sean Baker e uno di Kelly Reichardt – torneranno in sala per riprendersi quello che il Covid ha tolto.
La presidente della Tanzania Samia Suluhu Hassan ha nominato il nuovo governo e ha fatto ministri tutti i membri della sua famiglia In un colpo solo ha sistemato due figlie, un nipote, un genero, un cognato e pure un carissimo amico di famiglia.
Sally Rooney ha detto che i suoi libri potrebbero essere vietati in tutto il Regno Unito a causa del suo sostegno a Palestine Action E potrebbe addirittura essere costretta a ritirare dal commercio i suoi libri attualmente in vendita.
In Francia è scoppiato un nuovo, inquietante caso di “sottomissione chimica” simile a quello di Gisèle Pelicot Un funzionario del ministero della Cultura ha drogato centinaia di donne durante colloqui di lavoro per poi costringerle a urinare in pubblico.
Dopo quasi 10 anni di attesa finalmente possiamo vedere le prime immagini di Dead Man’s Wire, il nuovo film di Gus Van Sant Presentato all'ultima Mostra del cinema di Venezia, è il film che segna il ritorno alla regia di Van Sant dopo una pausa lunga 7 anni.
Un esperimento sulla metro di Milano ha dimostrato che le persone sono più disponibili a cedere il posto agli anziani se nel vagone è presente un uomo vestito da Batman Non è uno scherzo ma una vera ricerca dell'Università Cattolica, le cui conclusioni sono già state ribattezzate "effetto Batman".

La pubblicità su Facebook permette di escludere su base etnica

02 Novembre 2016

Impostando una campagna pubblicitaria su Facebook, si può notare che tra le varie opzioni ce n’è una che riguarda l’appartenenza etnica. Ogni annuncio a pagamento può essere indirizzato a un target specifico, individuato in positivo in base ad alcune variabili come l’età o il livello di studio, ma anche, a quanto pare, in negativo, escludendo ciò che la piattaforma chiama «affinità etnica»: si tratta di un valore che comprende razza ed etnia di provenienza dell’utenza.

Ad accorgersene è stata anche ProPublica: il target di un annuncio immobiliare che ha potuto pubblicare senza sforzi escludeva dal pubblico di Facebook gli afroamericani, gli asiatici e gli ispanici.

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La no profit ha parlato della cosa con John Relman, un importante avvocato esperto di temi legati ai diritti civili, che è rimasto di stucco: «È una cosa terribile e illegale. È una violazione sfacciata della legge», ha detto. Una legge, quella americana, che nel 1954 ha dichiarato incostituzionale la segregazione razziale, e che dieci anni dopo ha abrogato anche le famigerate leggi Jim Crow, che crearono le condizioni per la separazione su base etnica tra la fine dell’Ottocento e gli anni Sessanta. Peraltro, lo strumento di Facebook viola anche il Fair Housing Act del 1968, una disposizione che rende illegale cedere una locazione discriminando in base a «razza, colore, religione, sesso, handicap, condizione familiare o origine nazionale».

Il social network di Mark Zuckerberg, d’altra parte, permette con il suo metodo di advertising di rivolgersi a delle nicchie, divise in circa cinquantamila categorie recentemente riorganizzate, il che è molto utile per le aziende. «Le nostre politiche proibiscono la discriminazione, e se ci accorgiamo che alcuni annunci violano le nostre regole prendiamo subito provvedimenti», ha detto Steve Satterfield, che per Facebook si occupa di privacy. Secondo lui, poi, le «affinità etniche» non hanno a che vedere con la razza – che tra l’altro, nota, non viene richiesta ai membri del social quando si iscrivono – ma vengono assegnate alle persone in base ai like che mettono ai post e alle pagine.

ProPublica, eppure, ha notato che le ad appartenenti a questa categoria vengono approvate dal sistema pochi minuti dopo aver fatto l’ordine: poco in confronto a quanto accade, per esempio, con il New York Times, che dopo aver perso una causa per contenuti pubblicitari discriminatori negli anni Ottanta, ha affinato un metodo che prevede un controllo umano che completa il filtraggio algoritmico delle pubblicazioni

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