Fino al 19 novembre il Mast di Bologna ospita le immagini di molti grandi fotografi che hanno indagato il rapporto tra uomo e lavoro.
È morto Mimmo Jodice, uno dei più importanti fotografi italiani
Tra i lavori che restano nella storia della fotografia le Vedute di Napoli, la serie Anamnesi e le foto ai capolavori del Museo Archeologico.
È morto a 91 anni Mimmo Jodice, uno dei fotografi più importanti del panorama italiano, attivo fin dagli anni ’60, che nella sua lunga carriera ha collaborato con artisti come Andy Warhol, Joseph Beuys e Sol LeWitt. Appena pochi giorni fa è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma il film Oltre il confine di Matteo Parisino, che lo racconta al lavoro accanto al figlio Francesco, anche lui affermato fotografo. Sulla sua vita è stato prodotto anche il documentario Un ritratto in movimento di Mario Martone dove lo stesso Jodice, insieme ad artisti, galleristi e intellettuali conosciuti lungo il suo percorso, racconta le storie che hanno ispirato le sue fotografie. Nel 2023 le Gallerie d’Italia di Torino gli avevano dedicato la grande retrospettiva Mimmo Jodice. Senza Tempo, secondo appuntamento del ciclo sui maestri della fotografia italiana a cura di Roberto Koch. In mostra c’erano 80 fotografie scattate tra il 1964 e il 2011, divise in 6 sezioni: Anamnesi, Linguaggi, Vedute di Napoli, Città, Natura, Mari.
Nato nel marzo del 1934 nel quartiere della Sanità a Napoli, Mimmo Jodice si forma da sé. Tra i lavori che restano nella storia della fotografia le Vedute di Napoli, le serie Anamnesi e le foto ai capolavori del Museo Archeologico. È stato poi docente di fotografia all’Accademia di Belle Arti di Napoli dal 1970 al 1994 dove fondò la prima cattedra italiana di fotografia. Ha vinto moltissimi premi e riconoscimenti: tra questi Antonio Feltrinelli dell’Accademia dei Lincei nel 2003, la laurea honoris causa in Architettura dall’Università Federico II di Napoli nel 2006. Dal 2011 era Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres dal ministero della Cultura Francese, oltralpe Jodice era amatissimo.
Ma la sua storia non è solo quella di un artista, è quella di un uomo che ha creduto nella fotografia come strumento di giustizia. Negli anni Settanta, con la moglie Angela Salomone, militante e compagna di vita, pubblica riviste come Il cuore batte a sinistra e Fabbrica e città, denunciando lo sfruttamento, lo scempio edilizio, la miseria delle periferie. Jodice fotografava (i vicoli, gli operai, i bambini del colera) «per cambiare il mondo». Poi arrivò la delusione: «Dopo dieci anni di impegno capii che nulla stava cambiando. Mi distrusse. Per un anno non fotografai più». Da quella crisi nacque la seconda vita di Jodice. Quando tornò a scattare, il suo sguardo si era spostato dentro di sé. Vedute di Napoli (1980) segna la svolta: la città appare deserta, senza uomini, sospesa in una dimensione metafisica. È la Napoli dell’attesa, un termine che ritornerà spesso nei suoi lavori. Nei mesi scorsi era stata annunciata la nascita di un Centro Studi Polifunzionale Mimmo Jodice dedicato ai giovani, nel Real Bosco di Capodimonte edificio Cataneo, notizia che lo rallegrò molto. A Capodimonte aveva già donato molte opere tra le quali il corpus di Avanguardie a Napoli, i progetti Eden e La città invisibile, Transiti, ed anche la sua camera oscura. L’ultima delle innumerevoli mostre è stata Napoli Metafisica al Castel Nuovo di Napoli.