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10:08 mercoledì 27 agosto 2025
Al Burning Man sta succedendo un disastro, di nuovo Tempeste di sabbia, code di otto ore per entrare, l'Orgy Dome distrutto: dopo la tremenda edizione 2023, anche quest'anno le cose sembrano mettersi male.
Se ci fosse un Leone d’oro per la miglior locandina, l’avrebbe già vinto Bugonia di Yorgos Lanthimos Il regista aveva dimostrato già un impeccabile gusto in fatto di locandine con quelle di Kinds of Kindness. Con quella del film che presenterà a Venezia è riuscito addirittura a superarsi.
I (pochi) turisti stranieri in vacanza in Corea del Nord sono rimasti molto impressionati dalla falsa Ikea e dal falso Starbucks di Pyongyang In tutto e per tutto simili ai loro corrispettivi occidentali e capitalisti, e anche un tantino più cari.
Werner Herzog ha aperto un profilo Instagram e nel suo primo post c’è lui che fa una grigliata Nella caption del post si legge: «I am Werner Herzog. This shall be my Instagram».
Dobbiamo iniziare a prepararci al nuovo album degli Arctic Monkeys? Secondo diversi indizi e indiscrezioni raccolte dai fan, la band è già al lavoro. Anzi, sarebbe già a buon punto.
La Nasa smetterà di studiare la crisi climatica perché secondo il suo capo non è una questione che la riguarda Sean Duffy ha detto che la Nasa deve dedicarsi solo all'esplorazione spaziale, non «a tutte queste scienze terrestri».
In autunno uscirà il memoir postumo di Virginia Giuffre, una delle principali accusatrici di Jeffrey Epstein Si intitola Nobody’s Girl, Giuffre lo avrebbe completato pochi giorni prima di suicidarsi, il 25 aprile scorso.
L’equivalente irlandese di Trenitalia ha introdotto una pesante multa per chi ascolta musica o guarda video senza cuffie sul treno Ireland’s Iarnród Éireann (Irish Rail) ha avvertito i suoi passeggeri: da adesso in poi, chi non tiene le cuffie e il volume basso, pagherà 100 euro di multa.

Da Tahrir a Cinisello

Quelli che non vogliono le elezioni (adesso). Incontro con la comunità cristiana copta

25 Novembre 2011

«I copti non le vogliono le elezioni. Almeno per il momento». George si accende una sigaretta e tossisce. «Per noi è cruciale la tempistica. Con i Fratelli Musulmani al 40%, è necessario rinviare il voto e fare fronte comune alla deriva islamica». George (il nome è di copertura) è un ingegnere egiziano, un cristiano copto. È un uomo di mezza età, si è laureato a Roma, vive a Cinisello e lavora a Milano: sta in Italia dall’inizio degli anni Settanta. È tanto tempo. Così tanto che una persona capace a integrarsi rischia anche di perdere il polso della situazione nel proprio Paese d’origine. «Torno al Cairo almeno ogni due mesi. È un modo per sentirsi a casa qui come laggiù».

Dietro la coltre di fumo, accenna un sorriso. George, che si è laureato a Roma, ha saputo assemblare la tradizione copta egiziana con l’ingegnosità brianzola. Spiega che nel suo Paese i cristiani sono «sempre stati un’élite». Il suo, naturalmente, è un orgoglio di categoria – ma dietro quelle parole c’è un che di fondato. Le “scuole domenicali” introdotte da Shenouda III, pontefice dei copti ortodossi, sono la colonna portante di questa minoranza. L’educazione dello Stato egiziano non garantisce un livello di preparazione adeguato. Di conseguenza, ogni domenica – ma anche il venerdì, giorno festivo per l’Islam e quindi per l’intero Paese – le chiese accolgono bambini e ragazzi per impartire loro le lezioni di catechismo e integrare quel poco che imparano a scuola. I copti rappresentano il 10% degli 80 milioni totali dei cittadini egiziani e non sarebbe corretto parlare di una setta confessionale emarginata (il termine “Copto” viene dal greco Aiguptos, egiziano). Basta visitare la miriade di monasteri e chiese che pullulano lungo il Nilo per rendersi conto del loro attaccamento alla terra egiziana.

Laico e pluriconfessionale lo era l’Egitto di Nasser, Sadat e di Mubarak prima maniera. «Sì, poi ha fatto il patto con il diavolo e si è dimenticato di noi», ricordava tempo fa Markus interprete copto di Alessandria. Il “diavolo” sarebbero i Fratelli Musulmani e i salafiti. I cristiani d’Egitto sono convinti che le recenti violenze contro di loro nascano da un’alleanza sottobanco tra il passato regime e il radicalismo musulmano.

«Il problema è che il regime faceva da cuscinetto e ora non c’è più», commenta ancora George. È per questo che non vorrebbe che si votasse lunedì prossimo. «Adesso sono i partiti islamici a dominare. Se attendessimo qualche altro mese, forse si potrebbe creare una coalizione contraria a questi». Tutti temono il rischio di cadere in balia non tanto della Fratellanza, bensì di quelle fazioni più estremiste. «In questo caso saremmo costretti a lasciare in massa la nostra terra».

La memoria di George torna agli anni di gioventù, quando lui e i suoi colleghi di università lasciarono case e famiglie non per scappare, ma per rilanciare l’Egitto. «Eravamo un’altra generazione. Facevamo parte di una borghesia urbana dalle usanze cosmopolite». Era l’Egitto delle ricche comunità straniere, europee soprattutto, delle città quali Il Cairo, Alessandria e Suez che facevano davvero da fari culturali nel Mediterraneo. «Oggi chi viene dal mio Paese, copto o musulmano che sia, è povero, poco istruito e con un trascorso rurale che gli impedisce l’integrazione in una città come Milano».

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