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14:29 mercoledì 30 aprile 2025
Tutti i media hanno ripreso un articolo di Reuters sulla vibrazione atmosferica indotta, che però non c’entra niente con il blackout iberico (e forse non esiste) E infatti Reuters quell'articolo è stata costretta a cancellarlo.
La chiusura della più famosa sauna di Bruxelles è un grosso problema per la diplomazia internazionale A Bruxelles tutti amano la sauna nella sede della rappresentanza permanente della Finlandia. Che ora però resterà chiusa almeno un anno.
C’è un cardinale che potrebbe non partecipare al conclave perché non si riesce a capire quando è nato Philippe Nakellentuba Ouédraogo, arcivescovo emerito di Ouagadougou, capitale del Burkina Faso, ha 80 anni o 79? Nessuno riesce a trovare la risposta.
La Corte europea ha vietato ai super ricchi di comprarsi la cittadinanza maltese Per la sorpresa di nessuno, si è scoperto che vendere "passaporti d'oro" non è legale.
Una nuova casa editrice indipendente pubblicherà soltanto libri scritti da maschi Tratterà temi come paternità, mascolinità, sesso, relazioni e «il modo in cui si affronta il XXI secolo da uomini».
Nella classifica dei peggiori blackout della storia, quello in Spagna e Portogallo si piazza piuttosto in basso Nonostante abbia interessato 58 milioni di persone, ce ne sono stati altri molto peggiori.
Microsoft ha annunciato che dal 5 maggio Skype “chiude” definitivamente L'app non sarà più disponibile, chi ancora si ricorda le credenziali potrà usarle per accedere a Teams.
Alexander Payne sarà il presidente della giuria alla prossima Mostra del cinema di Venezia Il regista torna sul Lido dopo un'assenza di otto anni: l'ultima volta ci era stato per presentare il suo film Downsizing.

Ungheria, riecco la radio anti-Urss

Nell'emergenza democratica magiara torna Radio Free Europe, emittente della propaganda antisovietica

05 Gennaio 2012

Chissà se a Monaco di Baviera stanno davvero ristrutturando il vecchio quartier generale, una serie di palazzine a due piani con il pacifico tetto di coppi rossi. O forse, discreti e silenziosi come nei momenti cruciali della storia, gli aerei statunitensi già atterrano invece a Praga, l’attuale sede della storica Radio Free Europe/Radio Liberty (su invito di Vaclav Havel), dopo la distruzione della sede tedesca avvenuta nel 1981. L’emittente fondata dal Congresso degli Stati Uniti nel 1949 per trasmettere propaganda anti-comunista all’interno dell’Unione Sovietica torna purtroppo d’attualità in Europa: colpa dell’Ungheria e di Viktor Orbán, il leader del partito di governo Fidesz.

Riepilogo: dopo la vittoria di Orbán alle elezioni del 2010, è stata approvata una nuova costituzione per l’Ungheria, entrata in vigore il 1° gennaio 2012. Per dirne una, l’Ungheria non è più, almeno nominalmente, una Repubblica: il termine è stato abrogato. Per dirne un’altra, come riferisce la Repubblica, «la newsroom unica dei media pubblici deve dare un 50 pe cento di notizie da rotocalco, un 40 per cento di successi del regime, un 10 di conflitti nell’opposizione», e per aggiungere un terzo, significativo tassello a questo mosaico di inquietudine, è stata chiusa Klubradio, l’unica radio indipendente magiara e una delle più ascoltate in tutto il paese, con circa mezzo milione di utenti giornalieri. «Klubradio non trasmetteva abbastanza musica nazionale», questa in soldoni una delle motivazioni addotte dall’autorità governativa di controllo dei media. Il 23 dicembre dello scorso anno, per la prima volta, Budapest è scesa in piazza. Martedì 3 gennaio, altre centomila persone hanno protestato. Se l’Europa mugugna soltanto (furbescamente, l’Ungheria ha approvato la nuova costituzione durante il suo turno di presidenza Ue), gli Usa si sono decisi prima, e proprio il 23/12 Hillary Clinton ha mosso il primo passo con una dura lettera indirizzata a Orbán. Il testo pare toccasse anche la questione Klubradio.

Mentre la Commissione Europea studia l’articolo 7 del Trattato di Lisbona (concernente la possibilità di togliere il diritto di voto agli stati che violano le regole democratiche), Mark Palmer, ex ambasciatore americano tra il 1986 e il 1990, sta lavorando alla restaurazione di Radio Free Europe in Ungheria, e qualcuno dice che le operazioni siano già quasi attive (d’altronde l’emittente è già attiva per Afghanistan – dove Radio Azadi, il servizio locale di RFE/RL, è il più seguito di tutto il paese – Pakistan, Kosovo, Ucraina, Iraq, eccetera). Appello raccolto da Charles Gati, professore di nascita ungherese della John Hopkins University, e dallo scrittore Paul Lendvai.
Nata come propaganda anticomunista, Radio Free Europe si rivolge ora contro uno storico avversario della falce e martello (anche se nel suo gabinetto, di otto ministri, tre facevano parte del partito comunista pre-1989).
Le prime trasmissioni partirono nel 1950 dirette verso la Cecoslovacchia, e continuarono fino alla caduta della Cortina. Finanziata dalla Cia dalla fondazione al 1971, negli anni successivi RFE/RL venne posta sotto la supervisione dell’International Broadcasting Bureau come organizzazione no-profit. Fu fondamentale, nonostante i costanti tentativi di disturbo del segnale, il suo apporto alla rivoluzione ungherese del 1956 quando trasmise, nei mesi precedenti, il racconto dell’insurrezione di Poznan, in cui morirono più di 100 operai sotto il fuoco sovietico.
Ma la nuova battaglia, in Ungheria, si combatterà con armi più sottili. L’ultimo singolo di Rihanna, per esempio.

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