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In Lituana gli studenti delle elementari e delle medie impareranno a pilotare droni per essere pronti in caso di invasione russa Agli studenti verrà insegnato a costruire e pilotare droni per aumentare il potenziale difensivo in vista di un potenziale attacco russo.
Tarantino ha detto di aver cancellato The Movie Critic quando si è accorto che il critico cinematografico è il mestiere più noioso del mondo «Nessuno vuole vedere un film su un critico cinematografico», ha spiegato, ospite del podcast The Church of Tarantino.
Associated Press non pubblicherà più recensioni letterarie perché a leggerle sono rimasti in pochissimi E a organizzarle, programmarle, scriverle ed editarle ci vuole invece molto tempo e molta fatica, ha spiegato l'azienda.
Il completo, che forse non è un completo, indossato da Zelensky nell’incontro con Trump ha causato un enorme litigio tra gli scommettitori online Milioni scommessi sul fatto che Zelensky avrebbe o non avrebbe indossato un completo. E ora una accesissima discussione attorno alla domanda: ma è un completo, quello?
A quanto pare Lana Del Rey è molto arrabbiata con Ethel Cain, ma nessuno ha ancora capito perché Le ha lanciato una frecciatina in una traccia del nuovo album e l'ha bloccata su Instagram: perché ce l'abbia così tanto con Cain, però, non è chiaro.
La sinistra mondiale va così male che è riuscita a perdere le elezioni anche nella Bolivia socialista Il Movimiento al Socialismo governava dal 2005, ma al primo turno è arrivato a malapena quarto. Al ballottaggio vanno un candidato di centro e uno di centrodestra.
A Liam Gallagher hanno vietato di lanciare tra il pubblico tamburello e maracas alla fine dei concerti perché le persone si picchiavano pur di accaparrarseli È stata l'organizzazione del concerto a dirglielo, per evitare che i fan si «strizzino i capezzoli a vicenda, si tirino le orecchie, si prendano a ginocchiate nelle parti basse».
È morto Ronnie Rondell, l’uomo che andava a fuoco sulla copertina di Wish You Were Here dei Pink Floyd Ci vollero 15 tentativi per ottenere lo scatto perfetto, un'impresa che mise a dura prova anche uno stunt man come lui, sopravvissuto alle riprese più spericolate della storia del cinema.

Perché in America si discute (ancora) di “cancel culture”

La lettera pubblicata su Harper’s Magazine e firmata da alcuni grandi intellettuali ha riacceso il dibattito sui risvolti più controversi dell’attivismo online. Alcuni articoli per capirne di più.

di Studio
11 Luglio 2020

Lo scorso 7 luglio, la rivista letteraria Harper’s ha pubblicato una lettera intitolata “A Letter on Justice and Open Debate”, che apparirà nella versione cartacea del magazine che uscirà a ottobre. Firmata da centocinquanta tra intellettuali, scrittori e giornalisti di alto profilo – per citarne alcuni, ci sono Noam Chomsky, Margaret Atwood, Gloria Steinem, Meera Nanda, Salman Rushdie e anche J. K. Rowling –, la lettera vuole essere un invito a ripensare le modalità della discussione pubblica intorno ai grandi temi del contemporaneo, a partire dalla constatazione che «il libero scambio di informazioni e idee, linfa vitale di una società liberale, sta diventando sempre più limitato». Il riferimento è a quella che viene definita “cancel culture”, che in italiano si potrebbe tradurre grossolanamente in “dittatura del politicamente corretto”, termine con cui si indica il boicottaggio social di personaggi pubblici che si sono espressi in maniera controversa su temi sensibili come il razzismo e i diritti delle comunità emarginate. A partire dal #MeToo, sono stati tanti i personaggi “cancellati” – e cioè accusati di essere razzisti, sessisti, omofobi e transfobici e perciò esposti alla gogna social –, spesso con una brutalità tale da ricordare quella di certe posizioni contestate. La “cancellazione” è un meccanismo che è nato sui social e sui social vive ed è molto complesso da analizzare: abbiamo raccolto qui alcune delle opinioni più interessanti sul tema, tra chi ritiene che questi atteggiamenti impoveriscano la dialettica del dibattito e chi invece rileva un vizio di forma in preoccupazioni di questo tipo (quello di non prendere sul serio le rivendicazioni dei movimenti).

A Letter on Justice and Open Debate – Harper’s Magazine
Pubblicata da molti famosi scrittori, giornalisti, accademici e attivisti sulla rivista Harper’s per criticare la cosiddetta “cancel culture”, la lettera che si trova a questo link sta causando un grande dibattito negli Stati Uniti e non solo. I firmatari sono oltre 150, e comprendono scrittori come J.K. Rowling, Martin Amis e Margaret Atwood. «Le nostre istituzioni culturali sono sotto processo», scrivono. «Le grandi proteste contro il razzismo e per la giustizia sociale stanno portando avanti sacrosante richieste di riforma della polizia, insieme a più ampie rivendicazioni per maggiori equità e inclusività nella nostra società, compresa l’università, il giornalismo, la filantropia e le arti», ma «lo scambio libero di informazioni e idee, la linfa vitale di una società liberale, viene soffocato ogni giorno di più».

Cancel Culture Isn’t a Culture, It’s a Religion – Jezebel
Perché in molti si sono opposti alla lettera? A questa domanda risponde Jezebel, nominando J.K. Rowling, autrice di Harry Potter, tornata più volte sulle pagine della cronaca internazionale in queste settimane per le proprie posizioni transfobiche. E questo, il fatto che ci sia lei tra i firmatari, secondo la testata, sarebbe uno dei segnali che la lettera «espone un “piano d’azione” vago, deresponsabilizzante, inconcludente, solo osservare il comportamento pubblico di molti dei firmatari suggerisce quali siano le vere esigenze dello scritto». Non è infatti un caso che a firmare la lettera ci siano, in larga parte, accademici, giornalisti, e in generale autori che non hanno nessuna difficoltà a trovare spazi e casse di risonanza in cui esprimere le proprie opinioni. È qui il paradosso dell’idea stessa che esista una “cancel culture”, spiega Jezebel: sono timori espressi da chi si trova già in una posizione dominante, ma che ribalta la realtà dipingendosi come voce dissidente, inventando di fatto un nemico immaginario.

Column: ‘Cancel culture’ is not the problem. The Harper’s letter isLos Angeles Times
«Sono abbastanza grande da disdegnare la cancel culture, che in America è fortissima, anche se non per i motivi indicati dalla lettera. Il mio disprezzo viene dalla convinzione che non esiste, almeno non come qualcosa di nuovo, qualcosa di più di un altro termine usato come una critica delle nuove generazioni per mettere in evidenza comportamenti razzisti, sessisti, omofobi, transfobici ad opera di persone che hanno potere divulgativo». Ed è questo, secondo Mary McNamara, il problema della lettera, «le persone a cui è indirizzata, hanno poco o nessun potere istituzionale. A differenza di quanti l’hanno scritta. Che a quanto pare non si accorgono di essere, invece, privilegiati».

La Gabbia al potere | Bello il dibattito sulla cancel culture, ma in Italia è solo l’ultimo rifugio dei prepotentiLinkiesta.it
«In Italia è possibile dire in televisione e scrivere anche sui giornali più blasonati, senza che nessuno se ne scandalizzi e spesso neanche se ne accorga, cose che negli Stati Uniti sarebbero causa di licenziamento. Una tendenza che peraltro, in America, ha fatto anche molte vittime innocenti, e che rappresenta, se portata all’estremo, una minaccia alle basi stesse di una società aperta e pluralista». È quanto ha scritto Francesco Cundari su Linkiesta, spiegando come in Italia, la cancel culture sia solo l’ultimo rifugio dei prepotenti, di chi spera di passare dalla parte della vittima per difendere le proprie parole e azioni contro un nemico che non esiste.

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