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00:18 sabato 25 ottobre 2025
Da quando è uscito “The Fate of Ophelia” di Taylor Swift sono aumentate moltissimo le visite al museo dove si trova il quadro che ha ispirato la canzone Si tratta del Museum Wiesbaden, si trova nell’omonima città tedesca ed è diventato meta di pellegrinaggio per la comunità swiftie.
Yorgos Lanthimos ha detto che dopo Bugonia si prenderà una lunga pausa perché ultimamente ha lavorato troppo ed è stanco Dopo tre film in tre anni ha capito che è il momento di riposare. Era già successo dopo La favorita, film a cui seguirono 5 anni di pausa.
Al caso del furto al Louvre adesso si è aggiunto uno stranissimo personaggio che forse è un detective, forse un passante, forse non esiste È stato fotografato davanti al museo dopo il colpo, vestito elegantissimamente, così tanto che molti pensano sia uno scherzo o un'immagine AI.
L’azienda che ha prodotto il montacarichi usato nel colpo al Louvre sta usando il furto per farsi pubblicità «È stata un'opportunità per noi di utilizzare il museo più famoso e più visitato al mondo per attirare un po' di attenzione sulla nostra azienda», ha detto l'amministratore delegato.
I dinosauri stavano benissimo fino all'arrivo dell'asteroide, dice uno studio Una formazione rocciosa in Nuovo Messico proverebbe che i dinosauri non erano già sulla via dell’estinzione come ipotizzato in precedenza.
Nelle recensioni di Pitchfork verrà aggiunto il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.
Trump ci tiene così tanto a costruire un’enorme sala da ballo alla Casa Bianca che per farlo ha abbattuto tutta l’ala est, speso 300 milioni e forse violato anche la legge Una sala da ballo che sarà grande 8.361 e, secondo Trump, assolverà a un funzione assolutamente essenziale per la Casa Bianca.
L’episodio di una serie con la più alta valutazione di sempre su Imdb non è più “Ozymandias” di Breaking Bad ma uno stream di Fortnite fatto da IShowSpeed Sulla piattaforma adesso ci sono solo due episodi da 10/10: "Ozymandias" e “Early Stream!”, che però è primo in classifica perché ha ricevuto più voti.

Perché in America si discute (ancora) di “cancel culture”

La lettera pubblicata su Harper’s Magazine e firmata da alcuni grandi intellettuali ha riacceso il dibattito sui risvolti più controversi dell’attivismo online. Alcuni articoli per capirne di più.

di Studio
11 Luglio 2020

Lo scorso 7 luglio, la rivista letteraria Harper’s ha pubblicato una lettera intitolata “A Letter on Justice and Open Debate”, che apparirà nella versione cartacea del magazine che uscirà a ottobre. Firmata da centocinquanta tra intellettuali, scrittori e giornalisti di alto profilo – per citarne alcuni, ci sono Noam Chomsky, Margaret Atwood, Gloria Steinem, Meera Nanda, Salman Rushdie e anche J. K. Rowling –, la lettera vuole essere un invito a ripensare le modalità della discussione pubblica intorno ai grandi temi del contemporaneo, a partire dalla constatazione che «il libero scambio di informazioni e idee, linfa vitale di una società liberale, sta diventando sempre più limitato». Il riferimento è a quella che viene definita “cancel culture”, che in italiano si potrebbe tradurre grossolanamente in “dittatura del politicamente corretto”, termine con cui si indica il boicottaggio social di personaggi pubblici che si sono espressi in maniera controversa su temi sensibili come il razzismo e i diritti delle comunità emarginate. A partire dal #MeToo, sono stati tanti i personaggi “cancellati” – e cioè accusati di essere razzisti, sessisti, omofobi e transfobici e perciò esposti alla gogna social –, spesso con una brutalità tale da ricordare quella di certe posizioni contestate. La “cancellazione” è un meccanismo che è nato sui social e sui social vive ed è molto complesso da analizzare: abbiamo raccolto qui alcune delle opinioni più interessanti sul tema, tra chi ritiene che questi atteggiamenti impoveriscano la dialettica del dibattito e chi invece rileva un vizio di forma in preoccupazioni di questo tipo (quello di non prendere sul serio le rivendicazioni dei movimenti).

A Letter on Justice and Open Debate – Harper’s Magazine
Pubblicata da molti famosi scrittori, giornalisti, accademici e attivisti sulla rivista Harper’s per criticare la cosiddetta “cancel culture”, la lettera che si trova a questo link sta causando un grande dibattito negli Stati Uniti e non solo. I firmatari sono oltre 150, e comprendono scrittori come J.K. Rowling, Martin Amis e Margaret Atwood. «Le nostre istituzioni culturali sono sotto processo», scrivono. «Le grandi proteste contro il razzismo e per la giustizia sociale stanno portando avanti sacrosante richieste di riforma della polizia, insieme a più ampie rivendicazioni per maggiori equità e inclusività nella nostra società, compresa l’università, il giornalismo, la filantropia e le arti», ma «lo scambio libero di informazioni e idee, la linfa vitale di una società liberale, viene soffocato ogni giorno di più».

Cancel Culture Isn’t a Culture, It’s a Religion – Jezebel
Perché in molti si sono opposti alla lettera? A questa domanda risponde Jezebel, nominando J.K. Rowling, autrice di Harry Potter, tornata più volte sulle pagine della cronaca internazionale in queste settimane per le proprie posizioni transfobiche. E questo, il fatto che ci sia lei tra i firmatari, secondo la testata, sarebbe uno dei segnali che la lettera «espone un “piano d’azione” vago, deresponsabilizzante, inconcludente, solo osservare il comportamento pubblico di molti dei firmatari suggerisce quali siano le vere esigenze dello scritto». Non è infatti un caso che a firmare la lettera ci siano, in larga parte, accademici, giornalisti, e in generale autori che non hanno nessuna difficoltà a trovare spazi e casse di risonanza in cui esprimere le proprie opinioni. È qui il paradosso dell’idea stessa che esista una “cancel culture”, spiega Jezebel: sono timori espressi da chi si trova già in una posizione dominante, ma che ribalta la realtà dipingendosi come voce dissidente, inventando di fatto un nemico immaginario.

Column: ‘Cancel culture’ is not the problem. The Harper’s letter isLos Angeles Times
«Sono abbastanza grande da disdegnare la cancel culture, che in America è fortissima, anche se non per i motivi indicati dalla lettera. Il mio disprezzo viene dalla convinzione che non esiste, almeno non come qualcosa di nuovo, qualcosa di più di un altro termine usato come una critica delle nuove generazioni per mettere in evidenza comportamenti razzisti, sessisti, omofobi, transfobici ad opera di persone che hanno potere divulgativo». Ed è questo, secondo Mary McNamara, il problema della lettera, «le persone a cui è indirizzata, hanno poco o nessun potere istituzionale. A differenza di quanti l’hanno scritta. Che a quanto pare non si accorgono di essere, invece, privilegiati».

La Gabbia al potere | Bello il dibattito sulla cancel culture, ma in Italia è solo l’ultimo rifugio dei prepotentiLinkiesta.it
«In Italia è possibile dire in televisione e scrivere anche sui giornali più blasonati, senza che nessuno se ne scandalizzi e spesso neanche se ne accorga, cose che negli Stati Uniti sarebbero causa di licenziamento. Una tendenza che peraltro, in America, ha fatto anche molte vittime innocenti, e che rappresenta, se portata all’estremo, una minaccia alle basi stesse di una società aperta e pluralista». È quanto ha scritto Francesco Cundari su Linkiesta, spiegando come in Italia, la cancel culture sia solo l’ultimo rifugio dei prepotenti, di chi spera di passare dalla parte della vittima per difendere le proprie parole e azioni contro un nemico che non esiste.

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