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16:16 giovedì 20 novembre 2025
Per evitare altre rapine, verrà costruita una stazione di polizia direttamente dentro il Louvre E non solo: nei prossimi mesi arriveranno più fondi, più telecamere, più monitor, più barriere e più addetti alla sicurezza.
L’unico a volere il water d’oro di Cattelan andato all’asta è stato un parco di divertimenti Lo ha comprato per dodici milioni di dollari: è stata l'unica offerta per un'opera che ne vale dieci solo di materiale.
Angoulême, uno dei più prestigiosi festival di fumetti al mondo, quest’anno potrebbe saltare a causa di scandali, boicottaggi e tagli ai finanziamenti L'organizzazione è accusata di aver provato a insabbiare un'indagine su uno stupro e centinaia di artisti hanno deciso di non partecipare in protesta. L'edizione 2026 è a rischio.
Il guasto di Cloudflare è stato così grave che ha causato anche il guasto di Downdetector, il sito che si occupa di monitorare i guasti su internet Oltre a X, ChatGPT, Spotify e tanti altri, nel down di Cloudflare è andato di mezzo anche il sito a cui si accede quando tutti gli altri sono inaccessibili.
Il nuovo film di Sydney Sweeney sta andando così male che il distributore si rifiuta di rivelarne gli incassi Christy sembra destinato a diventare il peggior flop dell'anno, il quarto consecutivo nel 2025 dell'attrice.
Diversi grandi hotel sono stati accusati di fare offerte ingannevoli e fuorvianti su Booking L’authority inglese che si occupa di pubblicità ha scoperto che quelle convenientissime offerte non sono mai davvero così convenienti.
Gli scienziati hanno scoperto che il primo bacio sulla bocca è stato dato 21 milioni di anni fa E quindi non se l'è inventato l'homo sapiens ma un ominide, un antenato comune di uomini, scimpanzé, gorilla e orango, animali che infatti si baciano.
Non si capisce bene perché ma Nicki Minaj è andata alle Nazioni Unite a parlare dei cristiani perseguitati in Nigeria Sembra che a volerla lì sia stato Trump in persona, dopo che in più occasioni Minaj gli ha espresso pubblico supporto sui social.

Camurri, lo manda RaiTre

20 Maggio 2011

Questa intervista nasce da un sms di un amico comune (si dice il peccato ma non il peccatore): “Accendi la tv, non immagini chi conduce Mi Manda Rai Tre.” E in effetti, acceso il televisore, la sorpresa non è stata poca: il nuovo volto dello storico programma di giornalismo di servizio siglato Rai altri non è che Edoardo Camurri, firma delle pagine culturali de Il Foglio, e già de Il Sole24Ore. Laureato in filosofia con Vattimo e una tesi sul dibattito tra Leo Strauss e Alexandre Kojève, non è esattamente il giornalista-tipo che uno si immagina di vedere in un programma rivolto al vasto pubblico. Lo avevo conosciuto quando scriveva di filosofia (e di patafisica) per il Riformista e intervistato per il Christian Science Monitor sull’annosa questione del diametro dei cetrioli. Noto tra i colleghi per la cultura raffinata e un sense of humour quasi elitista, era l’ultima persona che mi sarei immaginata di vedere sul palco nazional-popolare che fu di Lubrano. E invece Camurri su quel palco si sente a casa, dice di avere trovato la sua vera vocazione. Senza contare che già alla seconda puntata il suo duello con Scilipoti è diventato un tormentone mediatico (La Zanzara ringrazia).

http://www.youtube.com/watch?v=MEfb23wWnAE&feature=player_embedded

Bel battesimo del fuoco. E pensare che tu hai cominciato la carriera di giornalista con un pezzo sul sinologo Simon Leys
Già, doveva essere il 2001, o forse il 2002. Il Foglio aveva pubblicato uno speciale sulla Cina e le atrocità delle rivoluzione culturale e io scrissi loro una lettere: “Vi siete dimenticati di Simon Leys.” Mi risposero di contattarli e così scrissi il mio primo articolo.

Da Simon Leys a Scilipoti, come ci si sente a passare dal giornalismo culturale di élite a un programma rivolto al pubblico ampio come Mi Manda Rai Tre?
Punto primo: io cerco di divertirmi, mantenendo la massima professionalità, qualsiasi cosa io faccia. Detto questo, credo che in Italia ci sia una forma di snobismo sbagliata, che imporre categorie come “giornalismo di élite” e “giornalismo per le masse” sia un grave errore. Per me lavorare a Mi Manda Rai Tre è un’esperienza meravigliosa, ogni pezzo è un romanzo popolare in potenza, un feuilleton che racconta l’Italia, nazional-popolare nel senso buono. Poi, mentre in TV si vedono sempre i soliti vip, sporcarsi le mani con gli italiani è sempre una buona cosa. Nel mio piccolo, è quello che ho cercato di fare con il mio libro, L’Italia dei Miei Stivali.

Come ti hanno scelto?
Mi hanno chiamato dicendomi che cercavano un conduttore, ho superato i colloqui e con un gruppo di altri ho affrontato i provini. Che consistevano nel condurre due puntate “finte”: il primo caso era quello di una donna che voleva prendersi cura di un amico colpito da ictus, ma il fratello di lui si opponeva; il secondo riguardava un presunto re del Portogallo che truffava la gente promettendo titoli nobiliari.

A questo punto mi tocca chiedertelo: come si fa a fare un programma rivolto alle masse senza cadere nel sensazionalismo?
Semplice, si fa tutto con grande cura e attenzione, qui da noi il sensazionalismo non ci interessa. La televisione di servizio è un’altra cosa, una realtà che purtroppo sta scomparendo, quindi provo un grande rispetto a chi sta cercando di salvaguardare e valorizzare questa vocazione.

Edoardo, chi ti conosce sa che tu sei il classico torinese fin troppo posato e cortese. Ritrovarti a dovere tenere a bada in diretta personaggi come Scilipoti non ti costringe un po’ a violentare il tuo carattere?
Niente affatto, anzi io cerco di mantenerlo ben saldo il mio carattere, di non fingere mai. Il caso richiedeva di essere fermi ed educati allo stesso tempo. Un ospite viene in studio per rispondere a delle domande, e se quello si mette a fare un monologo il mio compito è fare di tutto per ottenere una risposta. E se non riesco ad ottenere una risposta, deve essere eloquente che è perché l’ospite non ha voluto fornirla.

Qual è il programma che sogneresti di condurre?
Fare un documentario in prima persona, come si faceva una volta, alla Mario Soldati. Un po’ questo sogno l’ho già realizzato, con il documentario L’Italia dei Miei Stivali (il titolo è uguale al libro, ma la connessione finisce qui, Ndr), un safari tra gli italiani accorsi a San Remo per il Festival, andato in onda su Sky Cielo.

Lo slogan di questa rivista è “il lettore medio non esiste.” Vale anche per la televisione?
Diffidare sempre di categorie di natura pseudo-sociologica. Sono scorciatoie del pensiero.

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