Attualità

“Blurred Lines” e il futuro del copyright

Cosa fanno Robin Thicke, Pharrell Williams e la famiglia di Marvin Gaye in tribunale? Si danno battaglia per un'accusa di plagio e potrebbero finire per riscrivere la definizione di diritto d'autore.

di Pietro Minto

“Blurred Lines” è la nota canzone di Robin Thicke realizzata in collaborazione con T.I. e Pharrell. La conosciamo tutti, è quella che ha dato a Thicke – altrimenti noto per andare in bici per New York campionando Beethoven – fama globale, causando il suo divorzio dalla moglie Paula Patton, a cui è seguito il ridicolo album per riconquistarla (uno flop notevole) e l’imbarazzante, ammissione finale: lui “Blurred Lines” non l’aveva nemmeno scritta, «Pharrell ha fatto il beat e scritto la maggior parte del brano». Thicke però voleva sentirsi parte di questa grande hit mondiale. Così ha mentito. Poi, trovandosi in tribunale con l’accusa di plagio, ha ritrattato. Un vero gentiluomo.

Ma non è la moralità dell’artista a interessarci in questo caso. Il nostro punto è un altro: Thicke si trovava in tribunale perché il suo ultimo successo assomiglia parecchio a “Got To Give It Up”, pezzo di Marvin Gaye del 1977, e secondo alcuni osservatori il verdetto finale sulla disputa potrebbe riscrivere per sempre il concetto di diritto d’autore. Prima di procedere oltre, mettiamo in chiaro una cosa: è vero, i due brani si assomigliano. Molto, ok. E forse  gli autori di “Blurred Lines” sono stati influenzati – ispirati – da Gaye, ma ciò non è direttamente dimostrabile visto che il brano del 2013 suona come un omaggio a un intero genere, a certa musica degli anni Settanta, non tanto a una canzone in particolare. Ispirarsi a un decennio musicale o a una certa scena non costituisce reato né plagio: è anzi alla base del ricilo continuo di idee su cui si basa l’arte.

Le due canzoni si assomigliano, quindi, come questo video dimostra, ma ad avvicinarle sono elementi non coperti da copyright per la giurisdizione statunitense. Cose come l’hook “hey hey hey”, il rumore di fondo festaiolo e altri suoni spontanei (o quasi) che non riguardano direttamente lo spartito, l’anima musicale dei due brani. “Got To Give It Up” è stata pubblicata nel 1977, un anno prima dell’ultima grande legge sul copyright, quindi la giuria è costretta a basarsi sulla legge precedente (risalente al 1909) per determinare quali elementi siano coperti da copyright. Come ha scritto l’attivista Parker Higgings sul sito Ratter, non si tratta della solita causa per plagio (tipo quella Al Bano VS Michael Jackson) ma di una battaglia per il futuro del diritto d’autore nella quale la definizione di copyright può essere riscritta parzialmente – e non allentandone le maglie come sarebbe auspicabile fare, ma stringendole ancora un po’, rendendo l’ispirazione e l’omaggio azioni pericolose. Penali.

Il caso ha già regalato un notevole scambio d’accuse da distanza tra le due parti: Howard King and Seth Miller, i legali di Pharrell Williams e Robin Thicke, hanno definito «disperate» le mosse della famiglia Gaye (l’artista è morto nel 1984), i cui legali hanno dichiarato che il verdetto finale potrà avere «conseguenze devastanti» per lo stato del diritto d’autore. Lo scontro tra le due parti ha radici un po’ più profonde: la battaglia legale era stata iniziata dagli stessi autori di “Blurred Lines”, che nel 2013 avevano querelato i Gaye per difendere l’onore del loro brano. I due non hanno vinto ma hanno finito per offrire alla controparte la possibilità di rispondere con una controdenuncia, da cui il nuovo caso.

Ed è proprio nel punto d’intersezione tra le due denunce che giace il bandolo di questa noiosa matassa da nerd del copyright: o meglio, giace nella sentenza che ha attestato una sospetta somiglianza della recente hit al pezzo del 1977, sottolineando però che “Blurred Lines” somiglia a molte altre canzoni di quel genere, non tanto a un singolo brano. E a chi appartiene un genere musicale? Chi ne detiene i diritti? Dall’altra parte la famiglia e i legali dei Gaye hanno protestato spiegando che una sentenza contro di loro potrebbe «permettere agli trasgressori di rubare porzioni di classici da brani di Marvin Gaye, i Beatles, i Rolling Stones, Elvis Presley e altri artisti iconici i cui lavori sono stati creati prima del 1978». Ovvero, prima della nuova legge sull’argomento, che protegge elementi musicali che non fanno parte dello spartito originale delle canzoni (un esempio di elemento non totalmente coperto da copyright? Il contro alla rovescia di Paul McCartney all’inizio di “I Saw Her Standing There”).

«Se il diritto d’autore fosse esteso oltre la melodia per coprire davvero gli elementi che danno una certa atmosfera a una canzone,  nessun periodo storico o città o movimento potrebbe avere un certo suono».

Per questo motivo i giudici che si stanno occupando del caso, racconta sempre Ratter, non stanno nemmeno ascoltando le due versioni originali del brano, bensì due versioni risuonate e più asciutte, che dovrebbero evidenziare la radice comune del brano (le potete ascoltare qui). I due audio sono stati prodotti dalla parte di Gaye e mirano a scovare tracce di plagio anche nei momenti più “spontanei” di “Blurred Lines”: suonano simili, dicono, ci dev’essere qualcosa sotto. Ma è ovvio che non sia così. Come ha scritto Higgins, «Quando una canzone “suona” come se provenisse da un certo periodo è perché gli artisti di quel periodo stavano facendo cose molte simili – o, perché no, si copiavano a vicenda. Se il diritto d’autore fosse esteso oltre la melodia per coprire davvero gli elementi che danno una certa atmosfera a una canzone,  nessun periodo storico o città o movimento potrebbe avere un certo suono. Senza di questo ci potremmo perdere la prossima disco, la prossima Motown, la prossima sfilza di canzoni di protesta».

Tutta l’arte è da sempre una sequela spesso imbarazzante di prestiti e furti (Led Zeppelin, mi sentite?). Ed è giusto che sia così, così come è assurdo che sia una corte a decidere il destino del diritto d’autore con un verdetto. Il processo vero e proprio comincerà domani a Los Angeles. E che dio ce la mandi buona: che non si riscriva il copyright nel nome di Robin Thicke.
 

Immagine: Robin Thicke e Miley Cyrus ai MTV Video Music Awards del 2013 (Getty Images); un confronto tra gli spartiti di “Blurred Lines” e “Got To Give It Up” (United States District Court, Central District of California)