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Birkenstock sta facendo causa ai principali imitatori dei suoi famosi sandali

Dell’insospettabile eleganza delle Birkentock avevamo già scritto nel 2018 in questo lungo articolo di Silvia Schirinzi, dal numero 35 di Studio: da allora la popolarità dei sandali con la suola di sughero non ha fatto che aumentare, tanto che oggi, in certi periodi, è diventato addirittura difficile riuscire ad acquistare alcuni modelli, come le Boston o le Arizona, così richiesti da finire sold out. Come conseguenza naturale di questo successo, negli ultimi anni abbiamo assistito al proliferare delle copie e dei falsi: ora, come ha riportato anche il Guardian, Birkenstock ha deciso che è giunto il momento di fare piazza pulita.

Il caso Birkenstock è finito davanti alla corte suprema tedesca dopo che due precedenti sentenze avevano raggiunto conclusioni opposte sulla possibilità di utilizzare il termine “arte applicata” in riferimento alle calzature, con la corte regionale superiore di Colonia che non era riuscita a identificare alcun risultato artistico. E così, giovedì 9 gennaio, il produttore di calzature ha intentato tre cause legali contro concorrenti e imitatori (tra cui Tchibo) accusati di aver venduto sandali molto simili ai modelli Birkenstock, violando la legge sul copyright che conferisce ai creatori del sandalo diritti esclusivi di utilizzo. Gli avvocati del brand sostengono che le scarpe dell’azienda dovrebbero essere considerate “opere d’arte applicata”.

Anche perché come ci aveva raccontato la Chief Marketing Officer Yvonne Piu, a rendere Birkenstock un marchio dal successo universale è proprio «l’autenticità. La nostra è una storia vera, reale. Abbiamo un’eredità alla quale siamo rimasti fedeli nel tempo. E i consumatori lo riconoscono».