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È morto Jimmy Cliff, l’uomo che ha fatto scoprire il reggae al mondo Aveva 81 anni e senza di lui non sarebbe esistito il reggae per come lo conosciamo oggi. Anche Bob Marley deve a lui il suo successo.
Gli elettori di Ompundja, Namibia, sono così contenti del consigliere regionale Adolf Hitler Uunona che lo rieleggeranno Si vota il 26 novembre e il politico dallo sfortunato nome è praticamente certo di essere rieletto nel consiglio regionale dell'Oshana.
Edoardo e Angelo Zegna: la quarta generazione della famiglia Zegna diventa Co-Ceo del brand Ermenegildo Zegna, nipote del fondatore del marchio, si sofferma sull'importanza come leader del guardare avanti impegnandosi a formare la prossima generazione di leadership
Dopo la vittoria del Booker, le vendite di Nella carne di David Szalay sono aumentate del 1400 per cento  Nel gergo dell'industria letteraria si parla ormai di Booker bounce, una sorta di garanzia di successo commerciale per chi vende il premio.
Un anziano di New York ha pubblicato un annuncio in cui chiedeva di venire a fumare una sigaretta al parco con lui e si sono presentati in 1500 Lo smoke party improvvisato è stato lanciato dall’attore Bob Terry, che aveva anche promesso di offrire una sigaretta a chiunque si fosse presentato.
Sul canale YouTube di Friends sono stati pubblicati otto episodi mai visti prima dello spin off dedicato a Joey A vent’anni dalla cancellazione, la sitcom è stata pubblicata tutta quanta su YouTube, compresi gli episodi mai andati in onda.
È morto Udo Kier, uno dei volti più affascinanti e inquietanti del cinema europeo Attore di culto del cinema horror, Kier ha lavorato con tutti i grandi maestri europei, da Fassbinder a Von Trier, da Herzog ad Argento.
Negli Usa il Parmigiano Reggiano è così popolare che un’agenzia di Hollywood lo ha messo sotto contratto come fosse una celebrity La United Talent Agency si occuperà di trovare al Parmigiano Reggiano opportunità lavorative in film e serie tv.

La missione di Bannon per affossare la democrazia europea, spiegata dal Guardian

06 Giugno 2018

Steve Bannon era a Roma una decina di giorni fa. Prima era stato a Praga, a Budapest e in Francia. Bannon, già uno dei leader della campagna elettorale di Trump e poi consigliere del presidente dopo la sua elezione, aveva perso il posto alla Casa Bianca lo scorso agosto, pare dopo avere litigato con Trump, ed era tornato a Breitbart, il sito di estrema destra che aveva contributo a fondare più di dieci anni fa. Intanto continua a farsi vedere in Europa, dove partecipa a eventi dei partiti e dei governi populisti e continua ad invocare la rivoluzione populista nel vecchio continente. Qual è il suo piano? Ha provato a spiegarlo Natalie Nougayrède, la giornalista francese esperta di affari internazionali, in un’interessante analisi pubblicata dal Guardian. Già il titolo rende l’idea: “Steve Bannon is on a far-right mission to radicalise Europe”.

C’è chi dice che le varie apparizioni in Europa sono solo una questione di ego, un modo per sentirsi importante all’estero dopo avere perso punti in patria, o forse una strategia per rientrare nelle grazie dei Trump (l’ex consigliere, o così almeno si racconta, mandò The Donald su tutte le furie per essere stata una delle fonti di Fire and Fury, il libro pieno di gossip sulla Casa Bianca, inoltre era già visto malvolentieri perché non andava d’accordo con la figlia e il genero di Trump). Nougayrède però non la vede così: «Non riesco a credere alla versione, semi-rassicurante, secondo cui Bannon avrebbe messo gli occhi sull’Europa soltanto per compensare il fatto che Trump l’abbia allontanato».

Qual è allora il piano? È, come lo definisce Nougayrède, «una battaglia culturale in stile gramsciano». I viaggi di Bannon nel continente sono «parte di una guerra ideologica tra i nazionalisti e i globalisti, uno scontro che Bannon sta tentando di esacerbare e inquadrare». Quello a cui punta l’ex consigliere di Trump è «la ridefinizione dell’Occidente come un’entità nazionalista e cristiana sul piede di guerra contro i barbari». Lo strumento per ottenerlo, appunto, è la battaglia culturale, una guerriglia che si combatte a forza di slogan e di ideologie. Parlando ai sostenitori di Marine Le Pen in Francia, lui stesso l’ha messa giù così: «Lasciate che vi chiamino razzisti, xenofobi, nativisti, omofobi e misogini: anzi, andatene fieri!»

Poi, c’è la ridefinizione dell’Unione europea. E qui la cosa si fa (relativamente) complessa, perché Bannon è sì un’anti-europeista ma è anche un occidentalista. «Non parla mai apertamente della distruzione del progetto europeo. Piuttosto, vuole che esso cambi,  attraverso lo smantellamento della moneta unica e la sconfitta dei valori liberali e universalisti, e che si trasformi in una “confederazione di Stati liberi e indipendenti”». Con il vecchio continente, del resto, ha un rapporto stretto anche perché l’ondata populista è iniziata qui prima che negli Usa. Quello che ha in mente è «un nuovo mondo che inizia dall’Europa».

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