Attualità

Anticampioni d’Italia

Il Bassignana, squadra di Terza Categoria dell'alessandrino, è la squadra più battuta del nostro paese: in 7 match ha subìto 54 goal, non ha più un portiere, talvolta schiera il suo presidente. Un'esegesi del calcio perdente.

di Fulvio Paglialunga

«Pronto? Siete la squadre peggiore d’Italia?». «Sì, ma non è colpa nostra». In pratica va così, anche se sembra surreale come tutto il resto della storia. Che comincia dal punto più basso, inatteso, involontario, ma goffamente guadagnato. Sprizza simpatia suo malgrado il Bassignana, che fa calcio a pochi passi da Alessandria, al confine del Piemonte e anche del pallone italiano, visto che più giù della Terza Categoria non c’è altro. E per fortuna, anche se di fortuna non si può parlare, quando l’argomento è una squadra che ne ha già passate tante da aver pagato dazio alla sorte per le prossime cinque stagioni almeno, forse. Però ora è così: sette partite, sette sconfitte, cinquantaquattro gol subiti, quattro segnati. Un diluvio di palloni a ogni gara, l’involontaria notorietà vissuta con un sorriso tirato perché magari se ne sarebbe fatto a meno.

Però è successo, e conviene far pace col ruolo ingrato di collezionisti di sconfitte e goleade, almeno fino a quando sarà impossibile pensare il contrario. Ché già era difficile immaginare tutto questo: «Non erano le premesse, certo: durante il precampionato eravamo all’altezza di formazioni di Seconda Categoria. Ma troppe cose sono andate storte». A raccontare tutto quello che è andato storto è un ragazzo di 24 anni, che nella vita fornisce con la sua ditta caffé a bar e ristoranti, nel tempo libero canta nei piano bar e sta cercando di fare il presidente di una società che ha contribuito a fondare: Davide Arata crede molto nelle buone sue intenzioni e maledice la sorte e la burocrazia. «Sembra tutto incredibile: i due portieri si sono fatti male contemporaneamente, uno fratturandosi il polso, l’altro il braccio; abbiamo avuto anche altri infortuni, ma soprattutto abbiamo sette sudamericani in squadra che la Figc ancora non ci fa tesserare. Pensavamo di arrivare tra i primi, invece più ultimi di noi non si può».

«Sembra tutto incredibile.Pensavamo di arrivare tra i primi, invece più ultimi di noi non si può».

Se tutto salta così in fretta, il percorso si complica. Si diventa storia da raccontare ma non esempio da prendere, nemmeno se in Terza Categoria è calcio ultradilettantistico. Anche quello, per esempio, ha bisogno di portieri e il Bassignana non ne ha più: così è riuscito a prendere anche undici gol in una partita (conto il Tassarolo) e sette nell’ultimo turno (con il Tiger Novi, ma almeno segnando una volta su rigore). Ma se i due si sono fatti male e altri non ce ne sono serve arrangiarsi: si era prestato Yuri D’Onofrio, che in realtà è un difensore e ora si è pure stufato: «Perché poi il rischio è questo: i giocatori si stanno demotivando, la fama al contrario non è niente di piacevole. Dunque alcuni mollano, si stancano di fare brutta figura. E allora alcune volte per correre ai ripari sbagli due volte: alcuni giocatori li abbiamo tesserati in fretta per arrivare a undici e ci siamo accorti che non avevano mai giocato a pallone quando la partita era già iniziata». Ora che D’Onofrio è andato via l’accordo è che in porta si vada a turno più o meno tutti, come quando gli adolescenti si organizzano per una partita in strada e non si trova nessuno con la vocazione al sacrificio. Anche se in questo caso la vocazione al sacrificio è collettiva, perché la sconfitta è in agguato e bisogna almeno non perdere il conto dei gol subiti, provare a ridurre il divario e cercare una normalità complessa, ora ancora troppo lontana: «Ma io – dice Arata – spero di vedere una vittoria prima della pausa invernale».

Va più cauto Dino Lopane: «Diciamo che presto inizieremo a perdere con un po’ di signorilità, poi mi aspetto qualche pareggio, infine le vittorie. Magari dal girone di ritorno in poi, quindi dopo altre cinque partite almeno di sofferenza». Lopane è l’allenatore. Che come il portiere che non è portiere, non è allenatore: è il compagno della mamma del presidente, ha 29 anni e fa il meccanico. Canta anche lui, nel tempo libero: per lo più rock, però. E adesso allena: «Non c’erano allenatori disposti a cominciare, ho dovuto farlo io. Ora mi sono iscritto al corso, presto prenderò il patentino. Intanto c’è un altro allenatore che mi affianca, che è all’allenamento del giovedì sera: io non posso, facendo quattordici ore al giorno in officina e vivendo a Genova». Genova è comunque la molla d’amore per il pallone, per un ex ragazzo della Fossa che adesso sta dall’altra parte della barricata. In campo, a guidare una squadra che perde drammaticamente, ogni tanto si scoraggia ma non ha nessuna intenzione di mollare: «Che facciamo? Ci ritiriamo? – dice Lopane -. Noi davvero non siamo questi: appena la Figc darà l’ok per i tesseramenti dei sudamericani vedrete un’altra squadra. Però c’è da ricostruire l’umore, perché non doveva andare così. Ora viviamo tutto con umiliazione, ma se siamo bravi la facciamo diventare una molla, per evitare che ci ridano dietro».

«Alcune volte per correre ai ripari sbagli due volte: alcuni giocatori li abbiamo tesserati in fretta per arrivare a undici e ci siamo accorti che non avevano mai giocato a pallone quando la partita era già iniziata».

Di brutto non ci sono le sconfitte. O almeno non esclusivamente. E nemmeno le proporzioni (per quanto sia inquietante metterle in fila: 3-0, 9-0, 8-0, 11-0, 5-1, 11-2, 7-1). Di brutto c’è che il Bassignana è solo: non ha un campo, perché ostacoli mai compresi posti da chi ha amministrato fino a poco tempo fa hanno costretto all’esilio a Spinetta Marengo, perché ai bassignanesi (che sono 1.800 scarsi) è stato chiesto di candidarsi per giocare e ha risposto solo un ragazzo («Che però dopo due allenamenti è andato in Seconda Categoria, retribuito», racconta Lopane), non va quasi nessuno a vedere le partite e a volte nemmeno i giocatori. Nell’ultima partita erano in 13 soltanto, qualche volta ha dovuto mettere i pantaloncini il presidente: «E ho smesso di giocare a 14 anni – dice Arata, immaginate la forma. Ma serviva un centrocampista di emergenza e piuttosto che prendere una multa…».

Niente, però, che intenerisca gli avversari. Che persino giustamente non rallentano, quando sentono la goleada: «Sarebbe peggio, se si fermassero – sostiene Arata, verrebbe persino meno il riconoscimento dell’avversario, per quanto in difficoltà come nel caso nostro. Poi credo ci sia una sfida tra loro, per vedere chi ci fa più gol. Prima o poi, però, finisce questo tiro al bersaglio». Saltati i programmi, vanno rivisti gli obiettivi: «La gestione precedente alla nostra è arrivata fino alla Prima Categoria, e anche noi arriveremo almeno lì. Ma loro partirono con un penultimo posto e con nove punti soltanto nel primo campionato. Noi, di questo sono sicuro, faremo meglio almeno su questo piano. Perché non siamo i peggiori d’Italia per scelta nostra, e fra un mese spero di poterlo dimostrare». Si comincia da domenica, giorno in cui il Bassignana, a cui vanno riconosciuti coraggio e tenacia, riuscirà a non perdere. C’è il suo turno di riposo.