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Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.
Per la prima volta è stata pubblicata la colonna sonora di Una mamma per amica In occasione del 25esimo anniversario della serie, su tutte le piattaforme è arrivata una playlist contenente i migliori 18 brani della serie.
Jeff Bezos ha appena lanciato Project Prometheus, la sua startup AI che vale già 6 miliardi di dollari Si occuperà di costruire una AI capace poi di costruire a sua volta, tutta da sola, computer, automobili e veicoli spaziali.
Le gemelle Kessler avevano detto di voler morire insieme ed è esattamente quello che hanno fatto Alice ed Ellen Kessler avevano 89 anni, sono state ritrovate nella loro casa di Grünwald, nei pressi di Monaco di Baviera. La polizia ha aperto un'indagine per accertare le circostanze della morte.
Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.

Viva l’Alta velocità

Perché la storia dei treni veloci è anche la storia degli italiani: dai picchetti degli anni Novanta al Milano-Francoforte che ci avvicinerà all'Europa.

15 Aprile 2018

«Tu cominci sempre qualcosa/e mi lasci sospesa e non parli di te», sono naturalmente le parole di Gianna Nannini, “Ragazzo dell’Europa”, ma sarebbe un bellissimo flusso di coscienza o inno dell’Alta velocità, almeno in Italia. Che bella. Erano gli anni Ottanta, Nannini non pensava probabilmente di diventare una primipara attempata, noi eravamo piccoli, ma sui libri di scuola già si studiavano i Tgv, i trains grande vitesse che i francesi avevano inventato (e comunicato) per primi, treni che dovevano trasportare soprattutto l’idea del centralismo innovativo francese. François Mitterrand aveva assoldato Jacques Séguéla come ideologo soft, e Philippe Starck come designer di Stato. E nella Francia che viaggiava verso il bicentenario della rivoluzione, anche i treni a grande velocità avevano la loro parte nel ricordare l’unità di un grande Paese moderno.

Invece nel resto d’Europa e soprattutto in Italia l’Alta velocità che sarebbe venuta dopo soprattutto si vergognava, e nel Paese demente degli anni Novanta si cavalcava non verso le infrastrutture ma invece incontro alla devolution e le leghe e i localismi psycho. Contro i treni veloci soprattutto si manifestava e si picchettava preferendo i mille aeroporti sartoriali in un territorio non proprio sterminato.

Poi per qualche strano caso l’Alta velocità era diventata solo AV, non suscitava più proteste, insieme alle sue amiche con nome più glamour, le Frecce. Scrittori anche impegnatissimi “contro” venivano avvistati in salottini executive. Le Frecce cambiavano il Paese forse solo come con l’autostrada del Sole. Da Milano a Roma in meno di tre ore, quattro Roma-Torino; adesso da Milano a Francoforte, per la prima volta, da dicembre. Cambiamenti di sociologie e urbanistiche: Torino diventava un suburbio molto chic, Milano una città stato. Roma, svuotata di quel poco che le era rimasto, un carapace poetico tra monnezza e surrealismo, deserto la sera come un fondale di film. Pronta per diventare una Berlino mediterranea degli anni Duemilaventi, se solo crollasse il mercato immobiliare.

L’Alta velocità delle Frecce, si capirà tra vent’anni, avrà cambiato gli italiani, sottoposti a una specie di Erasmus coattivo e continuo, tra Nord e Centro. Un popolo sedentario, dove ci si sposta volentieri solo per le ferie d’agosto (ma mai e per nessuna ragione per lavoro, con il fantasma continuo della “deportazione”). Intanto, tutti gli amici creativi o con lavori vagamente contemporanei emigravano a Milano; gli altri vi viaggiavano almeno una volta al mese.

Snack dolce o salato? Bratwurst o pajata? Chissà cosa succederà coi romani a Francoforte. Emigrazioni anche rapide, in giornata, già sul Roma/ Milano. Era diventata veramente metropolitana d’Italia, come da claim che pareva ingenuotto. Invece, forse la più grande unificazione dai tempi del solito Mike Bongiorno. Forse anche linguistica, speriamo non nell’inglese degli annunci di bordo. Però cambiamenti sociologici importanti; finiva il timore reverenziale romano camuffato da superiorità (“si va a letto presto”; “la cosa più bella di Milano è il treno per Roma”). Adesso dietro un milanese entusiasta c’è quasi sempre un romano pentito. Sviluppano il virus dell’efficienza, inoculano il culto del tram in orario (più rari, i milanesi che scoprono Roma, controvoglia, avevano sempre resistito, ma in questo caso il contagio è fatale, scoprono l’altana e il Pincio, è finita). Più equilibrio, in generale. Fatta l’Alta velocità, si potevano fare gli italiani.

E non ci voleva davvero molto a capire che il paese sbriciolato dei campanili aveva bisogno di una dose di centralismo, se non democratico almeno ferroviario. E magari succederà lo stesso con la vituperata Europa, alla faccia delle Brexit e catalogne e Schengen disapplicate. «Milano vicino all’Europa», cantava il Poeta, anche se tra Palermo e Francoforte manca ancora l’ultimo miglio.

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