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Il Dalai Lama sta per compiere 90 anni e Cina e Tibet già litigano per il suo successore Lui ha detto che il suo successore non nascerà sicuramente in Cina, la Cina lo ha accusato di essere «un manipolatore».
I BTS hanno fatto la reunion, annunciato un nuovo disco e anche un tour mondiale Finita la leva militare, i sette sono tornati a lavoro: in una live hanno annunciato i molti impegni per la seconda metà del 2025 e il 2026.
Il leak del trailer dell’Odissea di Christopher Nolan era ampiamente prevedibile Il piano era di proiettarlo nelle sale americane per tutto il mese di luglio, ma ovviamente qualcuno ne ha fatto un video con lo smartphone.
Le prime immagini della serie di Neuromante le ha fatte vedere William Gibson Lo scrittore ha condiviso su X una breve clip in cui si vede il leggendario bar Chatsubo di Chiba City: «Neuromancer is in production», ha annunciato.
L’Unione Europea ha stabilito che sapere quanto guadagnano i propri colleghi è un diritto Lo ha fatto con una direttiva che l’Italia deve recepire entro il 2026. L'obiettivo è una maggiore trasparenza e, soprattutto, contribuire alla diminuzione del gap salariale tra uomini e donne.
Grazie all’accordo tra Netflix e la Nasa ora si potrà fare binge watching anche dell’esplorazione spaziale Il servizio di streaming trasmetterà in diretta tutta la stagione dei lanci spaziali, comprese le passeggiate nello spazio degli astronauti.
Gli asini non sono affatto stupidi e se hanno questa reputazione è per colpa del classismo Diverse ricerche hanno ormai stabilito che sono intelligenti quanto i cavalli, la loro cattiva fama ha a che vedere con l'associazione alle classi sociali più umili.
In Turchia ci sono proteste e arresti per una vignetta su Maometto pubblicata da un giornale satirico Almeno, secondo le autorità e i manifestanti la vignetta ritrarrebbe il profeta, ma il direttore del giornale ha spiegato che non è affatto così.

Aleksandar Hemon, lo spatriato

Nel suo nuovo libro, Il mondo e tutto ciò che contiene, lo scrittore sperimenta con un linguaggio nuovo ma riprende i temi sempre centrali nella sua opera: fuga, spaesamento, sopravvivenza.

29 Novembre 2023

Come molti bravi autori e autrici Aleksandar Hemon ha scritto quasi sempre lo stesso libro. O comunque, i suoi romanzi hanno sempre girato intorno a un tema, quello del “displacement”: il dislocamento, lo sradicamento, la fuga dal Paese natio, le mescolanze culturali e i ricordi che formano un expat forzato, la sopravvivenza e il riadattamento in un luogo straniero, il ricominciare la vita dopo che la casa in cui si è cresciuti è stata abbandonata, bruciata, bombardata. In Nowhere Man (Einaudi) del 2002 Hemon raccontava di un uomo nato in Bosnia che va a vivere a Chicago, come lui. Ne Il progetto Lazarus (Einaudi) raccontava di un aspirante scrittore bosniaco che cerca di ricostruire la vita di un immigrato, sopravvissuto ai pogrom dell’Europa orientale, ucciso da un poliziotto a Chicago. Nel libro del 2020 I miei genitori/Tutto questo non ti appartiene (Crocetti) Hemon passa direttamente alla scrittura autobiografica e racconta dei suoi genitori, che, con lo scoppio della guerra, da Sarajevo sono andati in Canada, dove cercano di ricostruirsi una vita, mentre lui vede il suo Paese disgregarsi tenendo in mano un passaporto di una nazione che non esiste più, la Jugoslavia. I genitori raccontano e mostrano nel loro modo di vivere i valori con cui sono cresciuti, il dislocamento è anche valoriale oltre che alimentare, linguistico e culturale.

Nel suo nuovo romanzo, Il mondo e tutto ciò che contiene (Crocetti, traduzione di Maurizia Balmelli), Hemon fa un altro passo indietro. Sempre ossessionato da questi temi, va a cercare nella storia tutti i retroscena, i meccanismi che hanno portato a questo dislocamento che lui ha vissuto in prima persona. Prende il suo tema alla larga, ma tenendolo sempre ben presente, partendo dall’uccisione dell’Arciduca Francesco Ferdinando, quello che nei libri di scuola veniva considerata “la goccia che ha fatto traboccare il vaso”. L’arciduca viene ucciso proprio a Sarajevo, la città dove Hemon nascerà nel 1964 e che sarà costretto a lasciare. Nel caso di Hemon ambientare un libro nel primo Novecento, lontano da autofiction celate o meno, è un modo comunque per raccontare sé stessi.

Non tanto seguendo la tradizione sette e ottocentesca del romanzo storico come specchio del presente – la Milano occupata dagli spagnoli di Renzo e Lucia è la Milano occupata dagli austriaci in cui vive il Manzoni – ma più come ricerca per trovare il bandolo della matassa, per trovare il peccato originale dove tutto è iniziato, da dove sono partite le azioni che hanno portato alla sofferenza della mia famiglia e alla distruzione della mia casa. Un po’ come in Non ci resta che piangere, quando Roberto Benigni e Massimo Troisi arrivati nel passato cercano di bloccare Cristoforo Colombo, in modo che non scopra l’America, così la sorella del primo non verrà maltrattata da un americano.

Il mondo e tutto ciò che contiene parte appunto dall’inizio della prima guerra. Il giovane protagonista, Pinto, educato a Vienna, sta lavorando nella farmacia di famiglia. La guerra lo trasforma in soldato, e saranno le cure e le carezze di un commilitone a farlo sopravvivere. Vedrà la distruzione, gli orrori, i compagni col cervello spappolato da bombe e proiettili. I due soldati-amanti vengono prima uniti e poi separati dallo stesso conflitto che sta cambiando il volto delle nazioni europee e asiatiche. A Pinto viene affidata una ragazza, andranno in giro per un mondo sempre più a ferro e fuoco. Uiguri e cammelli nel deserto del Taklamakan, donne kirghise, cosacchi e iurte, scenari da Grande Gioco o da Corto Maltese. Ma non è solo negli avvenimenti storici che viviamo il displacement.

Hemon ha iniziato a scrivere in inglese solo dopo i vent’anni, quando è arrivato negli Stati Uniti. In un’intervista al New York Times alla domanda: cos’è che ti tocca, cos’è che ti commuove di più in un romanzo, aveva risposto: «Il linguaggio». In Il mondo e tutto ciò che contiene troviamo frasi in altre lingue. Troviamo frasi in tedesco, in bosniaco e frasi prese dal Talmud, parole in ladino – Pinto è ebreo sefardita e, seppure laico, ha sempre in testa i detti rabbinici. Troviamo termini in altre lingue, il cui significato, da lettori, possiamo solo immaginare o intuirne, ma che nonostante questo capiamo lo stesso. «Nel Pamir ho sparato a qualche chukar». «La gran eskuridad». «Il suo pata diventa duro». La Babele che si deve attraversare per arrivare dalla Sarajevo del 1914 alla Shanghai degli anni Trenta e Quaranta è un continuo segnale di allarme e di sconforto per l’uomo che ha perso le radici, che deve ogni giorno trovare un modo per farsi capire con una lingua nuova ogni giorno, una lingua che non è quella di suo padre. «Quando ero piccolo avrei voluto essere un albero in un giardino», confida a un certo punto Pinto al commilitone. Un albero resta fermo in un posto e non parla.

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